Dal Writing vecchia scuola di derivazione parigina alla calligrafia il passo è breve: giusto il tempo di fare un paio di viaggi tra Marocco, Brasile, Siria e Cina e tornare indietro. Lo sa bene L’Atlas, francese classe 1978 che proprio per le strade di Parigi ha iniziato la sua carriera come writer e che nei più disparati paesi del mondo è giunto a mutuare uno stile tutto personale di calligrafia. E non poteva che fare riferimento alle lettere il titolo della sua nuova esposizione, “Cryptograms”, che inaugura il 23 novembre alla galleria Wunderkammern di Milano.
In mostra una serie di tele che, realizzate apposta per l’occasione, mettono al centro segni cifrati che apparentemente non vogliono dire nulla. Solo dopo uno sguardo attento (e non poco straniante) quei labirinti sui toni del grigio celano in realtà parole di senso compiuto, esattamente come succede nel Writing wild style di derivazione newyorkese. E proprio da qui, dalle sue (e nostre) origini underground, inizia la nostra chiacchierata.
Raccontami delle tue origini: sei nato nel 1978 e quando Stalingrad, il “Louvre dei graffiti”, è stato distrutto avevi solo 6 anni. Cosa ti hanno lasciato graffiti artist del calibro di Bando e Mode2?
Quando ho iniziato a fare Writing i loro nomi riecheggiavano nelle mie orecchie, ma li conoscevo solo dal punto di vista artistico (mentre la frequentazione umana è arrivata molto dopo). Quello che ho ricevuto da loro è stato dunque il potere delle lettere: ammetto che non ero molto bravo nei disegni, nei characters e nei colori, mentre la loro influenza mi ha fatto concentrare tantissimo su lettering, throw up e fatcap. Insomma, ero davvero un writer.
E come sei approdato alla calligrafia?
Ho imparato in frettatutto quello che aveva a che fare con il lettering, ma poi ho pensato “Ok, adesso che ho imparato la tradizione oldschool che faccio?”. E da qui ho iniziato a pensare alle lettere sotto un’altra ottica: ho quindi cominciato a studiare, completamente da autodidatta, la calligrafia araba, quella cinese e quella ebraica. Ho così capito che i segni bianchi e neri, molto puri, molto pacifici e veloci da fare erano quelli che più si confacevano al mio spirito.
La calligrafia che fai oggi sembra la sintesi di un lungo lavoro che hai alle spalle: è così?
Lo è: ho iniziato a cimentarmiin totale autonomia nella calligrafia araba nel 1996, finché, qualche anno dopo, mentre studiavo archeologia e beni culturali, ho fatto conoscenza con un ragazzo calligrafo arabo. Dopo avere visto le mie prove calligrafiche (e avere riscontrato non pochi errori) mi ha proposto di raggiungerlo a casa sua, in Marocco: ci sono andato nel 1999. Soggiornavo all’Alto Atlante, una catena montuosa situata al centro del Marocco, ed è da qui che ho tratto il mio attuale nome da writer (Atlas significa Atlante, ndr): le persone spesso credono che questo nome sia derivato dalla calligrafia, ma non è vero!
E allora qual è la verità?
La verità è che tutto parte nel 1986,quando mi trovavo in Brasile per studiare: stavo cercando un nome da writer e il padre di un mio amico faceva l’insegnante di geografia e aveva la casa piena di atlanti geografici. Da lì l’illuminazione: “Ho trovato il mio nome”. Atlas significa mappa, è una divinità greca, è un luogo: insomma, è qualcosa di universale che va oltre il linguaggio, la cultura, che unisce tutto esattamente. Da quel momento su quel nome ho focalizzato tutta la mia ricerca e tutto il mio universo, è stato un link tra lettere e senso.
Un link che rimane vivo tutt’oggi? Le tue opere sono belle dal punto di vista estetico, ma hanno anche un significato?
La prima cosache hofatto con la calligrafia è stata quella dimischiare le lettere e gli ideogrammi per avere qualcosa che unisse forme e parole. Anche se un lavoro di questo tipo non è di facile lettura hai comunque davanti a te forme belle, rilassanti come i mandala, qualcosa che ti possa aiutare a meditare anche se non riesci a leggerlo. Sai, il significato che sta dietro alle mie lettere lo devo al sufismo, un movimento tradizionale siriano in cui si pratica la meditazione, il ballo e la scrittura. Quest’ultima si manifesta con una serie di numeri che solo apparentemente non hanno alcun significato: per capirla, infatti, devi essere in possesso di un codice interpretativo, proprio come succede nei movimenti esoterici. Questa cosa colpì molto il me 18enne: era lo stesso identico concetto che stava alla base del Writing! Sta di fatto che tutti miei progetti successici sono stati influenzati dal sufismo e dalla necessità di essere in possesso di una chiave di lettura per andare oltre al segno grafico.
Un po’ come succede nella mostra Cryptograms?
Nella mostra in Wunderkammern questa cosa è portata all’eccesso: ho infatti voluto criptare i crittogrammi per portate il fruitore dentro alle mie opere. Attraverso gli effetti delle sfumature, delle linee e dei colori, una persona che guarda i miei quadri viene risucchiata dall’opera e da questa sputata fuori. Questo perché le tele di questa serie hanno l’impatto della calligrafia e il potere del dipinto, hanno entrambi i lati di una stessa medaglia. Che poi, in fondo, è quello che più mi piace.
“Cryptograms” estenderà il suo orario di apertura in occasione dell’evento “Gallerie aperte”, organizzato dall’associazione 5VIE Art+Design e patrocinato dal Comune di Milano, che si terrà giovedì 30 novembre dalle ore 18 alle ore 22.
Informazioni utili
L’ATLAS – C
Apertura: dal 23 Novembre 2017 al 21 Dicembre 2017
Location: Wunderkammern Milano, via Ausonio 1A, 20123 Milano
Orari di apertura: da Martedì a Sabato, 11 – 19