All’Hangar Bicocca va in scena un viaggio alle origini dell’arte del futuro. Per la prima volta dalla scomparsa di Lucio Fontana, prendono nuovamente vita i suoi Ambienti Spaziali più suggestivi. Un’occasione per scoprire l’ultimo capitolo del pioniere dello Spazialismo, ma anche per capire i presupposti delle installazioni che dominano la scena contemporanea.
Oltre la tela. L’infinito in un taglio
Scorticare la tela, oltrepassare la bidimensionalità, per irrompere nell’assoluto e perdersi nell’infinito. Le opere di Lucio Fontana (Rosario, Argentina 1899 – Varese, 1968) sono fra le più immersive e complesse del Novecento e il passare del tempo sembra amplificarne l’aurea di fascino e mistero. Eppure, se iTaglie i Buchi fanno battere il cuore di appassionati e collezionisti, la produzione più innovativa dell’artista resta poco conosciuta. A mezzo secolo dalla sua scomparsa, l’HangarBicocca posa la lente d’ingrandimento sull’esito finale della ricerca del pioniere dello Spazialismo.
Alle origini dello Spazialismo
Nato da padre italiano e madre argentina, dopo la formazione classica presso la bottega dello scultore Adolfo Wildt, Lucio Fontana inverte la rotta, per dirigersi verso il contemporaneo. La redazione del Manifesto Bianco, quale testo teorico dello Spazialismo, preannuncia il superamento dei confini pittorici, in termini fisici, concettuali ed emozionali. Gli iconici –e controversi- Tagli, lungi dall’essere dei meri sfregi sulla tela, oltrepassano la bidimensionalità e invitano ad esplorare sentieri estetici e percettivi fino a quel momento inimmaginabili. Ma la grande rivoluzione si materializza con gli Ambienti Spaziali:stanze e corridoi illuminati da lampade Wood, luci al neon e decorazioni fosforescenti. Questi labirinti disorientanti certificano il superamento delle coordinate spazio-temporali e segnano l’ingresso nella nuova era della storia dell’arte.
Ambienti Spaziali. Una mostra rivoluzionaria
Pur costituendo l’esito più radicale della ricerca di Lucio Fontana, il carattere effimero degli Ambienti Spaziali (sono infatti costruiti per essere distrutti al termine dell’esposizione), porta queste installazioni temporanee ad essere oscurate dalla tangibilità dei Concetti Spaziali e dalla matericità delle Fine di Dio. Per la prima volta dalla scomparsa dell’artista, i suoi dieci Environments più rappresentativi tornano a vivere in una mostra che unisce ricerca filologica e approccio esperienziale, riletture storiche e contestualizzazioni contemporanee.
Nello spazio Pirelli il viaggio agli albori del futuro si apre con -Struttura al Neon (1951): un corridoio fluorescente concepito per IX Triennale di Milano, al quale fa seguito una catena cronologica di suggestivi micromondi. Dall’avanguardistico Ambiente spaziale a luce nera (1949), presentato presso la Galleria del Naviglio nel 1949, al tappeto di moquette rossa realizzato con Nanda Vigo quindici ‘anni dopo, fino al labirinto bianco, concepito per Documenta nell’anno della scomparsa dell’artista. La lacerazione sul muro, come una firma, attesta il lascito culturale di un pioniere che ha anticipato le ricerche ambientali delle generazioni successive e che ha posto le fondamenta per quelle stesse istallazioni che sono solite animare l’Hangar milanese. I giochi spaziali di Philippe Parreno, il luna-park esperienziale di Carsten Holler, il teatro estetico di Cildo Meireles…hanno tutti origine da quell’iconico taglio.
FOTO STORICHE
Informazioni utili
Lucio Fontana: Ambienti/Environments
A cura di Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vicente Todolí
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