Lo scrittore, diplomatico, filologo e critico letterario è scomparso oggi a Milano all’età di 88 anni. Aveva maturando posizioni molto critiche verso il bolscevismo e il regime post rivoluzione d’Ottobre
A lui Boris Pasternak chiese di intervenire presso l’editore Feltrinelli per la pubblicazione in Occidente del suo capolavoro Il dottor Živago, di cui Feltrinelli aveva ricevuto il manoscritto. E che il suo precedente telegramma in senso opposto non doveva essere tenuto in considerazione, poiché era stato il prodotto di una coercizione esercitata su di lui dal regime. Brani di storia contemporanea, che hanno visto come protagonista Vittorio Strada, scrittore, diplomatico, filologo e critico letterario scomparso oggi a Milano all’età di 88 anni. Una vita in gran parte dedicata al suo amore per la Russia, dove dopo essersi laureato in filosofia a Milano aveva anche studiato negli anni Sessanta, maturando posizioni sempre più critiche verso il bolscevismo e il regime totalitario scaturito dal successo della rivoluzione d’Ottobre.
Nato a Milano nel 1929, è stato stato curatore della rivista Russia e a lungo collaboratore del Corriere della Sera. Oltre che traduttore, Strada è stato anche curatore dell’edizione italiana di scritti di Lenin, Trockij, Lukács, Bachtin, fra gli altri. Il suo interesse per la letteratura russa si è progressivamente esteso anche ai temi dell’attualità politica e sociale di quel paese. Nel 1968, a causa di una lettera del suo amico autore di Arcipelago Gulag Aleksandr Solženicyn scoperta in suo possesso, Strada venne fermato all’aeroporto di Mosca e tenuto in arresto per un giorno. Nel 1970 Strada vinse una cattedra di Lingua e letteratura russa all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove insegnò fino al 2003. Nel suo volume Urss-Russia (Rizzoli, 1985) si manifestò con grande chiarezza la rottura con il mito della rivoluzione d’Ottobre. Nel 1992, crollata l’Urss, fu nominato direttore dell’Istituto di cultura italiano a Mosca, carica mantenuta fino al 1996.