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“Structures”. La stratificazione temporale di Matteo Procaccioli

Dal 7 febbraio al 7 marzo 2018, la  Dream Factory in  Corso Garibaldi 117 a Milano ospita la mostra di Matteo Procaccioli “Structures”. L’esposizione, curata da Angelo Crespi, è un lavoro sul tempo: più precisamente, sulla stratificazione temporale, sulla storia e sulla memoria.

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L’attenzione al cambiamento del paesaggio urbano è prerogativa di un lavoro che da anni Procaccioli sviluppa attorno agli edifici, le città, le strutture, i cantieri, che fanno intimamente parte della vita dell’uomo e che lo rappresentano – con una solidità che va oltre il tempo di molte vite – nella sue manifestazione su questo pianeta. Un’indagine di matrice esistenziale insomma, svolta attraverso l’architettura.

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Racconta il curatore Angelo Crespi nel testo critico in catalogo: “C’è nel panorama suburbano di ogni metropoli del mondo uno spazio indefinito che fa da schermo ad un tempo sospeso. Il tempo sospeso si appalesa infatti attraverso gli spazi indefiniti delle costruzioni abbandonate; esse sono metafora di quella sospensione temporale e nell’interstizio del non finito (dunque dell’indefinito) alberga l’eternità dell’istante che si prolunga a dismisura. Ragionando su “sospensione” e “indefinitezza” si coglie a pieno il lavoro di Matteo Procaccioli in questa serie di immagini, sotto il titolo “Structures”, che non possono essere definite tout court fotografie perché l’aspetto meramente documentaristico della fotografia è lasciato in sottordine rispetto al risultato quasi pittorico delle opere, in cui la postproduzione diventa il momento determinante. Il rimando specifico, dal punto di vista tecnico, è al pittorialismo e a quella corrente della Photo-Secession che ebbe nei primi anni del Novecento in Alfred Stieglitz il più influente teorico: Procaccioli sembra dirci che la fotografia può essere arte superando il realismo connaturato al mezzo, senza però dover per forza spingersi nel campo dell’astrattismo o diventando qualcosa di diverso da sé stessa con inutili sperimentalismi concettuali. Dal punto di vista dei contenuti, Procaccioli non teme il confronto con il “precisionismo” che, sempre negli Stati Uniti dopo la Prima guerra mondiale, si dedicò a rappresentare i nuovi paesaggi della modernità ridefiniti dall’industrializzazione, importando anche oltre oceano le sensibilità e le istanze estetiche del cubismo e del futurismo. Se pensiamo ai lavori fotografici di Charles Sheeler, o meglio a quelli pittorici dove viene esaltato il colore rispetto al bianco/nero o al seppia, troviamo una perfetta rispondenza con alcune immagini di “Structures” nelle quali i cieli azzurrati fanno da sfondo ai silos dimenticati che si ergono verticalmente oltre la linea orizzontale del muro in una perfetta geometria di linee. Il precisionismo filtrato dal pittorialismo permette dunque a Procaccioli di rappresentare in modo raffinato non tanto la contemporaneità dell’urban landscape quanto la sua ormai antica persistenza simbolica; quasi trasognante memoria più che semplice visione.”

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7 febbraio – 7 marzo 2018
Dream Factory
Corso Garibaldi ,117 Milano

Structures di Matteo Procaccioli
Tra precisionismo e pittorialismo un lavoro sul tempo
a cura di Angelo Crespi

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