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La raffinata pittura civile di Ambrogio Lorenzetti, una grande mostra a Siena

Ambrogio Lorenzetti - Madonna che allatta il Bambino, 1325 Museo diocesano Siena Ambrogio Lorenzetti - Madonna che allatta il Bambino, 1325 Museo diocesano Siena
Ambrogio Lorenzetti - Madonna che  allatta il Bambino, 1325 Museo diocesano Siena
Ambrogio Lorenzetti – Madonna che allatta il Bambino, 1325 Museo diocesano Siena

Una grande mostra, accompagnata da un’importante monografia e da numerosi restauri delle opere, celebra l’opera pittorica del maestro senese nella sua quasi totalità, grazie anche a importanti prestiti internazionali. Santa Maria della Scala, fino al 21 gennaio 2018. www.ambrogiolorenzetti.it

Siena. Saggia e beata età, quella che dal primo Trecento giunge alle soglie splendide e malinconiche del Rinascimento, l’età del civismo comunale toscano, della nascita dei commerci e di un’attività bancaria attiva in tutta Europa, sorgenti di floridezza economica che a sua volta alimentava un diffuso mecenatismo non soltanto a carattere di promozione personale, ma pensato soprattutto ad maiorem civitatis gloriam, ovvero a fissare nella pittura o nella scultura, quella bellezza che veicolava il fasto e la potenza politica cittadina. Nel primo Trecento, la Toscana non aveva ancora raggiunta l’unità politica medicea, e numerosi erano i centri di potere: Firenze, Pisa, Lucca, Siena, la cui Repubblica rimarrà in vita fino al 1555, caratterizzata da acceso ghibellinismo, ma anche da fervente attività bancaria e di controllo dei monopoli commerciali del vino e della lana.

Ambrogio Lorenzetti - Allegoria  della Redenzione, 1338 Siena, Pinaocteca Nazionale
Ambrogio Lorenzetti – Allegoria della Redenzione, 1338 Siena, Pinacoteca Nazionale

Sul finire del Duecento i rivolgimenti politici ne avevano determinato l’approdo alla parte guelfa, e fu in questo nuovo clima che nacque Ambrogio Lorenzetti (1290-1348), il più talentuoso esponente della pittura senese antica, più tardi definito da Lorenzo Ghiberti “famosissimo et singolarissimo maestro”. Fondamentalmente noto per il ciclo d’affreschi delle Allegorie ed effetti del buono e cattivo governo in città e in campagna, realizzato per il Palazzo Pubblico di Siena, Lorenzetti ha lasciato anche un considerevole corpus di pitture su tavola. La retrospettiva Ambrogio Lorenzetti, a cura di Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini e Max Seidel, riunisce per la prima volta quasi tutta la produzione pittorica dell’artista (con l’eccezione delle due opere conservate alle Gallerie degli Uffizi), e vi affianca numerosi affreschi provenienti da chiese ed edifici pubblici del territorio senese, molti dei quali restaurati in occasione della mostra.

Ambrogio Lorenzetti - Professione  pubblica di San Ludovico di Tolosa (particolare) 1334-40 affresco staccato,  Siena, Basilica di San Francesco
Ambrogio Lorenzetti – Professione pubblica di San Ludovico di Tolosa (particolare) 1334-40 affresco staccato, Siena, Basilica di San Francesco

La grandezza di Lorenzetti la si misura nella considerazione di cui la sua opera godé nel Rinascimento, alla luce della riscoperta del pensiero applicato anche all’arte, così come relativamente alla prospettiva civile che l’arte avrebbe dovuto assumere, proprio in corrispondenza degli studi umanistici. Ad affascinare Ghiberti, ma anche Vasari, quella “dottrina” che in anticipo su Leon Battista Alberti, il senese applicò alla pittura, aprendo la strada a una nuova concezione dell’arte; fondamentali, per Lorenzetti, gli studi sulla composizione – che apportarono un maggior dinamismo rispetto alla staticità dei dipinti dei contemporanei -, gli studi sulla luce, e l’esercizio di copia da opere e statue antiche, cosa che sarebbe diventata prassi nel Rinascimento. Infine, i suoi cicli di affreschi sono generalmente popolati di esseri umani, abitanti della città e del contado, uomini e donne, giovani e vecchi, contadini e borghesi. Un aspetto non minore, che fa delle opere di Lorenzetti altrettante testimonianze di una civiltà, le cala nella storia, in un’epoca (il Trecento) e in una città che ancora oggi, probabilmente, restano un punto di riferimento per le radici della cultura e del carattere toscani: forse con un po’ di enfasi, scrive Curzio Malaparte in Maledetti toscani che a differenza dei regni, degli imperi, delle repubbliche e degli altri potentati europei dell’epoca, che dominavano su sudditi e non su cittadini, la Toscana la si poteva considerare una “casa”, un soggetto politico a misura d’uomo dove l’amministrazione cittadina era accessibile a chiunque, dove il potere manteneva caratteri di parsimonia e non eccedeva in fasto, perché, come ebbe a dire Cosimo il Vecchio, “per fare un nobile basta qualche metro di buon panno”; mentre invece, la capacità di lavorare al bene comune era attributo assai più importante. Al di là dell’enfasi malapartiana, è comunque vero che il carattere dei toscani, magri di parole e concreti nelle azioni, sobri nei gusti, scuri di carattere come le colline in un giorno di pioggia, fondamentalmente medievali nella loro parsimonia, lo si ritrova nelle architetture e nell’arte di quell’epoca così a misura d’uomo, e che il paesaggio senese ha saputo conservare nei suoi tratti principali e ancora riconoscibili.

Ambrogio Lorenzetti - Madonna in  trono,1334-1336 affresco da Montesiepi
Ambrogio Lorenzetti – Madonna in trono,1334-1336 affresco da Montesiepi

I monaci, i santi, i mercanti e i popolani di Lorenzetti sembrano usciti da una novella di Franco Sacchetti, tanto sono schietti nella loro fisionomia, in quei volti che sembrano fatti di quella stessa “terra di Siena” su cui pascolano pecore e suini, e crescono cipressi così asciutti da sembrare colonne doriche. Propugnatore di un’arte laica, storica e realista, pittore di “politica comunale”, Lorenzetti ebbe, da uomo medievale, un profondo senso del sacro, ma la combinazione di luce terrena e spirituale (mutuata dal pensiero di San Tommaso, dalla tradizione teologica e dalle poesie di Jacopone da Todi) che caratterizza le sue pale d’altare, oltrepassa la ieraticità della tradizione bizantina, e l’introduzione di un accurato realismo architettonico apporta un’ulteriore, terrena concretezza e innova la costruzione dello spazio pittorico. A livello cromatico, particolare luminosità possiedono i suoi blu ottenuti con la polvere di lapislazzulo, mentre sembra di percepire la granulosità terrosa nella perizia con cui applica l’ocra. L’evoluzione stilistica di Ambrogio Lorenzetti rispetto alla scuola senese (ma anche fiorentina) della fine del Duecento e del primo Trecento, è apparentabile a quella che intercorre in poesia fra Dante e Petrarca; il verso immaginifico, aspro, duro come le rocce del Casentino, lascia spazio alla musicalità del tosco-avignonese, allo stesso modo in cui l’acerba solennità di Giotto o Duccio viene arricchita da un senso del realismo non più basato soltanto sull’istinto del talento, ma da una straordinaria capacità inventiva corroborata da un approccio “dottrinario” alla pittura, intesa come storia di popolo che ha per soggetto principale una città e la sua comunità di cittadini, intesi come soggetti titolari di diritti e doveri.

Ambrogio Lorenzetti - Madonna col  Bambino, 1319 Museo Ghelli S. Casciano
Ambrogio Lorenzetti – Madonna col Bambino, 1319 Museo Ghelli S. Casciano

A differenza di molti artisti suoi contemporanei, Ambrogio Lorenzetti non ha lasciata una scuola, e nemmeno ha avuta una bottega con il fratello Pietro (anch’egli pittore ma assai più convenzionale nello stile); si “limitò” a proseguire in solitaria i suoi studi di luce e colore, prestandosi anche all’attività politica per conto della Repubblica, in anni non certo facili da un punto di vista economico (anche allora avevano luogo le crisi bancarie) e di agitazioni di parte (a dispetto della tranquillità vantata da Malaparte); tuttavia, la concordia per il bene comune era il fine cui mirava l’accorta classe dirigente senese, e in buona misura riuscì ad ottenerla.

A un artista così colto e talentuoso come fu Lorenzetti, in un certo senso si addice la morte che ha immaginata per lui Paolo Volponi nel racconto La fonte: si sa per certo che Lorenzetti morì a causa della peste del 1348, e lo scrittore lo immagina mentre si dibatte nel letto di morte, che si rammarica di non poter più dipingere, infuriato contro il destino avverso e beffardo. Struggente e poetica questa dipartita, al pari di un eroe di Metastasio, che, per citare Manzoni, “muore prendendosela con le stelle”.

Tutte le informazioni: http://www.santamariadellascala.com/it/mostre/ambrogio-lorenzetti/

Ambrogio Lorenzetti - Madonna  Annunziata, 1334-1336 sinopia da Montesiepi
Ambrogio Lorenzetti – Madonna Annunziata, 1334-1336 sinopia da Montesiepi

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