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Il Bestiario del Papa: le figure simboliche del papato nel nuovo volume di Paravicini Bagliani

Il bestiario del papa - Agostino Paravicini Bagliani

Il bestiario del papa - Agostino Paravicini Bagliani

Il bestiario del papa”: le figure simboliche utilizzate dal papato nei secoli indagate dallo storico Agostino Paravicini Bagliani.

«Ci sono cose che sono soltanto cose ed altre che sono anche segni. […] Tra questi segni, alcuni sono solo dei segnali, altri dei contrassegni o degli attributi, altri ancora dei simboli».
Sant’Agostino

A quanti è capitato di notare una figura animalesca raffigurata sullo stemma di una casata principesca o su una decorazione parietale? Un mulo dipinto, un elefante intagliato nel legno o un drago scolpito: di esempi se ne potrebbero fare molti. E a chi è sorta la curiosità di sapere perché proprio quell’animale e quali significati questi porta con sé?

Dopotutto già nelle favole di Esopo la figura dell’animale è stata utilizzata come contenitore di significati, come simbolo. Questa inclinazione si è protratta nel tempo con declinazioni sempre diverse in relazione al contesto e al bisogno che il simbolo doveva assolvere. Tanto nelle arme medievali quanto in alcune opere d’arte, passando anche per istituzioni potenti e influenti come il papato. E proprio quest’ultimo è il caso analizzato nel volume Il bestiario del papa.

Dopo lavori di grande impegno e importanza – tra gli altri: Il trono di Pietro (1996), Il corpo del papa (1997), Le chiavi e la tiara (2005) – Agostino Paravicini Bagliani torna a parlare del papato e dei “secoli bui”. O almeno così venivano definiti dalla storiografia di un tempo: il Medioevo è ormai  ampiamente riconosciuto come un periodo in cui affondano le radici delle istituzioni moderne. Un millennio sempre più illuminato da studi che riportano alla luce un affascinante e quanto mai complesso periodo storico ricco di eventi, pratiche e personalità che tanta eco hanno avuto nei secoli successivi.

Questo particolare bestiario è popolato da molte creature, reali e fantastiche: dalla famosa colomba al drago, dalla fenice al pappagallo, passando per l’elefante fino all’unicorno; e poi ancora cammelli, leopardi, aquile, cavalli bianchi, muli. Un bestiario ricco di una fauna che porta con sé  connotazioni e simbologie ben precise. Le creature che vi si muovono sono figure utilizzate dal papato nel tempo come strumento di autoaffermazione simbolica o come arma di delegittimazione e di critica.

Il bestiario del papa
Andrea Delitio, Papa Gregorio Magno, affresco, 1477-81

Il volume si struttura in tre parti: la prima è riservata a due figure complesse e polivalenti, la colomba e il drago; la seconda parte tratta le altre figure di animali utilizzati con specifiche funzioni simboliche dal papato; nella terza, infine, sono trattati i casi in cui figure di animali sono state utilizzate con funzione di critica, parodia e satira (per esempio in ambito protestante).

Il 23 febbraio Agostino Paravicini Bagliani ha presentato e discusso il suo ultimo lavoro presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano durante un incontro coadiuvato dagli interventi di Pietro Silanos e Marco Giuseppe Rainini.

«La scelta della costruzione del volume in forma di bestiario – spiega l’autore- è semplice e di natura metodologica: il bestiario permette di seguire una storia, la storia di un animale, di una tipologia o di un gruppo di animali, per vedere come nel lungo periodo questa continuità si sviluppa, si caratterizza»

Ed è proprio la continuità uno dei temi cardine della costruzione simbolica, come spiega Pietro Silanos – ricercatore e professore di Storia medievale presso l’Università Cattolica: «Ogni animale, reale o immaginario che sia, è infatti indagato tenendo conto della lunga durata, non solo perché il papato è strettamente legato all’idea di continuità. […] Ad esempio la colomba, simbolo tra i più diffusi nell’iconografia cristiana, entra già nel III secolo nella storia del papato, ricoprendo una funzione simbolica di mediazione tra il cielo e la terra proprio come la stessa figura del papa».

La vicenda di Fabiano riportata da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica è esemplificatrice a riguardo: Eusebio scrive dell’elezione al soglio pontificio di Fabiano a seguito della discesa della colomba sulla sua testa “imitando chiaramente la discesa dello Spirito Santo sul Salvatore”. Ma Fabiano era un uomo “venuto dalla campagna”, probabilmente laico, e nei primi secoli del papato i pontefici venivano scelti tra i diaconi. La discesa della colomba è quindi simbolo legittimante, giustificatrice di un’elezione fuori dalla norma.

Durante l’Angelus del 27 gennaio 2013 Papa Benedetto XVI compiva il gesto di liberazione di due colombe bianche. Una di queste, appena liberata, fu aggredita da un gabbiano. Nello stesso periodo altro segno inquietante fu quello – immortalato da un fortunato fotografo – del fulmine che colpì la cupola di San Pietro. Come sappiamo quello del 27 gennaio 2013 fu l’ultimo Angelus del pontificato di Benedetto XVI. Segni rilevanti e di presagio, si potrebbe supporre.

San Pietro fulmine

Ma, al contrario, non è rilevante che anche le colombe liberate da Papa Francesco siano state aggredite da un gabbiano e un corvo; e altrettanto non è ricordato che, a ben vedere, fu necessario cambiare il parafulmine sulla cupola di San Pietro perché troppe volte colpita dai fulmini. Questa precisazione – contenuta nell’intervento di Marco Giuseppe Rainini, docente di Storia della Chiesa – ha lo scopo di rivelare un altro aspetto dei simboli e del potere di questi: «Esiste un’attitudine nel scorgere significati nei simboli […] ovvero della dominanza simbolica sulla realtà». Rainini continua ricordando che: «Dal linguaggio simbolico non si esce mai. Anche la non presenza di elementi simbolici sono un simbolo, richiamano qualcosa, come ad esempio la decisione di Papa Francesco di presentarsi senza stola e mozzetta rossa. In un caso estremo, a ben vedere, anche l’apparizione del pontefice in polo implicherebbe significati simbolici…»

Pietro Silanos pone poi attenzione sul tema della decadenza e della rinascita dei simboli nel tempo: «Il cavallo bianco, che ha dominato per secoli la scena simbolica del papato, oggi non è più usato da nessun papa. Il cavallo è dunque uscito di scena lentamente per far posto ad altri mezzi di trasporto: l’automobile entra nella storia del papato nel XX secolo e fu Pio XI il primo pontefice a farne uso. Ma questa prima automobile usata da un papa (una Graham Paige 837), al posto del cavallo bianco, era nera, non bianca! Sembrerebbe a questo punto che anche il colore esca di scena: invece il primo esempio di “papamobile” (Toyota Land Cruiser), è tornato ad essere di colore bianco, proprio come la veste papale, simbolo di cristomimesi. È dunque importante chiedersi se questi fenomeni di desimbolizzazione e risimbolizzazione siano operazioni consapevoli o date da inerzia simbolica».

Nella storia del papato sono presenti, appunto, fenomeni di inerzia simbolica: ovvero capita che certi simboli sopravvivano fino a quando, a un certo punto, non si è più a conoscenza del perché.

È uno dei complessi temi toccati da Il bestiario del papa che in definitiva getta un fascio di luce su questioni affascinanti e magistralmente indagate dallo storico bergamasco. «Un libro – conclude Paravicini Bagliani – che ha radici antiche per quanto mi riguarda. Non è una ricerca influenzata dallo Zeitgeist (Spirito del tempo) di stampo ecologista. Gli animali erano presenti anche in altre mie ricerche e con questo volume ho deciso di sistematizzare questo tema».

Il Bestiario del Papa – Agostino Paravicini Bagliani

Torino, Einaudi, 2016
pagine 378, euro 32

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