Dal 16 giugno al 15 ottobre 2017. Piranesi. La fabbrica dell’utopia, a cura di Luigi Ficacci e Simonetta Tozzi. Museo di Roma Palazzo Braschi
Se, girovagando tra i monumenti e le chiese della vecchia Roma papalina, ci venisse il desiderio di conoscere le opere del grande architetto Giovanni Battista Piranesi (Venezia, 1720 – Roma, 1778), dovremmo incamminarci sulle pendici dell’Aventino fino alla Villa Magistrale dei Cavalieri di Malta, e intrattenerci davanti al singolare ed enigmatico portale d’ingresso, per raggiungere poi, all’interno, la chiesetta di Santa Maria del Priorato. Altro non troveremmo: è questa infatti l’unica sua realizzazione architettonica. Fu il cardinale veneziano Giambattista Rezzonico Gran Priore dell’antico Ordine Ospedaliero e nipote di Papa Clemente XIII a commissionargli, nel 1765, la ristrutturazione del complesso cinquecentesco di proprietà dei Cavalieri di Malta. Ne sortì – come potremmo vedere – un composto e calcolato apparato scenografico corredato da una sorta di irenismo iconico con rimandi all’arte egizia, etrusca oltre che, naturalmente, romana.
Ma la fama del geniale architetto è legata soprattutto alla vastissima produzione calcografica cresciuta tra le parlanti ruine, le “sublimi” rovine di Roma, decadente e ipnotico paradiso degli artisti, dove giunse, ventenne, nel 1740; e alimentata da una inusitata, compulsiva passione per l’antico che egli seppe rendere vivo, attualizzandolo, con l’impeto di una poderosa forza immaginativa unita ad un implacabile rigore filologico. Un’ampia raccolta di oltre duecento acqueforti – una tecnica in cui eccelse – è esposta in questi giorni nelle sale del settecentesco Palazzo Braschi (storicamente l’ultimo edificio realizzato su committenza papale, da parte di Pio VI Braschi), che troneggia sul caotico Corso Vittorio Emanuele, appena lambito dal triplice mormorio delle fontane nella vicina Piazza Navona. Lungo le interminabili pareti l’occhio del riguardante si perde in un fantasioso capriccio di rovine, per poi ristorarsi nella quiete di una veduta architettonica che riconosce familiare, e poi ancora un altro capriccio agitato, questa volta, da un turbinio di scale e di arcate che dovette sicuramente lasciare un segno vitale nella mente matematica di Maurits Cornelis Escher.
C’è in Piranesi un modo originale di accostarsi all’antico, piuttosto con l’intento di redimerlo dal proprio stato di rovina che di riprodurlo in una facile copia da Gran Tour. Si può rintracciare un atteggiamento simile di fronte alla Storia – si direbbe – in certe sparse pagine della Scienza nuova di Giambattista Vico. Lastre di rame, acido nitrico, inchiostro: con questi pochi ingredienti e con una completa padronanza tecnica della morsura e delle sue infinite possibilità tonali, Piranesi ha scritto, in immagini, un meraviglioso corpus teatrale, protagonista l’architettura antica e moderna, e una pervasiva atmosfera amniotica che tutto avvolge e tutto rigenera.
Informazioni utili
Dal 16 giugno al 15 ottobre 2017
Piranesi. La fabbrica dell’utopia
a cura di Luigi Ficacci e Simonetta Tozzi
Museo di Roma Palazzo Braschi
Piazza Navona, 2; Piazza San Pantaleo, 10, Roma
Info: tel. 060608 www.museodiroma.it ; www.museiincomune.it