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Profumo di Venezia. Una lettura olfattiva della Biennale Architettura

Connectedness, padiglione Danimarca, Biennale Architettura, Venezia Connectedness, padiglione Danimarca, Biennale Architettura, Venezia
Connectedness, padiglione Danimarca, Biennale Architettura, Venezia
Connectedness, padiglione Danimarca, Biennale Architettura, Venezia

Tatto, olfatto e gusto protagonisti di molti lavori visti alla Biennale Architettura appena conclusasi a Venezia

Nell’appello all’inclusività e all’attenzione al margine riscontrato nell’edizione della Biennale Architettura di quest’anno, insieme ad una sempre più presente fluidificazione disciplinare, si riscontra un’apertura e predilezione anche per quegli apparati sensoriali solitamente lasciati, appunto, ai margini delle arti visive e delle grandi occasioni espositive, i cosiddetti “sensi minori”.
Tatto, olfatto e gusto, solitamente sollecitati in situazioni espositive che raramente uscivano dal momento del vernissage, con i suoi prosecchi, strette di mano, profumi costosi, cicchetti e noccioline, in questa Biennale, divengono in molte occasioni voci protagoniste dei lavori scelti dai relativi curatori e curatrici.
Quell’umanità, sensorialità, immediatezza che ci sono tanto mancate in questi ultimi due cerebrali anni rimpinzati di audiovisivo, potrebbero aver trovato cura e forma espressiva in elaborati e proposte che vanno proprio a sollecitare i sensi che fino a questo momento, erano stati lasciati in cucina.

In questo testo il tentativo è dunque quello di concentrarsi sull’apparato olfattivo della Biennale Architettura di quest’anno, 2021, analizzando ciò che implica o che ha implicato l’inclusione subliminale o progettuale dell’olfatto nelle scelte curatoriali della mostra.
Con l’aiuto di interviste, conversazioni e materiale di studio raccolto, verrà delineato un “tour olfattivo” per alcuni dei padiglioni che hanno toccato questo quinto senso, elaborandone o ipotizzandone le ragioni e implicazioni.

Tra i vari casi si può immediatamente delineare in quali casi lo spettro olfattivo è stato utilizzato come medium consapevole, in quali altri come aspetto subliminale e in altri ancora addirittura come effetto collaterale.

 

Primitive Migration from-to Taiwan, Padiglione Taiwan
Primitive Migration from-to Taiwan, Padiglione Taiwan

Partendo dal suo uso più didascalico, nel padiglione Taiwan si manifesta nella ri-creazione di un aroma che richiama le origini primitive e ritualistiche del popolo Taiwanese.
Il padiglione Taiwan, dopo l’ultima partecipazione al dirompente e critico comando curatoriale di Paul B. Preciado , torna con la mostra “Primitive Migration from/to Taiwan” curata dal National Taiwan Museum of Fine Arts. Lo sguardo portato questa volta, si rivela essere conservatore nella forma e cauto nei contenuti, protetto dalla sua stessa genericità e acriticità.
L’odore diffuso si rileva immediatamente, la sua sede è definita da un brucia essenze che presenta ciò che emana in maniera lineare e didascalica.
L’odore presentato è accessorio e discreto, appoggiato insieme ad altri manufatti ai lati della grande installazione al centro dello spazio. L’essenza presentata non si diffonde, ma va esperita dall’oggetto in mostra che la contiene, facendo venire meno l’eventuale esperienza immersiva che i curatori avevano a quanto pare, intenzione di creare. Nella creazione artificiale di un’atmosfera in un’esposizione, molto spesso, si rischia di impedirne poi una fruizione fluida e, come in questo caso, elementi aleatori come l’odore, la luce, il paesaggio sonoro, fungono da sottotitoli senza aggiungere nulla al contenuto della mostra in sé.

 

Primitive Migration from-to Taiwan, Padiglione Taiwan
Primitive Migration from-to Taiwan, Padiglione Taiwan

L’allure del primitivo e dell’antico che viene emanato dall’essenza creata per la mostra si sposa perfettamente con l’estetica “ritorno alla natura” che si è sentito, visto, annusato, palpato, fino allo sfinimento e che ormai non tocca nessuna corda, calcando il rischio di percorrere la solita strada larga e sicura, dove non si rischia di pestare i piedi a nessuno.

Una diversa attenzione olfattiva all’atmosfera viene rivolta invece dal padiglione Singapore, dove si trova il progetto “Ode to Smell” ricreazioni di “Scentscapes” , paesaggi olfattivi di Singapore, ormai in estinzione con l’uso smodato di quella che gli autori del progetto chiamano “aria condizionata” . La ricerca dei tre autori (Hyphen, Brian Khoo Zonghan, Mary Ann Ng) si inserisce nel ventaglio di indagine tra Singapore e la relazione con il suo clima, criticizzando come il “condizionamento” dell’aria negli spazi al chiuso, non ci permetta di familiarizzare con il clima “outdoor”, neutralizzando e desensibilizzando le nostre capacità olfattive e recettive. Tematica ormai comune a molti quella della de-odorizzazione o della manipolazione olfattiva, ma che a maggior ragione risulta tema cocente a Singapore, a causa del clima umidissimo e caldo.

 

Ode to Smell, Hyphen, Brian Khoo Zonghan, Mary Ann Ng, Padiglione Singapore
Ode to Smell, Hyphen, Brian Khoo Zonghan, Mary Ann Ng, Padiglione Singapore

In risposta alla nostra difesa dai cattivi odori e dal clima estremo, il progetto si promette di rendere indimenticabili i paesaggi olfattivi di Singapore, individuandone delle coordinate precise da registrare e conservare, come delle fotografie, restituite poi nello spazio espositivo, dando anche la possibilità di ordinare una “cartolina olfattiva” da poter mandare ad altri o da ordinare per sé.

Interessante è in questo caso come l’uso dell’apparato olfattivo venga cercato e usato come modalità d’archivio e memoria alternativa, da noi non ancora del tutto saturata come quello fotografica e visiva, perché non del tutto controllabile.
Intrigante la modalità tramite quale l’attenzione viene catturata quanto goffa poi la formalizzazione del tutto, la difficoltà nel parlare di atmosfere e di impressioni olfattive, sta proprio nel rischio di feticizzare queste percezioni, portandole a dimensioni più facilmente comunicabili e facendo ciò, banalizzando e semplificando una dimensione aerea ricca di un suo intrinseco reticolo sinaptico che cercando di essere descritto a parole, perde pregnanza e fuoco.
Nonostante ciò, il tentativo di mappatura olfattiva, se pur servendosi della stampella verbale e riportato in mostra con dispositivi per lo più visivi e oggettuali con valenza di souvenirs, è un apprezzabile tentativo di valorizzazione della memoria atmosferica dei luoghi, aspetto non trascurabile nella dimensione di studio e ricerca architettonica contemporanea.

 

Co-Ownership of action, Trajectories of elements, Padiglione Giappone, Biennale Architettura, Venezia
Co-Ownership of action, Trajectories of elements, Padiglione Giappone, Biennale Architettura, Venezia

Il padiglione Giappone odora di trasloco, di cantiere. Un padiglione costruito con i resti di una casa destinata alla demolizione, un’esposizione di resti curata secondo un principio tutto orientale basato sulla riparazione e resurrezione tramite altre forme. In una superficie percorribile su un telo di pvc blu elettrico, al piano di sopra del padiglione si trovano sdraiati gli esemplari recuperati dal ‘trasloco’ dal Giappone a Venezia, della casa Takamizawa, in un percorso tutto orizzontale, dove la luce governa le altezze e il silenzio il tempo. “Trajectories of elements” è il titolo della mostra giapponese, come sempre disposta su due piani.

In quello inferiore si racconta il processo di lavorazione, trasporto e ri-allestimento dei vari elementi portati dal Giappone a Venezia mentre a quello superiore, l’odore di ‘traiettoria’, quell’odore di intonaco, pvc, legno tagliato e polvere alzata ci accompagna tra tutte le storie perse, ritrovate e rivissute, un processo in cui niente rimane mai lo stesso di prima, in cui qualcosa va inevitabilmente perso e forse poi ritrovato o forse no. In questo caso il tessuto olfattivo dello spazio si forma come effetto collaterale ai materiali usati e accompagna il padiglione come uno paesaggio olfattivo probabilmente inconsapevole ma efficace per l’atmosfera da lavori in corso di cui tutta la mostra è pregna.

 

A Wildlife, Leanne Wijnsma, Padiglione Olanda, Biennale Architettura, Venezia
A Wildlife, Leanne Wijnsma, Padiglione Olanda, Biennale Architettura, Venezia

Un uso dell’odore contingente e subliminale invece, lo troviamo materializzato nel gel all’ingresso del padiglione Olanda. L’artista Leanne Wijnsma ha composto tre gel igienizzanti (in precedenza già esposti alla Triennale di Milano) con tre diverse fragranze, che verranno presentate una dopo l’altra nell’arco di questi sei mesi, le quali sono rispettivamente: un odore che rimanda al suolo di Amsterdam Nord, con aggiunta di serotonina, uno che riprende muschio e ormoni rilasciati da cervi, e l’ultimo che riprende essenze rilasciate dal corpo umano.

È interessante l’articolazione che la scelta degli ingredienti e delle odorazioni scelte compiono in combinazione con la funzione del gel sanificante. La scelta di odori strettamente legati alla natura e ad una dimensione primordiale multispecie viene in qualche modo annientata dalla percentuale al 65% di alcool, che rende il gel, un gel funzionale, sanificante. Gli stessi mediatori culturali attestano di disinfettarsi le mani molto più frequentemente proprio per sentire l’odore rilasciato dal gel.

Nel caso del padiglione Olandese, questa dimensione così immediata, istintiva e sensoriale che ci accoglie all’entrata del padiglione rimane solo sulle mani dei visitatori, accompagnandoli in un labirinto di potenti idee, concetti e progetti in cui i visitatori purtroppo rimangono vittime di una curatela frammentaria e massimalista.
La scelta di evitare targhe e indicazioni a muro a favore di un foglio di sala fuori misura e dalle scelte grafiche di dubbia praticità e leggibilità non favorisce una fluidità nel percorso del padiglione ma crea piuttosto un’ulteriore confusione nell’individuare gli autori e le sinossi dei lavori in mostra.
Nonostante la potenza, forza e validità dei progetti e argomenti trattati nella mostra bicefala curata da Francien van Westrenen, la soluzione gelatinosa di Leanne Wijnsma, grazie alla subliminalità delle sue odorazioni entra nell’ inconscio del visitatore hackerando il suo controllo e concentrazione, ponendolo immediatamente in una posizione di riflessione analogica e sensoriale.
Viene da dire che la domanda “Who is We?”, controdomanda del padiglione Olandese alla provocazione di partenza lanciata da Hakim Sarkis “How will we Live Together?”, potrebbe essere risposta ‘pensando con i sensi ’, con l’olfatto come unico veicolo di comprensione convincente nel discorso curatoriale.

 

Connectedness, padiglione Danimarca
Connectedness, padiglione Danimarca

Un caso curatoriale diametralmente opposto si trova invece in Connectedness, il padiglione Danimarca. La curatrice Marianne Krogh propone un ‘Circuito dei sensi’, dove l’invisibile diventa visibile in un’interconnessione alla luce del sole, senza trucchi di magia o scorciatoie. Un vero e proprio sistema esposto dove non c’è bisogno di cercare nulla che spieghi qualcosa, essendo tutto estremamente chiaro, infatti, le parole della curatrice affermano quest’intenzione cristallina “Abbiamo creato un mondo consistente di una rete inafferrabile di legami, sistemi e strutture (….) queste strutture sono così complesse da renderle di difficile comprensione. Per poter procedere dovremo ri-descrivere, chiarire e scoprire cercando così una comune comprensione”.
Il sistema di come l’acqua arriva a noi secondo l’antico sistema dei pozzi veneziani è portato in esposizione nel padiglione accompagnato da una parete di piante aromatiche che vengono innaffiate dall’acqua piovana raccolta all’interno di una pancia di nylon a mo’ di soffitto. “Il visitatore dal momento in cui che entra nel padiglione ha davanti agli occhi il sistema in cui è immerso anche fuori. Quando siamo fuori non sappiamo da dove arriva l’acqua. Qua è tutto visibile, il sistema di irrigazione, le taniche, i tubi. La filosofia di Connectedness è proprio questa, comunicare all’umano l’essere parte di questo sistema quanto lo è la foglia di menta o rosmarino, senza lasciargli esserne il centro. ” Racconta Cecilia Bima l’assistente curatrice del padiglione danese.

Si può dire che lo spettro olfattivo nel padiglione Danese si comporta come un effetto collaterale consapevole. “Da troppo tempo concepiamo lo sviluppo come una serie di processi lineari, strutture gerarchiche (…)” Un padiglione senza protagonisti, opere, temi e stars, un’orizzontalità radicale nella sua integrità riporta tutto l’apparato sensoriale allineato in equilibrio sul pavimento di un’ex palestra da cui è stato poi costruito il molo percorribile, sospeso sull’acqua corrente nel pavimento di argilla. Lo studio di architetti Lundgaard & Tranberg lavora concentrandosi sull’incontro tra l’atmosfera di un luogo e la percezione fenomenica del corpo. Nella breve brochure-manifesto che accompagna il padiglione affermano: “Il legame tra noi e ciò che ci circonda può essere vibrante” e in questa bolla tra arte, intelletto, senso e realtà, si può dire che l’obiettivo sia raggiunto.

Un senso non prevale più sull’altro, lo scricchiolio del molo che ondeggia sotto i passi si mescola con il sussurrio dell’acqua al di sotto, l’aria si riempie e si svuota di menta pestata o della pianta aromatica del giorno; sui divanetti ruvidi rosa antico riciclati dalla sala d’attesa di un qualche ufficio i visitatori dormono beati, o conversano bisbigliando, o lavorano al computer, o leggono, o semplicemente si riposano. Una luce tenue fa sembrare sempre che siano le cinque del mattino. Si sorseggia una tisana di piante a scelta, appositamente pestate dai mediatori culturali in turno nel padiglione, figure a metà tra curatori e performers. Se si ha sete, si può aprire un rubinetto di acqua potabile con l’aiuto di qualcun altro, riempirsi il bicchiere di vetro a disposizione con l’acqua corrente e all’improvviso quella distanza incolmabile che sembra esistere ancora tra arte e vita, istituzione e informalità, concetto e forma, si annulla in un silenzio gorgogliante che mette tutti a proprio agio.

 

Resurrecting the Sublime, Sissel Tolaas, Christina Agapakis, Alexandra Daisy Ginsberg
Resurrecting the Sublime, Sissel Tolaas, Christina Agapakis, Alexandra Daisy Ginsberg

Avvicinandoci al cuore della Biennale, nel Padiglione Centrale, si trova Resurrecting the Sublime, opera di Sissel Tolaas insieme a Christina Agapakis e Alexandra Daisy Ginsberg, la quale pone il punto su ciò che significa relazionarsi con un lavoro solo ed esclusivamente olfattivo, invisibile ed impalpabile.
L’odore che percepiamo entrando nello spazio trasparente e vitreo della cella d’estinzione è quello di un fiore estinto a causa dell’allevamento coloniale di bestiame sull’isola Maui nelle Hawaii. Il sublime è proprio nel terrore di far entrare dentro di sé l’essenza di qualcosa che lo stesso essere umano ha ucciso. Come ci si può sottrarre alla responsabilità quando il fantasma di ciò che si è estinto riverbera dentro di il corpo di chi l’ha ucciso?

“Smell has the power to immediately connect to memory and emotions, quicker than any other sense, it bypass rationality and suddenly you become a child again” racconta Sissel Tolaas a Hans Ulrich Obrist durante la presentazione di Resurrecting the Sublime. Il contatto con una dimensione intima, è qualcosa che spesso manca nella dimensione espositiva dell’arte come anche in quella scientifica, continua Sissel, “(…)internal reaction it’s as important as external action”, non solo estinzione e natura sono parte dell’evoluzione, ma anche l’estinzione delle emozioni fa parte del nostro “progresso”; “It’s not just about extinction in nature, but also about extinction in human senses” .

 

Resurrecting the Sublime, Sissel Tolaas, Christina Agapakis, Alexandra Daisy Ginsberg
Resurrecting the Sublime, Sissel Tolaas, Christina Agapakis, Alexandra Daisy Ginsberg

Sissel sottolinea che in questo lavoro, come in tutti i suoi lavori e nella maggior parte di opere ben riuscite, il medium non agisce solo da intermediario innocente, ma parla di sé, si problematizza ed entra attivamente nella discussione. In Resurrecting the Sublime, ad essere risorto non è solo l’odore del fiore estinto, ma soprattutto la coscienza di una dimensione olfattiva che porta con sé altre conseguenze, non sempre immediatamente leggibili ma che connettono un noi passato, estinto, quello presente, più o meno consapevole e quello futuro.

https://www.labiennale.org/it/architettura/2021

BIBLIOGRAFIA

How will we live together? catalogo della 17a Biennale Architettura 2021, a cura di Hashim Sarkis
Connectedness, brochure del padiglione danese a cura di Marianne Krogh alla 17° Biennale Architettura di Venezia

Connectedness, Un circuito dei sensi, comunicato stampa del padiglione danese a cura di Marianne Krogh alla 17a Biennale Architettura di Venezia
Who is We? brochure del padiglione olandese a cura di Francien van Westrenen alla 17a Biennale Architettura di Venezia
Co-Ownership of action: Trajectories of elements, brochure del padiglione Giappone a cura di Kodo Kadowaki alla 17a Biennale Architettura di Venezia
Pensa con i Sensi Senti con la Mente: l’Arte al Presente, catalogo della 52a Biennale Arte di Venezia a cura di Robert Storr
Primitive Migration from/to Taiwan, catalogo del padiglione Taiwan a cura del National Taiwan Museum of Fine Arts alla 17a Biennale Architettura di Venezia
Henshaw V., McLean K., Medway D., Perkins C. Warnaby G., Designing with Smell: Practices, Techniques and Challenges, New York: Routledge
3x3x6, catalogo del padiglione Taiwan a cura di Paul B. Preciado alla 58a Biennale Art di Venezia, May We Live in Interesting Times

INTERVISTE

Intervista di Marina Marques a Marco Ninno, manager del padiglione olandese alla 17a Biennale Architettura di Venezia, registrata e trascritta in data 06/06/2021
Intervista di Marina Marques a Cecilia Bima, assistente curatrice del Padiglione danese alla 17° Biennale Architettura di Venezia, registrata e trascritta in data 06/06/2021
Conversazione tra Sissel Tolaas e Hans Ulrich Obrist in occasione della presentazione ufficiale dell’opera “Resurrecting the Sublime” esposta al Padiglione Centrale alla 17° Biennnale Architettura di Venezia, registrata e trascritta da Marina Marques in data 20/05/2021

SITOGRAFIA

https://to-gather.sg/an-ode-to-smell/
https://triennale2019.hetnieuweinstituut.nl/en/scent-danger
https://www.researchcatalogue.net/view/7344/7350/40/40

NOTE

i 3x3x6, padiglione Taiwan a cura di Paul B. Preciado alla 58a Biennale Arte di Venezia, May We Live in Interesting Times, 2019
ii McLean K. Communicating and mediating smellscapes in Howes D. 2018 ‘Olfactory in Art’ in Henshaw V., McLean K., Medway D., Perkins, Warnaby G. Designing with Smell: Practices, Techniques and Challenges. New York: Routledge
iii “Blandscapes” come li chiamerebbe Sissel Tolaas, aree della città così prive di stimoli olfattivi, così deodorizzate da suscitare un senso di “placelessness”, di non luogo, in chi ci vive
iv La memoria olfattiva avviene nel sistema limbico del nostro cervello, assicurandoci tramite l’olfatto, dei ricordi estremamente più vividi e intensi, essendo locata in diretto collegamento con la sfera emotiva e mnemonica
v Vedi Nasalo: dizionario olfattivo creato da Sissel Tolaas. Creato sulla base di esperimenti dimostranti che l’etichetta, la denominazione di un odore basta a far cambiare la nostra percezione e giudizio dello stesso. Nasalo è quindi composto da nomi di fantasia, privi di qualsivoglia analogia con oggetti e materiali esistenti, proprio per cercare di dare autonomia e indipendenza al dizionario olfattivo e liberarlo invece dalla zavorra metaforico/sinestetica che si è finora portato dietro.
vi Pensa con i Sensi Senti con La mente, 52° Biennale Arte di Venezia
vii Connectedness, brochure del padiglione danese a cura di Marianne Krogh alla 17° Biennale Architettura di Venezia
viii Intervista di Marina Marques a Cecilia Bima, assistente curatrice del Padiglione danese alla 17° Biennale Architettura di Venezia, registrata e trascritta in data 06/06/2021
ix Ibid.
x Conversazione tra Sissel Tolaas e Hans Ulrich Obrist in occasione della presentazione ufficiale dell’opera “Resurrecting the Sublime” esposta al Padiglione Centrale alla 17° Biennnale Architettura di Venezia, registrata e trascritta da Marina Marques in data 20/05/2021

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