Agosto è l’ultimo mese per vedere la mostra di Karel Appel, L’Art est un fête!, al Musée de l’Art moderne de la Ville de Paris (www.mam.paris.fr).
L’occasione è un’importante donazione della fondazione Karel Appel di Amsterdam al Museo di Parigi: 21 pezzi di grande valore, tra dipinti e sculture. La mostra, curata da Choghakate Kazarian, si coagula spontaneamente attorno alla carica magnetica delle opere esposte che con notevole forza narrativa scandiscono, nell’arco di 60 anni, i diversi periodi della feconda produzione dell’artista.
Il percorso si apre con “Personage vert”, scultura in legno dipinto posizionata come un idolo sul portale di ingresso: un manifesto parlante dell’estetica del movimento CoBrA; il gruppo fondato nel 1948 da Appel e da altri giovani artisti nordici -tra cui Asger Jorn e Pierre Alechinsky – che deriva il proprio nome dalle iniziali delle rispettive città d’origine, Copenaghen, Bruxelles, Amsterdam. I CoBrA si muovono nell’ambito delle avanguardie europee del dopoguerra,ribellandosi alla rigidità dell’astrattismo post cubista ormai divenuto accademia a favore di una poetica più spontanea, ispirata alle arti “povere”: al folk, al primitivismo, ai disegni dei bambini e dei pazzi (l’Art Brut di Dubuffet nasce nello stesso momento).
Nel “Carnet Psychopathologique”, esposto nella prima sala, Karel Appel affascinato da una mostra dedicata ai lavori degli internati dell’ospedale psichiatrico Sant’Anna interviene sul catalogo delle opere dei pazienti, sovrapponendo i propri disegni a quelli dei malati, in un gesto fortemente poetico e simbolico.
Nel 1951 Appel rompe con il gruppo CoBrA e le sue istanze politiche militanti per dedicarsi ad una ricerca più solitaria. Si trasferisce definitivamente a Parigi, dove abiterà per 27 anni e complice il critico d’arte Michel Tapié, si avvicina all’arte informale. La sua esuberante gestualità innesca la materia/colore di veemente capacità narrativa. Appel abbandona i temi infantili e animali del periodo CoBrA, per nudi e paesaggi sempre più astratti, che dopo il primo soggiorno americano nel ’57, si espliciteranno in opere quasi giganti per le quali l’artista olandese è stato paragonato ai contemporanei americani Pollock e De Kooning.
Seguono negli anni ‘ 70 le sperimentazioni Pop con nuovi materiali come la plastica. Particolarmente completa e significativa in questo contesto la room dedicata all’epopea “Circus” del ’78, un insieme di 17 sculture a rilievo, con le quali Appel riflette sul valore ludico e quasi dionisiaco dell’arte intesa come una festa vitale e liberatoria.
Dai primi anni anni ‘80 fino alla morte nel 2006 Appel, diventato newyorkese in maniera stanziale, ritorna al figurativismo. I temi del periodo astratto, nudi e paesaggi, riscoprono una forma marcatamente espressiva, dove il segno inquieto e materico si staglia su campiture di colore piatte, sempre più coerente e quasi epurato nelle grandi tele black and withe degli ultimi anni .
Il percorso storicizzato e completo della mostra L’Art est un fête! segue l’impostazione della retrospettiva organizzata nel 2016 al Geementmuseum di L’Aia, in occasione della quale il curatore FranzKaiser dichiarava<<voglio scardinare due clichè uno è quello per cui Appel viene sempre identificato con il gruppo CoBrA e l’altro è che Appel fosse un artista “just messing around”>>, uno cioè che “faceva confusione in giro”secondo una definizione dello stesso Karel.
Al contrario è proprio questo movimento esistenziale, febbrile, ma per nulla confuso o confondente, di psiche e corpo (Appel fu cosmopolita e viaggiatore vorace), che unitamente all’attenta dialettica con la tradizione egli ismi del mondo dell’arte, diventa sostanza della sua ricerca artistica. La mostra di Parigi lo dichiara in maniera organica, trovando una nota squillante e vivida in un filmato d’epoca che riprende l’artista al lavoro ed è proiettato su un monitor collocato proprio nel mezzo del percorso.
Il film realizzato nel 1961 vede Appel alle prese con la creazione dell’opera “Archaic Life” (il dipinto si può ammirare nella stanza successiva),l’enorme tela bianca viene violata, abbracciata, percossa da Appel e dalla furia dei sui pennelli, anzi dal colore distribuito direttamente sul quadro e poi aggiustato, raschiato, aggiunto a colpi di spatole e setole. L’artista parla poco, solo il suo gesto creativo riempie lo spazio, il suono è affidato ad un pezzo jazz incalzante, composto per l’occasione dallo stesso Appel e dal musicista Dizzy Gillespie.
<<Dipingo come un barbaro, in un epoca di barbari>> dichiara Appel, difatti ciò che il filmato ci restituisce come sintagma di tutta la mostra, è una straordinaria energia creativa , ambiziosa e potente, indirizzata ad esplorare le zone di mezzo,<< I paint in between situation>> ha detto di sé come artista. Situazioni di confine che si stendono tra tradizione e avanguardia, tra le influenze storico-culturali esterne e quelle della propria anima, tra corpo e paesaggio, tra pittura e scultura, sempre con grande coerenza e lucidità, in una lunga e prolifica carriera ancora oggi assolutamente contemporanea. Da riscoprire.
Tutte le informazioni: http://www.mam.paris.fr/fr/expositions/exposition-karel-appel