La storia dei sette Picasso di Basilea: arte e soldi, fra museo e mercato, una storia e una mostra da esempio.
“Art. Money. Museum: The Picasso Story, 50 Years Later” è la mostra che ha da poco inaugurato al Kunstmuseum di Basilea in occasione dei 50 anni dalla prima personale di Picasso tenutasi nella città svizzera. L’esposizione è intesa però anche come occasione per ricordare la storia dell’acquisizione e delle donazioni legate a quell’evento, e così interrogarsi sul senso delle acquisizioni, sul ruolo dei musei e su come le opere d’arte diventino simbolo per la cittadinanza, strumenti di identità civile e per lo spirito di appartenenza a una comunità. Riflessione conseguente: l’utilità e la necessità di investire fondi pubblici in arte.
Un tema quanto mai attuale, in questi anni in cui le acquisizioni da parte dei musei, soprattutto in Europa e in modo particolare nel nostro Paese, si sono fatte sempre più rare e difficili, anche per l’aumento vertiginoso dei prezzi delle opere nel mercato dell’arte internazionale.
L’esposizione infatti è un’occasione per riportare alla memoria la singolare storia di due opere di Picasso di cui la città è tutt’oggi molto fiera. Nel 1967 si scoprì che due opere del maestro spagnolo, “Les deus frères” e “Arlequin“, erano in realtà solo in prestito al museo di Basilea. Il collezionista Rudolf Staechelin, reale proprietario, trovandosi in difficoltà economiche aveva deciso di revocare il prestito per venderle in America. Al museo fu concesso il diritto di prelazione sulle opere, a patto che riuscisse a raccogliere circa CHF 8.4 milioni ($9 milioni) per acquistarle.
Si decise che si dovesse fare una votazione pubblica, cosa che creò molto scalpore. L’opinione pubblica era infatti divisa fra chi sosteneva che quei soldi pubblici dovessero essere investiti in ben altri modi, per esempio per case di cura e asili, mentre molti artisti ritenevano che una tale cifra dovesse esser destinata piuttosto alla creazione di un nuovo museo per l’arte contemporanea. Mentre altri artisti erano favorevoli all’acquisto dei capolavori di Picasso. Al referendum vinse il Sì, vinse l’arte e il suo valore evidentemente riconosciuto dalla maggioranza della comunità locale. Che alla fine, in realtà, vinse molto di più.
6 milioni di franchi vennero forniti da fondi pubblici, mentre la cifra restante fu un po’ per volta raccolta con una campagna di fundraising denominata Bettlerfest (sagra dell’accattone). Ma soprattutto accadde che Picasso, quando venne a conoscenza della vicenda, fu a tal punto colpito dall’attaccamento dimostrato dalla cittadina svizzera verso le sue opere, che decise di offrirle ben 4 nuove opere in donazione.
Picasso ne scelse 2, Uomo, Donna e Bambino (1906) e uno schizzo per le Demoiselles d’Avignon (1907), opere storiche e molto importanti, del primo periodo dell’artista. Al direttore del museo, Meyer to Mougins, vero grande fautore ed eroe della campagna per tenere i dipinti, spettò invece la libera scelta di altre due. Selezionò due opere tarde: Venere e Cupido e La Coppia, entrambe del 1967.
A completare l’anno miracoloso per Basilea e un totale di 7 nuove opere acquisite, si aggiunse poi anche la donazione di Maja Sacher-Stehlin, che spinta dal momento di generosità generale fece dono di un’opera del periodo Cubista di Picasso, Il Poeta, del 1912.
Nel riportare alla luce una tale storia in occasione di questa mostra l’intento è quello di sollecitare interrogativi fondamentali riguardo all‘attività dei musei, al loro ruolo, alla loro gestione e alle acquisizioni di opere. L’attuale direttore del museo di Basilea, Josef Helfenstein, precedentemente direttore della Meni Collection di Houston, ha ricordato che questa vicenda può far riflettere su come i musei non possano dipendere dai soli prestiti dei privati, dal momento che possono sempre decidere di revocarli, perchè questo vorrebbe dire vivere solo nel momento presente, senza pensare al futuro di un’istituzione, come poi di conseguenza del patrimonio culturale e indennitario di una comunità. Solo gli acquisti e le donazioni durano per sempre, ed è su questo segmento che bisogna lavorare di più, sviluppando sistemi di fidelizzazione a sostego tanto degli acquisti e normale gestione, quanto di possibili future donazioni, ma soprattutto lavorare affinché il museo possa esser sentito e riconosciuto da tutti come luogo della comunità. La morale di questa storia infatti vuole essere quella di dimostrare che solo quando c’è volontà, e innanzitutto coscienza condivisa del valore dell’arte, c’è anche sempre un modo di sbloccare fondi pubblici da destinarci e la generosità dei privati a suo favore.
La mostra espone il risultato delle acquisizioni del museo fatte negli ultimi 50 anni, incluse alcune dai depositi. Fra le opere esposte anche The Culmination, un ampio ritratto di gruppo dell’artista inglese Lynette Yiadom-Boakye (finalista Turner Prize nel 2013), acquisito solo recentemente, dopo la personale dedicatale nel 2016/2017 dallo stesso museo, a testimoniare il proprio costante e continuamente rinnovato impegno per arricchire il proprio patrimonio di opere e portare così avanti una missione non solo di tutela e conservazione, ma anche di promozione dell’arte più recente.
Art. Money. Museum: The Picasso Story, 50 Years Later
10 marzo – 12 agosto, 2018
Kunstmuseum Basel, Basilea