A Palazzo Ducale, una grande mostra chiude le lunghe celebrazioni per il quinto centenario della morte del pittore olandese. Sino al 4 giugno.
Anche Venezia partecipa alle celebrazioni del cinquecentenario della morte di Jheronimus Bosch (’s-Hertogenbosch, 1450 – 1516), il maestro fiammingo della meraviglia e del grottesco; architetto visionario di mondi brulicanti di bizzarre creature; “pittore di sogni e mostriciattoli”, come lo catalogò il veneziano Marcantonio Michiel, nel manoscritto cinquecentesco Notizia d’opere di disegno.
Dopo il successo di pubblico registrato lo scorso anno dalle grandi monografiche allestite al Prado di Madrid e al Noordbrabants Museum, nella cittadina olandese che diede nome e natali al pittore, Palazzo Ducale ha inaugurato la stagione espositiva del nuovo anno con Jheronimus Bosch e Venezia, una mostra che è un passo a due tra il pittore olandese e la città lagunare, allestita nelle stanze dell’Appartamento del Doge, tra monumentali camini di marmo, soffitti intagliati, fregi pittorici e stucchi. Un’ambientazione che non distoglie l’attenzione dalle opere esposte. Semmai contribuisce a contestualizzarle, rievocando i tempi della Venezia rinascimentale, quando il cardinale Domenico Grimani, letterato e raffinato collezionista, acquistò due trittici e un insieme di quattro tavole di Bosch eseguite “alla prima”, senza disegno preparatorio. Il pittore olandese era scomparso di recente e Grimani, tramite un tal Daniel van Bomberghen, mercante ed editore di libri in ebraico, fece portare i dipinti dalle Fiandre a Venezia, dove sono rimasti sino ad oggi come parte delle collezioni pubbliche veneziane. Ed è proprio questo nucleo di opere ad essere il perno della mostra.
Attraversate le prime stanze con l’introduzione video del curatore dell’esposizione, Bernard Aikema, e una doppia timeline che mette in relazione fatti salienti della vita di Bosch con quanto accadeva nella Venezia di quel periodo, il visitatore incontra i trittici Tre santi eremiti e Martirio di santa Ontcommernis (Wilgefortis, Liberata). Entrambi autografi e realizzati da Bosch nella maturità, tra il 1495 e il 1505 circa, i dipinti sono accompagnati da riproduzioni delle analisi radiografiche che sono state effettuate di recente – assieme ad un accurato restauro conservativo – e che hanno rivelato nuove informazioni sulla genesi, l’evoluzione e il significato delle opere. Il gruppo di quattro tavole intitolate Paradiso e Inferno (Visioni dall’Aldilà) e datate tra il 1505 e il 1515, sono invece esposte nella sala successiva, assieme ad una piccola selezione di oggetti in bronzo del Cinquecento, raffiguranti satiri, dragoni e altri animali mostruosi, che arredavano gli studioli degli intellettuali del tempo di area veneta, a dimostrazione che la fortuna di Bosch e degli eredi del suo immaginario trova spiegazione nel fascino per il fantastico, il mostruoso e il grottesco, già diffuso nell’Italia settentrionale.
La mostra si sofferma poi sulla figura del cardinale e su alcuni pezzi della sua collezione: dal cosiddetto Breviario Grimani, un manoscritto di eccezionale valore miniato da artisti fiamminghi, alla placchetta argenteacon la Flagellazione di Cristo realizzata dal Moderno,passando per statue e busti di età classica.
L’eredità di Bosch è, invece, la tematica che si indaga nelle ultime sale, con dipinti, disegni e stampe di seguaci – anche anonimi – dell’artista fiammingo. Tra scene infernali e visioni apocalittiche con motivi alla Bosch, si fa notare la serie sui Sette vizi capitali, ispirata a disegni dell’olandese Pieter Bruegel il Vecchio, che, a sua volta, aveva attinto dall’inquietante universo boschiano. A chiudere il percorso espositivo, il trionfo di Bosch nel Seicento barocco con, in particolare, una selezione di opere di Joseph Heintz il Giovane, artista tedesco che visse in laguna dal 1625 sino alla sua morte, avvenuta nel 1678.
Il visitatore non si aspetti di trovare dipinti mai visti prima a Venezia: fatta qualche eccezione, le opere in esposizione – oltre 50 – provengono per lo più da istituzioni veneziane, come il Museo Correr, la Biblioteca Nazionale Marciana e le Gallerie dell’Accademia. Il merito della mostra sta nell’aver costruito sapientemente una nuova narrazione su opere già a disposizione del sistema museale cittadino, integrando l’allestimento con qualche notevole prestito. Un riuscito lavoro di sinergie istituzionali, dunque, che fa luce su Bosch e il suo rapporto longevo con Venezia.
INFORMAZIONI UTILI
Jheronimus Bosch e Venezia
sino al 4 giugno 2017
Palazzo Ducale, Appartamento del Doge
San Marco, 1, 30124 Venezia
http://palazzoducale.visitmuve.it