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L’Umanesimo matematico di Luca Pacioli. L’equilibrio fra l’uomo e Dio

Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino - Madonna con il Bambino (al recto) 1515 Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino - Madonna con il Bambino (al recto) 1515
Piero della Francesca, Polittico  della Misericordia , 1445-1462
Piero della Francesca, Polittico della Misericordia , 1445-1462

La città natale celebra il matematico toscano, con una mostra di pensiero piccola ma suggestiva, dove si coglie il fascino e la potenza del ragionamento razionale nel cogliere l’essenza della bellezza, all’apice dell’Umanesimo. Al Museo Civico di Sansepolcro, fino al 24 settembre 2017. http://www.mostrapacioli.it/

Sansepolcro (Arezzo). Nel quinto centenario della scomparsa di fra’ Luca Pacioli (1445ca-1517) – religioso, filosofo e matematico, personalità poliedrica come tante se ne incontrano in quella fervida età che fu il Rinascimento -, la città natale gli rende omaggio con una mostra dal sapore artistico e filosofico curata da Stefano Zuffi, che analizza il clima pittorico del tardo Quattrocento e l’influenza che vi ebbero gli studi matematici che Pacioli condusse nel corso della sua esistenza. Attraverso un’accurata scelta di opere di artisti a lui coevi, la mostra illustra il fondamentale passaggio tra il primo e il secondo Rinascimento, quando l’Umanesimo giunge a toccare quelle soglie splendide e tristi della malinconia manierista.

Giovanni Pietro Rizzoli detto  Giampietrino - Madonna con il Bambino (al recto) 1515
Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino – Madonna con il Bambino (al recto) 1515

Rimasto orfano di padre ad appena tredici anni, il giovane Luca fu affidato alla ricca famiglia dei Bifolci, che lo sostenne negli studi matematici (per i quali aveva manifestata un’ottima inclinazione), e gli permise di soggiornare a lungo a Venezia. L’esperienza presso un mercante cittadino gli permise di approfondire anche la conoscenza della matematica finanziaria, nella quale fu il primo codificatore del concetto della “partita doppia”. Attorno al 1470 si trasferì a Roma, dove conobbe Leon Battista Alberti, una delle figure più eminenti dell’Umanesimo italiano, propugnatore (sulla scorta di Vitruvio), di un’architettura dalle rigorose basi matematiche, metafora concreta dell’armonia universale cercata dall’uomo del Rinascimento. Vestito il saio francescano nel 1471, non abbandonò gli studi matematici, dei quali nel 1477 ottenne a Perugia la cattedra presso lo Studium Generale, antesignano dell’Università. Da questo momento prese avvio un lungo vagare per le cattedre di mezza Italia, durante il quale trovò il tempo per scrivere numerosi trattati, che prepararono la strada al De Divina Proportione, il quale vide la luce fra il 1496 e il 1497, dopo il fondamentale incontro a Milano con Leonard da Vinci, all’epoca ospite di Ludovico il Moro. Fra i due nacque un proficuo sodalizio, che li vide accomunati dalla volontà di legittimare la pittura come disciplina “scientifica” e intellettuale, e di elevarla dal novero delle “arti meccaniche”.

Luca Pacioli, De ludo scacchorum,  1499-1500 Gorizia, Fondazione Coronini Cronberg
Luca Pacioli, De ludo scacchorum, 1499-1500 Gorizia, Fondazione Coronini Cronberg

Attingendo, fra le altre fonti, al De prospectiva pignendi del suo concittadino Piero della Francesca (1416-1492), Luca Pacioli scrisse De Divina Proportione, uno dei trattati fondamentali dell’Umanesimo, che riassume e approfondisce le conoscenze e gli studi sul rapporto aureo, già noto in epoca antica, a partire dagli Egizi e i Babilonesi, fino ai Greci. Per rapporto aureo, s’intende il rapporto fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Riscoperta nel Quattrocento dopo i lunghi Secoli Bui, e applicata alla pittura e all’architettura, fu chiamata divina da Pacioli, per il suo ricorrere in numerosi e differenti contesti, dalle strutture dei corpi naturali (compreso quello umano) agli intervalli nella musica; un riproporsi che ha rafforzata la tesi della “costruzione” divina dell’universo.

Leonardo da Vinci - Studio per la testa di Leda, 1505 © Comune di Milano
Leonardo da Vinci – Studio per la testa di Leda, 1505 © Comune di Milano

Nel suo trattato, il frate toscano descrisse come applicare questo concetto matematico alle arti, dalla pittura, alla musica all’architettura; un’opera che ha molteplici meriti. Da un punto di vista delle fonti, attinse a secoli di conoscenza; per l’architettura, cita infatti Vitruvio e Leon Battista Alberti, il suo concittadino Piero per la pittura. Il merito di Pacioli non è da ricercare nell’originalità dei suoi studi, o nelle sue scoperte; attinse principalmente a quelle altrui, citando sempre con ammirevole onestà le fonti consultate. Il suo merito sta nell’aver sistematizzato questa conoscenza, così come aveva fatto Venezia con la “partita doppia”. E fu il primo (dopo Pitagora) ad accostare la divina proporzione alla musica, e il primo in assoluto ad accostarvi la teologia e la filosofia. Da quest’ultimo punto di vista, il trattato segnò un cambiamento di prospettiva epocale.

In mostra, è visibile l’edizione a stampa del 1509, pubblicata a Venezia, mentre le prime tre copie del manoscritto originale del 1498 recavano le illustrazioni di Leonardo da Vinci, per quanto riguarda le figure geometriche cui si fa riferimento. Accanto al De divina Proportione e altri trattati di Pacioli, una selezione di dipinti di autori contemporanei, da Pontormo a Giampietrino, da Dürer a Leonardo, iniziando però da Piero della Francesca. Opere fondamentali per ricostruire l’influenza che quest’ultimo ebbe su Pacioli, e quella che questi ebbe sulla pittura del Cinquecento. La raffinatezza compositiva, i giochi geometrici di luci e di ombre che danno forma ai volumi dei corpi, le cornici lineari che fissano i limiti dello spazio, furono elementi che affascinarono il giovane Pacioli, che ammirò a Sansepolcro gli affreschi di Piero, riconoscendovi più di un richiamo alla matematica.

Giovanni Pietro Rizzoli detto  Giampietrino - solido geometrico (Dodecaedron abscisum solidum) dal De  divina proportione (al verso), 1515
Giovanni Pietro Rizzoli detto Giampietrino – solido geometrico (Dodecaedron abscisum solidum) dal De divina proportione (al verso), 1515

Oltre a dettare le “regole” per le proporzioni pittoriche, Pacioli giocò un ruolo determinante anche nella simbologia che caratterizzò molti pittori “di pensiero”, fra questi l’incisore tedesco Albrecht Dürer, che incise piccole, inquietanti Wunderkammer ante litteram, piene di strumenti alchemici e astronomici, e dove le figure geometriche indicano i vari stati della materia (ad esempio, il dodecaedro indica il cosmo, la materia ancora fluida). Giochi matematici ed esperimenti alchemici, passatempi necessari per curare il tedium vitae.

Anche il Giampietrino, nella delicata Madonna con il Bambino (1515), fa uso di questa simbologia, inserendo al verso della pittura il dodecaedro, il quale, in quanto simbolo del cosmo, veniva associato a Cristo e alla Vergine. Commovente il leonardesco Studio per la testa di Leda (1505), sorta di epitaffio all’utopia della misurazione dell’universo, della conoscenza delle leggi del mondo attraverso la matematica (delusione simile proveranno i Positivisti quattro secoli più tardi); l’armonia delle proporzioni del busto e della testa della donna sono un chiaro rimando alle teorie di Luca Pacioli, destinate però a rimanere un’utopia, in mezzo al caso in cui precipita l’Europa del Cinquecento. Sul finire del XV Secolo, la cultura umanistica toccò il suo apice, riuscendo, per un breve momento, a misurare la bellezza per mezzo delle proporzioni geometriche, e raggiungendo l’equilibrio fra l’uomo e l’universo.

Albrecht Dürer - La Melanconia, 1514
Albrecht Dürer – La Melanconia, 1514

In quest’epoca caotica e frettolosa, può apparire difficilmente comprensibile come un’idea filosofica potesse avere così profonda influenza nel modo in cui si guardava la realtà, almeno nelle classi più colte. È affascinante constatare come il sapere rivestisse un ruolo fondamentale non solo in quanto bagaglio di nozioni, ma come vero e proprio strumento per “sentire” la realtà. Nella percezione della quale, negli ultimi anni di vita di Pacioli, si assiste a un cambiamento: la Riforma luterana accende in Europa la miccia dei conflitti religiosi, le rivolte contadine scuotono le corti tedesche, e l’Italia stessa perde quell’equilibrio che la saggia politica di Cosimo de’ Medici e del nipote Lorenzo il Magnifico era riuscita ad assicurare per vari decenni: quelli in cui era sbocciato il Rinascimento, e dove, fra le pieghe della Storia, si può rintracciare la “divina proporzione” del bilanciamento politico tra Firenze, Venezia, Napoli e Milano, che grazie alla mediazione dei Medici aveva garantita una certa stabilità alla Penisola. Anche in questi fenomeni politici si coglie l’essenza del Rinascimento italiano, dove a un’impossibile Unità si sostituì almeno una concertata convivenza tesa a limitare le influenze straniere, e concettualmente si realizzò una realtà politica misurabile direttamente dai suoi protagonisti. L’Italia fu, almeno in parte, uno spazio misurabile, conoscibile, dove mandare a effetto decisioni la cui ricerca dell’armonia politica si avvicinava alla bellezza platonica e si fa specchio dell’armonia matematica. Rotto l’equilibrio, si scopre una realtà flagellata da forze irrazionali, come il fanatismo religioso e la cupidigia di potere, che nessun umanista sarà in grado di contenere e controllare.

A questo bisogna aggiungere, nel 1543, la teoria copernicana; la posizione dell’uomo nell’universo, non è soltanto una questione di geografia spaziale, ma investe anche la sfera della “geografia” interiore. Concependo l’universo – come accadeva all’epoca -, opera di un essere superiore e trovarsi al suo centro implica non soltanto cogliervi il segno della benevolenza divina, ma soprattutto la possibilità di stabilire un assoluto, di dettare principi per la misurazione, anche solo teorica, delle profondità siderali, dello spazio abitabile; presupposti da cui ricavare certezze con cui fortificare la “missione” dell’uomo sulla Terra. Scoprire invece di trovarsi in un angolo imprecisato dello spazio cosmico comportò un cambiamento epocale di prospettiva, facendo sì che l’uomo si sentisse assai più piccolo e insicuro, immerso in uno spazio che conosceva meno di quanto credesse.

Piero della Francesca, Polittico della Misericordia , 1445-1462
Piero della Francesca, Polittico della Misericordia , 1445-1462

La “rivoluzione” copernicana avrebbe radicalmente cambiata la prospettiva dell’uomo in chiave universale, e la pittura del secondo Cinquecento porta in sé le prime avvisaglie di un’inquietudine che non è più soltanto l’antico tedium vitae dei Latini inciso anche da Albrecht Dürer; ad esso si aggiungono considerazioni più vaste, si prefigura l’esistenza dell’abisso dell’infinito e l’angoscia che ne deriva; le conoscenze umane non parvero più sufficienti per sondare la realtà, scompariva la possibilità di concepire l’assoluto, e di conseguenza ogni certezza umana poggiava su basi assai fragili.

Per spiegare la potenza dell’arte della scrittura, Thomas Carlyle dichiarò che a costruire la cattedrale di Saint Paul a Londra, furono la Bibbia e la parola di Mosè. Seguendo la stessa china di pensiero, si può affermare che a tracciare il sentiero per l’Esistenzialismo di Sartre, fu Luca Pacioli con il suo De Divina Proportione.

Tutte le informazioni: http://www.mostrapacioli.it/

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