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Che fine fanno i finanziamenti al cinema?

photo of an old movie projector

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L’unico settore di produzione culturale che è stato protagonista, negli ultimi anni, di un intervento di politica pubblica e fiscale è quello cinematografico. Sono stati cambiati i criteri di assegnazione dei fondi del FUS, sono state introdotte riforme fiscali molto convenienti, ma molto poco è stato detto in termini di risultati.

Quello che è certo, è che oggi, se si è bravi all’interno dei meccanismi e delle dinamiche produttive, si può sostenere una vita agiata, produrre film che soltanto raramente vanno in sala, e avere una società di produzione investendo veramente molto poco. Tra finanziamenti statali, incentivi ai finanziamenti privati e finanziamenti sovranazionali, il settore del cinema e della TV sono stati fortemente privilegiati. Il risultato? Molti film che nessuno conosce, e Netflix che invece continua a crescere.

Ci sono, in effetti, vari modi per poter approcciare alla tematica: da un lato andare a spulciare i dati, dall’altro avviare una riflessione più ampia. In ogni caso, il risultato non cambia: il cinema italiano non sta brillando né per successo al botteghino, né per quanto riguarda critica e premi. La maggior parte dei film che vengono finanziati non rientrano nella top100 per spettatori e incassi, e sono poche le produzioni italiane che realmente possono competere con quelle di altri mercati.

Perché? Con tutti i finanziamenti esistenti, con le previsioni di politica fiscale produttiva e con tutte le agevolazioni presenti, il cinema italiano dovrebbe oggi essere molto potente sia sul versante culturale che per quanto riguarda il successo nelle sale.
Eppure, se andiamo a guardare la Top Ten stagionale (dal 01/08/2017 all’11/03/2018) tutti i film sono siglati USA. Stesso dicasi per l’anno 2017, in cui il primo film italiano ad entrare nella top ten è stato L’Ora Legale (nono) e Mister Felicità (decimo). Era andata meglio l’anno precedente (il 2016), in cui il primo e il secondo posto erano due produzioni italiane molto diverse tra loro: Quo Vado? e Perfetti Sconosciuti.

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Proprio la differenza tra le due produzioni aveva lasciato ben sperare in una rinascita del cinema italiano (insieme alla presenza, nella Top100, di film come Lo chiamavano Jeeg Robot e altri), ma è stata per lo più un falso allarme.

Ad oggi, probabilmente, assistiamo ad un’espansione del mercato della produzione e ad una contrazione sul lato della domanda. E questo dovrebbe farci riflettere: non è che, forse, la serie di agevolazioni previste (e spesso l’assenza di alcuni controlli), non abbia forse creato una “bolla” della produzione cinematografica che però non porta a nulla?

Il lato economico della cultura è una priorità. Senza di esso, la cultura (e le industrie che ne costituiscono la produzione) tendono necessariamente al fallimento. Atteso questo, tuttavia, è pur sempre vero che l’investimento in cultura non è, non dovrebbe né tantomeno dovrebbe ambire ad essere, un investimento senza ricadute esterne. Oggi lo spaccato è più o meno questo: da un lato si finanziano film che non ne avrebbero bisogno e dall’altro ci sono meccanismi che permettono produzioni che non entreranno mai nelle sale.
Probabilmente, qualche meccanismo in grado di correggere queste distorsioni di mercato dovrebbe essere applicato, no?

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