La National Portrait Gallery di Londra ha chiuso un’ala della galleria per dare spazio ad un un evento di moda: pericolo od opportunità?
Lo scorso 19 di febbraio la National Portrait Gallery di Londra per la prima volta nella sua storia ha chiuso una sezione del museo in favore di un evento di moda parte della London Fashion Week (16-20 febbraio 2018). Anche se il pubblico non ha potuto accedere all’area in questione solo per un giorno, la decisione ha fatto comunque discutere.
La scelta trova le sue radici nella necessità dell’istituzione di reperire introiti personali da affiancare ai fondi pubblici che rappresentano il suo principale sostentamento. Così il designer di moda indipendente Erdem Moralioglu, particolarmente apprezzato dalla duchessa di Cambridge, ha potuto esporre il proprio lavoro nelle sale della galleria.
Il valore dello stilista non è in discussione. Nato in Canada, da madre britannica e padre turco, ha studiato a Toronto e successivamente al Royal College of Art di Londra, dove ha lanciato il proprio marchio. A New York ha collaborato con professionisti del calibro di Diane von Furstenburg. Recentemente ha collaborato con il brand svedese H&M, ottenendo ampio riconoscimento e la possibilità di cimentarsi per la prima volta con la moda maschile.
Ciò che desta preoccupazione è il pericoloso precedente che apre la strada a operazioni simili. Se da una parte queste operazioni rappresentano un ottimo introito economico per la galleria, dall’altra rischiano di svalutare l’identità dello storico museo londinese. Ma questa vicenda ha anche acceso i riflettori su un problema che affligge molte istituzioni culturali: il calo dei fondi pubblici. Problema che si riscontra tanto in Italia quanto all’estero. Solo la National Portrait Gallery ha visto diminuire le sue risorse del 30% negli ultimi 3 anni.
Di conseguenza l’apertura a nuove forme di guadagno sembra inevitabile, come spiega un portavoce del museo: “La galleria è un ente senza fini di lucro e deve auto-generare oltre il 70% dei fondi necessari. Affittare spazi espositivi è un flusso di reddito chiave. Viene impiegato ogni sforzo per assicurare che questa attività non abbia alcun impatto sull’accesso pubblico, ma a volte a causa della natura e della complessità di un evento è necessaria una chiusura”