La galleria piacentina Biffi Arte ospita dal 21 gennaio al 19 febbraio 2017 una rassegna di fotografie di Federico Garolla curata da Maurizio Rebuzzini insieme alla figlia Isabella Garolla, attingendo a piene mani dal vasto archivio che Isabella ereditò dal padre.
La mostra si intitola “Racconto italiano”, un titolo semplice ed efficace che già di per sé basterebbe a definire la lunga carriera di un fotografo nutrito dal desiderio, anzi dalla necessità di raccontare la società, la cultura, i cambiamenti di un paese che risorgeva dalle ceneri ancora calde della guerra muovendo i primi passi verso una rinascita, fino a sbocciare negli anni del boom economico.
Federico Garolla non fu sempre un fotografo. Nato a Napoli nel 1925, esordì come giornalista per i rotocalchi della sua città natale. Solo nel 1950 si trasferì a Milano, dove lo attendeva Arrigo Benedetti e dove avrebbe scoperto la fotografia come strumento per documentare la realtà contemporanea: a questo periodo risalgono numerose collaborazioni con importanti testate italiane, come L’Europeo e Oggi, ma anche straniere, come Paris Match, National Geographic e Die Stern. Da allora, il suo rapporto con la fotografia si fa sempre più intenso e necessario è il suo bisogno di testimoniare il modo in cui la realtà, il paese stavano mutando intorno a lui: dapprima come inviato speciale per Epoca, poi come fotografo di costume per Le Ore, e infine direttore dal 1956 di Foto Italia, interfaccia fotografica dell’Agenzia Giornalistica Italia.
Erano gli anni difficili del dopoguerra, la gente era provata dalla stanchezza e dalla povertà, ma erano anche gli anni della voglia di riscattarsi, di rimettersi in piedi, di riappropriarsi dell’identità perduta: stava nascendo l’alta moda italiana e il cinema avrebbe presto inaugurato una ricca stagione di film neorealisti che avrebbero dato nuova luce alla cultura nazionale. A quel tempo Federico Garolla firmò servizi per alcune delle maggiori riviste di moda come Eva, Annabella, Donna, Bellezza, Arianna, Grazia e Amica. Ne nacquero splendidi reportage sui primi grandi stilisti italiani, su un mercato pronto a fiorire all’insegna del made-in-Italy, sulle mannequins che si raccontavano in una giornata quotidiana lontane dagli atelier e dalle passerelle e incorniciate dagli spazi pubblici talvolta sudici o abbandonati delle città, nelle strade variopinte, in mezzo alla gente comune. E ancora, foto-storie di attori del cinema,del teatro, di pittori, scrittori e musicisti che ispiravano una nuova voglia di apparire e di fare, dettando stili e tendenze intramontabili.
Parallelamente a questi scenari patinati e carichi di spensierata mondanità, Garolla amava misurarsi anche con un altro tipo di narrazione: quella dei diversi volti della comunità, delle persone ordinarie negli anni del dopoguerra,mosso da un interesse sempre acceso per le tematiche a sfondo sociale. Lui, insieme a Federico Patellani, Mario de Biasi e molti altri, avrebbe posto le basi per la nascita del fotogiornalismo italiano.
In seguito, con l’evolversi del sistema dell’informazione italiana, Federico Garolla giunse negli anni ‘70 alla decisione di abbandonare il fotoreportage per esplorare nuovi orizzonti creativi. Dal 1976 quindi intraprese un’intensa collaborazione con la RAI, concretizzatasi in una serie di documentari sul patrimonio culturale e artistico italiano, e nel 1982 fondò insieme a Mario Monti una casa editrice specializzata nella pubblicazione di guide e cataloghi sui musei. In quel periodo produsse anche una serie di reportage di ambito turistico per Mondadori, Rizzoli, Domus e De Agostini, dedicati a musei, luoghi d’interesse e itinerari enogastronomici nostrani.
Dalla fine degli anni ’90 Federico Garolla ha intrapreso insieme alla figlia Isabella una fitta attività di raccolta e e catalogazione dell’intera sua produzione fotografica, confluita in un archivio di oltre 200.000 elementi, da allora esibiti in svariate mostre e rassegne che nel loro insieme testimoniano la grande varietà di generi fotografici trattati da Federico, dal reportage, alla moda, alla cultura e al turismo, persino all’ambito culinario. Tra queste vanno ricordatela mostra Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968” a cura di Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo e Stefano Tonchi, tenutasi nel 2015 al MAXXI di Roma, la mostra Il Fotogiornalismo in Italia. Linee di tendenze e percorsi 1945 – 2005 curata da Uliano Lucas a Torino, e la grande rassegna in corso al MaCoF di Brescia “Di Moda. Fotografie 1950-2000” che vede comparire Federico Garolla a fianco di alcuni grandi nomi della fotografia contemporanea quali Ugo Mulas, Gianni Berengo Gardin, Uliano Lucas, Gian Paolo Barbieri e tanti altri.Uliano Lucas in particolare, fotografo oltre che curatore,e molto legato a Garolla da una profonda amicizia, continua tutt’oggi a mantenere viva la memoria dell’amico collaborando ad attività e iniziative a lui dedicate.
E tornando a “Racconto Italiano”: l’idea della mostra presentata quest’anno alla Sala Biffi e curata da Maurizio Rebuzzini risale circa alla primavera 2016, ma è solo a partire da quest’anno che Isabella Garolla ha scelto di condividere l’archivio con l’associazione fotografica milanese Obiettivo Camera, di cui lo stesso Rebuzzini è socio fondatore, una realtà amatoriale nata a Milano nel 2016 con lo scopo di valorizzare la storia e la cultura della fotografia italiana. E l’opera di Federico Garolla si inserisce proprio in questo programma di sensibilizzazione, poiché considerato da Obiettivo Camera un autore di straordinario impatto per la fotografia italiana che tuttavia merita maggiore attenzione e pieno riconoscimento.
La mostra non si limita a una singola fase di attività di Garolla, ma attinge all’intera gamma di situazioni che lui seppe cogliere nel corso del tempo. Questo dettaglio curatoriale ha incontrato grande difficoltà nel lavoro di scrematura dell’Archivio, salvo poi rivelarsi una magnifica sfida: quella di mostrare l’essenza di un tale autore al pubblico potenziale di una galleria che non lo aveva mai conosciuto. Insomma l’allestimento mira proprio a restituirci un senso limpido di ciò che è e rappresenta oggi la fotografia di Federico Garolla, e lo fa attraverso una serie di 31 fotografie, oltre che un filmato di repertorio, divise tra i reportage in termini classici, gli scatti testimoni del rapporto con l’alta moda, i ritratti a personalità intellettuali, e naturalmente i ritratti del mondo del cinema.L’atelier delle sorelle Fontana, il contrasto tra le modelle eteree e le strade caotiche,le pose teatrali di Moravia, Guttuso, Pasolini e Calvino formano la filigrana dell’estetica garolliana, di volta in volta cangiante. Dall’altra parte, le campagne ventose,i minatori e i braccianti,i quartieri popolari densi di fumo, di luce e del brulicare gentile dei bimbi restituiscono il sapore di un paese fragile ma ancora vivo, caldo, innamorato della propria cultura e dei propri valori.
Innamorato come lo era anche Federico Garolla del mondo, è così che lo ricorda Maurizio Rebuzzini che lo conobbe nell’ultimo periodo di vita: una persona dolce e mite, un uomo intelligente, di grande acume e cultura, nonché di forte spirito sociale. Federico Garolla visse molte vite ma con il cuore non abbandonò mai la sua Napoli, anzi: citando le parole di Maurizio, “egli rimase tutta la vita un “napoletano” secondo l’archetipo e non lo stereotipo, in un tempo in cui la cultura genera archetipi e la non-cultura produce stereotipi.”
“Guai a te se ripeti ancora che sono un ‘conte’ – bofonchia Federico il nobile –
certo un tempo lo ero, per la mia antica famiglia napoletana…
ma ormai me ne sono ufficialmente liberato e lo trovo un appellativo irrispettoso.”
(Federico Garolla, Dossier Sicurezza)