Passioni visive. Questo il titolo della ambiziosa retrospettiva dedicata a Marino Marini (Pistoia, 1901-Viareggio, 1980) presentata dalla Fondazione Marino Marini a Pistoia, casa sua. Dove esattamente? A Palazzo Fabroni -già sede della bella retrospettiva di Giovanni Frangi questa primavera e ora di Giovanni Pisano- dal 16 settembre 2017 al 7 gennaio 2018. Vista facciata bicroma di Sant’Andrea. Quattro mesi di serrati confronti con i modelli di scultura coevi e passati. Il tutto sarà poi trasferito in laguna alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia dal 27 gennaio all’1 maggio 2018. Una grande, grandissima esposizione -frutto di anni di studio e lavoro di Barbara Cinelli e Flavio Fergonzi- che ripercorre tutte le fasi della creazione artistica di Marino Marini, dagli anni Venti agli anni Sessanta.
La rassegna si articola in dieci sezioni. Ogni sezione propone un raffronto e dialogo scultoreo. Le invenzioni plastiche dello scultore pistoiese sono poste in relazione con i grandi modelli della scultura del Novecento ed esempi di scultura dei secoli passati. Dall’antichità egizia a quella greco-arcaica ed etrusca. Dalla scultura medievale a quella del Rinascimento e dell’Ottocento. Nella prima sezione i busti degli esordi sono affiancati a canopi etruschi e a busti rinascimentali. “Popolo”, la terracotta del 1929, punto di svolta arcaista, si misura con una testa greco-arcaica da Selinunte e con un coperchio figurato di una sepoltura etrusca. Intanto il capolavoro ligneo “Ersilia”, dialoga con sculture etrusche e antico-italiche.
Passaggio al tema del nudo maschile. Ecco che una serie di lavori della metà degli anni Trenta si confrontano con opere capitali del medesimo tema di Arturo Martini e Giacomo Manzù. Siamo negli stessi anni e Marini reinventa il significato del ritratto scultoreo attingendo ai modelli del passato. È l’arte egizia che suggerisce all’artista il significato di volumetria pura, intrinsecamente monumentale. La mostra si sofferma quindi sui celebri e perturbanti primi grandi “Cavalieri” dei secondi anni Trenta, che al loro comparire furono giudicati un attentato ai canoni tradizionali del genere, ma furono invece apprezzati da una ristretta schiera di intelligenti e sofisticati ammiratori.
Giunge il momento della stilizzazione allungata dei corpi maschili. Il trecentesco Cristo Crocifisso appartenuto proprio a Marino Marini è avvicinato a un suo “Icaro” e a due dei suoi “Giocolieri”. Il corpo femminile ora si trasforma in forma astratta. Le “Pomone” e i nudi femminili, che lo scultore realizza partendo da una originale e misurata rielaborazione del classicismo post-rodiniano, si confrontano in mostra con i nudi di Ernesto De Fiori e di Aristide Maillol.
Quando, verso il 1940, mentre quasi tutti gli altri scultori italiani ed europei sembrano voler abbandonare la lezione di Rodin, Marino Marini la rivisita per dare inizio a una nuova stagione di ricerca. Tutto ciò porterà lo scultore all’esistenzializzazione della forma di Germaine Richier. Questa particolare declinazione della ricerca formale di Marini prende forma negli anni del conflitto, durante il suo esilio in Svizzera, quando lo scultore sembra guardare con particolare attenzione al drammatico realismo di Donatello. La presenza in mostra del Niccolo’ da Uzzano del Bargello permetterà di comprendere a fondo le implicazioni di questa svolta.
La ricerca postbellica permette a Marino Marini di indagare, in forme più astratte, il tema del cavallo e cavaliere. Una sala della mostra sarà infatti interamente dedicata agli esiti maggiori di questo ciclo, opere contese dal maggiore collezionismo internazionale, e determinanti nello stabilire la posizione di primo piano dello scultore nel canone della scultura contemporanea di figura. I “Cavalieri” post 1945 di Marino Marini saranno messi a confronto con i loro antenati di riferimento, cavalli e cavalieri dalle civiltà del Mediterraneo e dell’antica Cina.
Marini inventa una “nuova lingua” nel dopoguerra che riguarda la resa espressiva del volto umano: una lingua che guarda alla scomposizione cubista e alla deformazione espressionista. Grazie a tutto ciò Marino Marini diventa il più grande ritrattista-scultore del secolo. La sala dedicata ai ritratti del dopoguerra proporrà confronti con teste di civiltà antiche e teste di scultori contemporanei.
Il Cavaliere torna nuovamente, questa volta disarcionato e motivo di pura ricerca spaziale. Si sgancia dalla riconoscibilità del soggetto. Il tutto viene evidenziato dalla sezione dedicata ai “Miracoli”. Chiudono la mostra i piccoli e grandi “Guerrieri” e le “Figure coricate” degli anni Cinquanta e Sessanta. Sarà sottolineato, in questo senso, l’inatteso confronto con l’antica tradizione toscana di Giovanni Pisano e con le soluzioni più sperimentali di Pablo Picasso e di Henry Moore.
Informazioni utili
Marino Marini. Passioni visive
Pistoia, Palazzo Fabroni
Dal 16 settembre 2017 al 7 gennaio 2018
A cura di Barbara Cinelli e Flavio Fergonzi
La rassegna si avvale di un Comitato scientifico composto dai curatori e da Philip Rylands, Salvatore Settis, Carlo Sisi e Maria Teresa Tosi