A distanza di un paio di giorni dall’opening al Centre Pompidou di Parigi della stessa retrospettiva che aveva aperto alla Tate Britain a Londra lo scorso febbraio, alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, a Venezia, inaugura in anteprima assoluta la mostra David Hockney. 82 ritratti e una natura morta, a conferma che questo 2017 è l’anno della consacrazione della lunga carriera dell’artista nato a Bradford, nel nord Inghilterra, esattamente ottant’anni fa. Un percorso artistico prolifico, il suo. Brillante come i colori acrilici dei suoi famosi dipinti di piscine della Los Angeles degli anni Sessanta. Coraggioso nell’aver sempre avuto fiducia nella pittura – pur con qualche incursione nella fotografia – anche quando nel mondo se non eri uno che faceva concettuale non eri nessuno.
Oggetto di questa esposizione veneziana, organizzata dalla Royal Academy of Arts di Londra con la curatela di Edith Devaney, in collaborazione con Ca’ Pesaro, è un’opera corale composta da più di ottanta ritratti e una sola natura morta. “Una mostra che ho a lungo inseguito”, spiega in conferenza stampa Gabriella Belli. La direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia voleva portare Hockney a Venezia già anni fa, dopo l’esposizione del 2013 dedicata ai paesaggi dello Yorkshire allestita alla Royal Academy. Ma quell’anno, la morte improvvisa di uno degli assistenti di Hockney fa di lui un artista inafferrabile. David torna a vivere a Los Angeles ed è lì che riprende in mano tele e colori, dopo mesi di inattività. E lo fa ritraendo il suo braccio destro, J-P Gonçales de Lima, seduto su una sedia, la testa tra le mani, il dolore sommesso. Nel sentire accorato di quell’uomo, Hockney ritrova il suo sentire e quella tela, che l’artista definisce “quasi un autoritratto”, diventa il punto di partenza di un lavoro meticoloso e quotidiano che lo porterà a ritrarre 82 persone in due anni e mezzo.
Amici di vecchia data, familiari, galleristi, critici, artisti, il suo dentista, la governante, i figli di amici. Nelle sale al secondo piano di Ca’ Pesaro sfila un’umanità variegata fatta di storie, volti, ricordi e aneddoti. Lo sfondo è sempre lo stesso e pure la sedia sulla quale i soggetti posano. Così l’attenzione si concentra sui dettagli: le pieghe di una gonna rossa di seta, gli occhiali nel taschino, la posa strafottente, lo sguardo triste, le mani congiunte sul grembo. Ogni ritratto è come un’istantanea su tela. Una polaroid a colori acrilici.
Il tempo di gestazione per ogni dipinto è breve ma intenso, da un minimo di due giorni a un massimo di tre. Hockney faceva accomodare i modelli nel suo studio a Los Angeles, su una sedia posizionata sopra una pedana, in maniera da poterli guardare negli occhi. Procedeva poi a disegnare a carboncino la figura e solo successivamente passava a definire l’opera con gli acrilici, ai quali torna dopo vent’anni di colori ad olio. Nessuno dei ritratti è su commissione; Hockney reclama la libertà di raffigurare le persone secondo la sua sensibilità antropologica e la sua sincera capacità di osservare e capire l’essere umano.
Ogni seduta era programmata e così quando Ayn Grinstein rimanda l’appuntamento per via del funerale del padre, l’artista non rinuncia alla giornata di lavoro e dipinge Fruit on a Bench, una natura morta su una panchina che, nell’assenza della figura umana, ne dichiara la centralità, un po’ alla maniera della sedia di Vincent van Gogh.
La mostra resterà a Venezia sino al 22 ottobre. Dopodiché sarà presentata al Guggenheim Museum di Bilbao per poi fare tappa al Los Angeles County Museum of Art.
INFORMAZIONI UTILI
David Hockney. 82 ritratti e 1 natura morta
sino al 22 ottobre 2017
Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Santa Croce 2066, 30135 Venezia