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Un assistente museale tutto per te? Da oggi si può con i chatbot

Chatbot ChatbotGame a Milano
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ChatbotGame a Milano

“Ciao, benvenuto nel mondo dei chatbot per musei! Ti posso aiutare?”.

Pierrot del Museion di Bolzano, MAXXI chatbot del Museo delle arti del XXI secolo di Roma, BorBot della Reggia di Caserta, MartMuseumBot del Mart – Trento e Rovereto, sono i chatbot di alcuni dei più importanti musei d’Italia.

I chatbot sono dei software che simulano una conversazione con un essere umano. Applicati al contesto museale, potremmo dire che sono una sorta di assistente digitale che facilita la visita al museo. Come funzionano? Appoggiandosi a un’app di messagistica istantanea, come Telegram o Facebook Messanger, il chatbot del museo avvia una conversazione automatica e immediata in cui l’utente/visitatore viene guidato, attraverso opzioni predefinite, a trovare risposte alle proprie domande. Era il lontano 2002 quando il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano sperimentava un chatbot per “resuscitare” via chat il poliedrico genio del Rinascimento. Conversare con Leonardo da Vinci: un sogno. L’esperimento si rivelò fallimentare, i chatbot non sono persone, sono software, figuriamoci se possono simulare una conversazione con quel mito di Da Vinci.

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Ciao! Benvenuto sul chatbot del MAXXI

Le aspettative erano troppo alte e i tempi non ancora maturi. Il tentativo lungimirante del Museo della Scienza si è rivelato un precedente importante, da cui trarre lezione. Sedici anni dopo, i chatbot sono il nuovo trend museale. Esplorare, coinvolgere, giocare, i chatbot sono strumenti utili per la strategia comunicativa di un museo.

>>Funzionali sia all’interno del museo stesso che per uso da remoto, i chatbot creano conversazioni personalizzate da cui il visitatore può ottenere informazioni immediate sulla visita, sulla storia del museo, sulle mostre ospitate e relativi eventi. Può compare i biglietti, scoprire curiosità, giocare con quiz e indovinelli sfidando il chatbot/museo stesso. Dalla sua parte, il museo crea nuove forme per interagire e per comunicare con i suoi visitatori, stimola la fidelizzazione e ottiene informazioni importanti sugli interessi specifici del proprio pubblico.

Ultimo arrivato in famiglia nei musei italiani, a marzo, è il chatbot del MAXXI. Basta accedere alla pagina Facebook del museo e avviare una conversazione su Messanger. Ecco che si palesa il simpatico bot che ti accompagna alla scoperta del museo: dalle informazioni pratiche e di servizio (orari, prezzo biglietti, mappa…) fino ad approfondimenti tematici. Il chatbot del MAXXI non si limita a dare risposte, ma sfida persino la tua attenzione con qualche domanda sull’opera o sull’autore appena spiegato.

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Pierrot del Museion di Bolzano

Non solo! Il chatbot del MAXXI ti offre anche la possibilità di guadagnare Museum Coin, monete virtuali da spendere nel museo. Accumulandole, puoi ottenere sconti sul prezzo del biglietto, sull’oggettistica del bookshop, sui cataloghi delle mostre ecc. Una moneta virtuale per il consumo culturale. Un incentivo non da poco che sfrutta intelligentemente il desiderio di ricompensa e potenzia il coinvolgimento del visitatore.

C’è chi ha puntato su altri meccanismi di ricompensa come Pierrot, chatbot del Museion di Bolzano. Oltre a informazioni e approfondimenti, Pierrot dà la possibilità di scegliere l’immagine di un’opera e di farla stampare gratuitamente in biglietteria. A prezzo zero ti porti a casa un’immagine della collezione museale. L’accesso libero alle immagini dei luoghi della cultura è un tema ancora scottante in Italia, sebbene importanti passi siano stati fatti. Siamo tuttavia ancora lontani dalla mentalità che domina iniziative come l’International Rijksstudio Award, i cui partecipanti sono invitati a usare liberamente le immagini online della collezione del museo olandese, il Rijksmuseum, per creare opere di design. Il mantra dell’iniziativa è “Use our art to create new art”.

>>Il chatbot, se studiato con attenzione, può diventare una forma di edutainment museale ovvero il museo può educare attraverso il gioco virtuale. La sfida è di mantenere l’attenzione del visitatore sul contesto fisico in cui si muove, senza essere completamente assorbito, visivamente e mentalmente, dallo strumento digitale. Combinare il chatbot a una interattiva strategia di narrazione può essere la chiave vincente.

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Presentazione del chatbot del MAXXI

Una dimostrazione è data da ChatbotGame, un’avventura digitale via chatbot alla scoperta di quattro case-museo milanesi, rispettivamente il Museo Poldi Pezzoli, il Museo Bagatti Valsecchi, Villa Necchi Campiglio e Casa-Museo Boschi di Stefano, finanziato da Fondazione Cariplo e sviluppato da Invisiblestudio. Pensato in primis per gli adolescenti, che di solito snobbano posti come le case-museo, ChatbotGame offre un’esperienza assolutamente innovativa. La storia è semplice, ma convincente.

>>Il chatbot è un personaggio virtuale che chiede aiuto per sconfiggere un misterioso mago del Rinascimento, realmente esistito, risolvendo misteri disseminati nelle quattro case-museo. Non è un’app, che può pesare sulla memoria del telefono, sfrutta tecnologie già presenti sul cellulare e famigliari all’utente, crea curiosità, desiderio di competizione e di sfida, e soprattutto trasforma il luogo culturale in una meta attrattiva e perché no, divertente, per chi solitamente sente di avere poca affinità con questi posti.

I chatbot possono avere molte applicazioni, anche creative, nel mondo dei musei. L’importante è tenere a mente che questi mezzi non sono altro che tasselli di una strategia comunicativa più ampia che deve porre al centro il visitatore. Quando vedo su Facebook Messanger i punti di sospensione che stanno per “il museo tal dei tali sta scrivendo”, un brivido di emozione lo provo, anche se è solo un software. Il museo sta scrivendo a me, parla proprio con me.

Informazioni utili

museion.it

maxxi.art

reggiadicaserta.beniculturali.it

mart.trento.it

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