Gli spazi del Museo d’Arte di Mendrisio si popolano di sculture e installazioni. Il museo del Canton Ticino inaugura il nuovo anno espositivo con la mostra Metamorfosi. Uno sguardo alla scultura contemporanea, visitabile fino al prossimo 25 giugno. Un itinerario tra le opere di artisti contemporanei, provenienti da diversi paesi e appartenenti a diverse generazioni, getta uno sguardo agli orientamenti che animano la scena artistica attuale.
In mostra tre macro generazioni: la più storica, quella dei surrealisti simboleggiata da figure del calibro di Jean Arp, Meret Oppenheim e Serge Brignoni; una generazione “di mezzo” che presenta tra gli altri Ai Wei Wei e Tony Cragg; the last but not least, la generazione più recente di artisti, ticinesi e non solo, tra cui Mirko Baselgia, Selina Baumann, Alan Bogana, Lupo Borgonovo, Loris Cecchini, Claudia Losi e molti altri, che hanno collaborato personalmente all’allestimento dell’esposizione.
Parola chiave: Metamorfosi. È l’idea di una forma complessa, frammentaria, aperta, organica, proliferante in perenne divenire, ispirata alla Natura, la madre di tutte le cose in costante evoluzione. La natura è, quindi, la grande protagonista che emerge lungo il percorso espositivo, con i suoi fenomeni bizzarri, conosciuti ma anche sconosciuti, mostruosi ma anche sublimi, si proclama la fonte d’ispirazione dell’arte scultorea.
Dalle opere in bronzo di Jean Arp, Petite figure appuyée dite “L’Egyptienne” (1938) e Petit sphinx (1942), emerge l’idea della fluidità e della continuità della forma ispirate dal movimento che anima il mondo naturale. La scultura in legno di Serge Brignoni, Erotique végétale (1933), si sviluppa in una spasmodica salita metamorfica che alterna frammenti animali e vegetali. Stratificazione, sinuosità, dinamicità, forza centripeta versus forza centrifuga, tutto ciò è racchiuso nel bronzo Untitled (Secret thoughts) (2002), opera di uno dei massimi esponenti della scultura contemporanea, l’inglese Tony Cragg.
Alpha 1 (2015) è la pianta rampicante di Loris Cecchini che si sviluppa attraverso un processo di ramificazione e di moltiplicazione di moduli in acciaio cromato; la superficie riflettente che caratterizza l’opera rende fluida e “interattiva” l’esperienza estetica del fruitore. L’opera di Cecchini dialoga con l’installazione di Penelope Margaret Mackworth-Praed, Pleiades. The other side of the sky (2017). Opera ispirata alla “giovane” costellazione delle Pleiadi, riprodotta con leggerissime strutture metalliche sospese e riflettenti, illuminate da una luce ultravioletta. L’artista ricrea un ambiente immersivo imponendo una particolare visione cosmica in grado di massimizzare l’esperienza percettiva dello spettatore. Il Parassita (2017) di Lorenzo Cambin si sviluppa in una proliferazione spaziale di frammenti in terracotta, legno e filo di metallo, simili tra loro ma mai identici, animati da un leggero moto.
Le ventiquattro opere esposte mettono in dialogo le tradizionali dicotomie di ordinario e stra-ordinario, naturale e artificiale, in un percorso che stupisce e cattura l’occhio curioso dello spettatore. Un’esposizione che non procede per nuclei tematici o criteri scientifici, bensì piuttosto per un criterio di armonia percettiva suscitata dalla contrapposizione o dalla continuità dei materiali costitutivi delle opere d’arte.
La mostra è il risultato di un flusso d’energia pura, viva, che si manifesta nelle trasformazioni dei materiali in opere d’arte, percepibile distintamente nell’atto della fruizione.
Ad incarnare e presentare il concetto chiave della mostra è, tra le altre, l’opera di Julia Steiner, Ground Listening (2017): una superficie magmatica modellata dalle mani e dai piedi dell’artista dalla quale emerge una riflessione sulla malleabilità, la fluidità e la sinuosità del materiale utilizzato, l’argilla. L’opera site-specific della Steiner, creata appositamente per l’esposizione e che a conclusione della mostra verrà distrutta, dialoga con i 14 frammenti in vetro acrilico di Alan Bogana, Stimmfarben (2014). L’artista ticinese, attivo a Ginevra, fa un uso innovativo del vetro attraverso un procedimento che prevede una scarica elettrica e un successivo sparo nel punto di convergenza della traccia della scarica, cosicché i frammenti restanti, caratterizzati da profili montagnosi, mostrano delle radici interne, simili ai sentieri o ai corsi fluviali che corrono sulle pareti delle montagne.
«L’uso innovativo e immaginativo dei materiali nella scultura è stato alle origini di uno sviluppo straordinario anche del concetto di metamorfosi. […] Superfluo sottolineare come plastiche, nuovi tipi di metallo, prodotti artificiali, ognuno con le sue specifiche qualità, alimentano essi stessi un processo di trasformazione». (Simone Soldini, curatore)
Attraverso l’utilizzo di nuovi materiali che sono entrati a far parte dell’arte scultorea, l’immaginazione degli artisti si è ampliata fino a trasformare delle reti per recinzioni in meduse, delle camere ad aria in contenitori di oggetti personali, del cemento in sinuose forme a corallo, del poliuretano in garofani…
Creata appositamente per la sala del museo ticinese, l’installazione di Benedetta Mori Ubaldini, Landscape #1 (2017), comprende 66 meduse modellate in rete metallica che riempiono lo spazio echeggiando una narrazione evocativa e simbolica. La leggerezza onirica che contraddistingue la filiforme moltitudine di meduse si contrappone alla materialità densa e pesante delle camere d’aria di Matteo Emery in Borborigmi (2017), disposte attorno a un intreccio centrale sospeso. A metà tra organi e creature degli abissi, sono contenitori non solo d’aria ma anche di oggetti personali dell’artista celati al pubblico.
I garofani sonori, in poliuretano espanso in collant di nylon, di Luisa Figini & Rolando Raggenbass, protagonisti di Garofani, carnations. Non calpestare le aiuole (2003) emergono come escrescenze in un territorio “percettivamente” disturbante: un luogo in cui a regnare sono il buio e i suoni, dal brusio delle api al suono delle campane, un luogo in cui l’esperienza estetica si fa confusa.
Un itinerario tra naturalia e artificialia. Che ha inizio, o si conclude, con il cuore di enormi dimensioni riproposto da Carlo Borer, White Heart (2013): un’installazione multisensoriale in cui un cuore artificiale, alimentato da una serie di meccanismi altrettanto artificiali, ricalca i movimenti del cuore umano. Ispirato al fungo tipico del legno, il bronzo di Lupo Borgonovo Ear (2015), installato a parete, perde l’originario riferimento ricordando un orecchio. Ai Wei Wei propone un Ruyi (2012), modellato sulla forma delle interiora umane allude alla vulnerabilità dell’uomo sottolineata dalla scelta del materiale, la porcellana, estremamente delicata. E ancora, Brain (2008) i due cervelli “fossilizzati” di balenottera in terracotta di Claudia Losi e Silvano (2008) il lepidottero allo stato larvale in vetro soffiato di John Armleder e del maestro vetraio di Murano Silvano Signoretto.
Ibridi tra naturale e artificiale. Metamorphism XXXIV (2016), le tre pietre di Julian Charrière, realizzate con lava artificiale, contengono scarti di materiale tecnologico, si trasformano in fossili e reperti della nostra era tecnologica. Ma anche gli assemblaggi del duo di artisti svizzeri Gerda Steiner e Jörg Lenzlinger, Luftfisch (2011) e Blumenschwarm (2014), si presentano come microcosmi ibridi che mescolano elementi naturali come le uova di pesce ad oggetti artificiali come i peluche, trasformandosi in composizioni oniriche e fiabesche, riecheggiando assemblaggi surrealisti.
«È una mostra che va fruita anche dal punto di vista del piacere e del godimento estetico, se si vuole anche dal punto di vista ludico che l’arte contiene in sé ed espone». (Simone Soldini)
Informazioni utili
Metamorfosi. Uno sguardo alla scultura contemporanea
9 aprile – 25 giugno 2017
Museo d’arte Mendrisio
Piazzetta dei Serviti 1, 6850 Mendrisio
Orari: da martedì a venerdì 10/12-14/17; sabato, domenica e festivi 10-18;
Biglietti: Intero 10chf/€; Ridotto 8 chf/€;
Per tutte le informazioni sulla mostra, le attività didattiche e le visite guidate clicca qui >> www.mendrisio.ch/museo