Siamo ormai vicinissimi alle attese aste di maggio a New York, ma le case d’asta hanno ancora gli ultimi colpi da sparare con pochi importanti lotti rimasti da annunciare, tenuti in serbo fino all’ultimo per sorprendere i collezionisti da tutto il mondo.
Così Christie’s ha annunciato pochi giorni fa l’ennesimo masterpiece per la sua Evening Sale di Contemporary: un’enorme tela (alta 2 metri) di Mark Rothko, No. 7 (Dark Over Light), del 1954. L’opera, appartenuta prima al direttore di Hollywood e CEO di Yahoo! Terry Semel, viene presentata con una stima relativamente modesta di $30 milioni, date le sue dimensioni considerevoli e i prezzi medi dell’artista.
No. 7 (Dark Over Light) fa parte di un ristretto numero di tele della metà degli anni ’50, le più ampie dipinte dall’artista. E’ proprio l’impegnativa larga scala ad accrescere l’intensità emotiva della superficie dipinta, che fa sì che le sue vibrazioni cromatiche si trasformino in potenti vibrazioni sensoriali e poi emotive.
Le ampie pennellate di volume sensoriale e gli angoli smussati, addolciti, dimostrano tutta l’ambizione dell’artista a creare una forma pura e diretta di pittura, che non avesse più alcuna mediazione di medium tecnico, ma fosse diretto messaggio allo spirito con tutta l’immediatezza di una necessaria contemplazione di fronte ad essa, per un nuovo culto ateo dell’estasi della luce e del colore, della sensazione pura di spiritualità.
Jussi Pylkkänen (Christie’s Global President) ha sottolineato: «No. 7 (Dark Over Light), viene da un ristretto ma ricercato gruppo di tele monumentali di Mark Rothko. Nel stare di fronte a questa tela splendente e vibrante, si viene completamente catturati dalla drammatica brillantezza della visione artistica di Rothko. Fra l’intesa superficie quasi in movimento e la sua epica scala, No. 7 è un perfetto esempio della capacità di Rothko di trasmettere puro potere emozionale. Data l’ampia domanda internazionale di tele di tale qualità di Mark Rothko, ci aspettiamo che No. 7 attragga l’entusiasmo dei collezionisti da tutto il mondo»
No. 7 (Dark Over Light) appartiene a quel gruppo di opere che Rothko eseguì nella metà degli anni ’50, ma che presentano questi ampi e densi passaggi in cui predominano i toni scuri, colori malinconici e cupi ma anche profondi come le profondità dell’animo che mirano a stimolare e far emergere. Con questo tipo di opere Rothko mirava a scandagliare a fondo le profondità della psiche, e sviluppare ulteriormente e più profondamente quello che da sempre era stato l’intento della sua arte, ovvero quello di esprimere ciò che lui definiva la tragica eterna natura della condizione umana, con la stessa drammatica immediatezza di cui era capace la tragedia greca.
In realtà di questo periodo sono note più le tele caratterizzate da un trionfante gioco cromatico di luce calda, di vividi rossi, brillanti gialli e profondi arancio incandescenti. Ma in una manciata di speciali tele egli introdusse anche tinte opposte, più scure in cui sprofondare con i sensi ulteriormente, vere e proprie superfici assorbenti a cui lasciare aderire lo spirito. Insieme al colore, è l’ampiezza della tela a contribuire a questo effetto, permettendo di sprofondare completamente in essa, anzi invitando proprio ad abbandonarsi a questo naufragio sensoriale che si appella direttamente all’animo, imponendosi con una dimensione tutta fisica della tela, che attiva però quella psicofisica dell’uomo in profondità.
Come lui stesso spiegava «Io dipingo queste ampie tele. Ho realizzato infatti che nella storia la funzione dei grandi dipinti era di rappresentare qualcosa di grandioso e pomposo. La ragione per cui io li dipingo invece – e questo sembra potrebbe valere anche ad altri artisti che conosco- è più precisamente perchè voglio essere davvero profondo e umano. Realizzare un dipinto piccolo è come porsi fuori dall’esperienza, guardare all’esperienza secondo un’ottica stereotipata, o addirittura con una lente d’ingrandimento. Invece se realizzi un’ampia tela, ci sei dentro. Non è qualcosa che puoi comandare»
L’intento dichiarato di Rothko era infatti quello di dissolvere quel tradizionale, e secondo lui artificiale, confine fra dipinto e tela, fra pittore e idea, fra idea e spettatore: per lui lo spettatore doveva guardare non ad una rappresentazione. L’osservazione doveva essere un’esperienza dei sensi, in una atmosfera drammatica e spirituale. Raggiungendo il culmine della sua poetica con i suoi Seagram Murals, questa vera e propria lotta pittorica dominò tutta l’opera di Rothko per almeno un decennio, fino a quando nel 1968, su indicazioni dei dottori fu costretto a tornare a dedicarsi solo a opere di dimensioni più ridotte, solitamente non più ampie di 1 m. Anche per questo No. 7 (Dark Over Light) rappresenta uno dei più completi e rari esemplari della più pura e profonda poetica di Rothko, una visione artistica, quanto spirituale, pressoché unica, capace di un fascino eterno.
«Io non sono interessato alle relazioni fra colore o forma o altro. Io sono solo interessato a esprimere le emozioni umane base, la tragedia, l’estasi, il senso di rovina e così via – e il fatto che le persone crollano e piangono a confronto con le mie tele dimostra che so comunicare queste emozioni base dell’uomo» M. Rothko
Inoltre l’opera può inoltre vantare una prestigiosa provenienza: il primo acquirente di No. 7 (Dark Over Light) fu infatti l’italiano Conte Alessandro Panza di Biumo, Sr. nel 1961, il figlio del Conte Giuseppe Panza di Biumo, importante collezionista del dopoguerra. Le opere della sua raccolta costituirono poi le basi per la collezione del Los Angeles Museum of Contemporary Art. Anche il Solomon R. Guggenheim Museum nel 1990 acquisì proprio da questa collezione più di 300 sculture minimaliste e alcuni dipinti.