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Ancora tanta poesia in Dr. Nest, l’ultimo spettacolo dei Familie Flöz

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Dr. Nest è in scena al Teatro alla Tosse di Genova fino al 14 aprile

Flöz è il nome di uno strato geologico contenente preziose materie prime e questo la dice già lunga sul gruppo di artisti che lo hanno scelto per denominare la loro compagnia o famiglia come preferiscono definirsi. Il lavoro del gruppo si basa principalmente sul teatro d’espressione corporea che utilizza l’uso della maschera in maniera assolutamente particolare ed innovativa.
Da che nel 1994 la compagnia tedesca ha debuttato con ÜBER TAGE nell’Aula Magna della Folkwang-Hochschule, ha sempre riscosso grandi successi e ad oggi con le sue opere teatrali è in tournée in 34 diversi Paesi .

L’ultimo spettacolo in questi giorni al Teatro alla Tosse di Genova (dall’11 al 14 aprile ore 20,30) è indubbiamente un’altra cicca del loro repertorio. Con Dr. Nest, questo il titolo dello spettacolo, la compagnia analizza l’enigmatica cartografia del cervello e le torbide profondità dell’animo umani.

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Prendendo ispirazione dalle storie paradossali del neurologo e scrittore britannico Oliver Sacks, i Familie Flöz spalancano le porte di una casa di cura rivelando ai visitatori i mondi bizzarri dei suoi abitanti e del personale. Un mondo straordinario fatto di follia, certo,ma anche di tanta dolcezza ed umanità. Una dolcezza ed umanità che non possono non coinvolgere il Dr. Nest che attratto de quegli animi tanto malati quanto puri ed ingenui, scivola anche lui nel labirinto della follia, senza dubbio consapevole che proprio lì ci stiano la gioia e la pace che il mondo reale non sa dare.

Quei faccioni di gomma apparentemente immobili prendono vita attraverso la gestualità di chi li indossa. Il corpo parla ed attribuisce alle maschere svariati cambi di espressione che vanno dalla timidezza, alla furbizia, dalla tristezza alla gioia immensa, così come ogni volto umano sa fare quando l’anima gli detta un sentimento.

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In una scenografia roteante che rappresenta «Villa Blanca», l’ospedale psichiatrico in cui il dottor Nest arriva dopo una notte in treno, intenzionato a lasciarsi alle spalle ricordi spiacevoli e una vita dissestata, vivono strambi personaggi : dal vecchietto coi bonghi, al timidone che fa suonare la pentola col cucchiaio, al piccolo Mozart che suona il pianoforte da dio, alla donna col finto bambino avvolto in un asciugamano, fino alla vecchia dai capelli rossi che fa la maglia e porta il dottor Nest nella sua stanza a fargli vedere che il Babau esiste e quindi aver paura è più che lecito. Nest osserva, e capisce che perdere il senso dell’ordine è quasi un dovere. Dov’è il confine fra normale e anormale, fra conscio ed inconscio, fra sano e malato?… Nest non lo vede più e con quelli che non sono più i suoi pazienti, ma i suoi amici e compagni si impegna a far entrare gli uccelli che cantano nel cielo all’interno dell’ospedale.

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Alda Merini, grande poetessa e donna che ha passato un po’ di tempo in manicomio scriveva così: “Io vorrei essere aiutata, ma non a capire. Perché ho capito fin troppo. Quando ero in manicomio, e vedevo l’erba dalla parte delle radici, ero convinta (e ancora lo sono) che il grande arazzo della volontà divina lo vedano gli angeli, mentre noi, incamminati verso l’indolenza o il sacrificio estremo, non comprendiamo nulla” Questo dice tutto.

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