Direttori e curatori di grandi musei quali il Getty di Los Angeles, la National Gallery di Londra, il Musée du Louvre. Tutti in campo a sostenere la direttrice sospesa per “assenteismo”
“Per chiara fama e perché i grandissimi risultati raggiunti negli anni fanno impallidire il ridicolo metodo della timbratura”. Così una delle firmatarie motiva il suo appoggio alla petizione, riassumendo i contorni di una vicenda paradossale della quale vi abbiamo già parlato nei giorni scorsi: la sospensione di Anna Coliva dalla direzione della Galleria Borghese di Roma, nelle more di un’inchiesta a suo carico per “assenteismo”. Qualcosa che se riferito a un manager quale è un direttore di un grande museo, specie nella nuova ottica impressa dal ministro Franceschini, farebbe sorridere se non indignasse: visto che nel mondo progredito chi è caricato di importanti responsabilità viene valutato sui risultati, non certo sul rispetto di un ridicolo orario “d’ufficio”. E visto che chiunque conosce un po’ da vicino queste dinamiche sa benissimo che per un direttore di un grande museo l’”orario d’ufficio” si estende almeno per 14 ore al giorno, 7 giorni su 7. Ma ribadire ancora queste argomentazioni pare ora superfluo, tanto dovrebbero essere evidenti: anche perché i risultati ottenuti dalla direzione Coliva sono noti e inattaccabili.
Quello che dovrebbe un po’ preoccupare è piuttosto che nella petizione a sostegno della direttrice, lanciata da David Jaffè, grande studioso e senior curator prima al J. Paul Getty Museum e poi alla National Gallery di Londra (e già qui si configura una figuraccia barbina per il sistema italiano) si sono presto aggiunti commenti di questo tenore: “Combien d’heures prestées en dehors des heures de “bureau” ?? Il est grand temps d’éjecter les pointilleux de la bureaucratie et de revaloriser les gens qui travaillent avec passion”, oppure “Director’s and Curator’s work hasn’t limits of time”. Già, perché la raccolta di firme, che in una settimana ha raggiunto quasi le 2mila sottoscrizioni, si è ovviamente allargata a macchia d’olio a livello internazionale, dopo che un firmatario del calibro del professor Carlo Bertelli – storico dell’arte che non ha bisogno di presentazioni – si augurava “che si arriverà presto a 1000”. Sotto a una petizione a sostegno della “storica dell’arte che da 12 anni dirige la Galleria Borghese, trasformandola in una delle più importanti realtà museali a livello internazionale attraverso riconosciute attività di tutela, conservazione, valorizzazione, ricerca e di raccolta fondi. Tra i risultati di successo artistici, culturali ed economici, si era appena concretizzato il Caravaggio Research Institute, uno dei più importanti progetti di ricerca che un Museo italiano abbia intrapreso”.
Ed i danni non li ha certo fatti qualche ora che la direttrice dedicava alla palestra al mattino (quando probabilmente aveva fatto nottata nell’immancabile attività di pubbliche relazioni, o a seguire qualche allestimento fuori dell’orario d’apertura del museo, o a scrivere qualche saggio), ma la stupida reazione del Ministero dei Beni Culturali, esecrata da tanti prestigiosi e influenti firmatari che non faranno che confermare l’Italia come paese surreale, se non comico. Qualche nome? Direttori e curatori di grandi musei quali il Getty di Los Angeles, la National Gallery di Londra, il Musée du Louvre; Philippe Costamagna, Direttore del Musée des Beaux-Arts d’Ajaccio, Patrice Marandel, già senior curator del LACMA, Xavier F. Salomon, chief curator della Frick Collection, Michel Hilaire del Musée Fabre di Montpellier, Roberto Contini della Gemäldegalerie di Berlino, Frèdèric Mitterand, già Ministro della Cultura francese, Andreas Ubeda del Museo del Prado; illustri storici dell’arte, da Jennifer Montagu a Irving Lavin e Catherine Goguel, da Ann Sutherland Harris ad Alvar González Palacios, da Tod Marder a Philippe Morel, Olivier Bonfait, Carmen Gimenez, Francesca Cappelletti, Silvia Ronchey, Andrea Bacchi, Giuseppe Scaraffia, Francesca Balassarri, Carel von Tuyll; Louis-Antoine Prat, Presidente degli Amici del Musée du Louvre, Pierre Lungheretti; ma anche artisti come Shirin Neshat, Paolo Canevari, Marco Tirelli; collezionisti italiani e stranieri, tra cui Giovanni Giuliani, Beatrice Bulgari, Alessandra e Paolo Barillari, Raffaella e Stefano Sciarretta, Francesco Micheli, Gimmo Etro, Elie Top.
Massimo Mattioli
http://www.galleriaborghese.it/it/
4 Commenti
Andiamo bene. Si va da un ministero che non rispetta le regole del giudicato ancora in fieri, a una “comunità intellettuale” fatta di cricche, interessi “condivisi” e amichetti del quartierino, che stabiliscono il da farsi a colpi di petizioni, articoletti e mettendo in discussione pure il rispetto degli orari di lavoro.
Le regole ci sono,e con ragione.
Quelli vanno bene per i muli da soma, mica per i “managge”.
Ridicolo paese di burini rifatti. Male.
Le sfugge ancora che le “furbate” della Coliva risalgono al 2014, quando la Nostra non era una “manager”, bensì una funzionaria ministeriale. (Ah, pensi che bello se tutti i funzionari ministeriali d’Italia staccassero dall’ufficio a loro piacimento per andare a sollazzarsi in palestra, o dove pare a loro…). Inoltre, le sfugge che in un paese serio e civile i dipendenti statali non rispettano l’orario di lavoro più o meno “pedissequamente”: lo rispettano E BASTA. Ripeto, la Coliva è il peggio del peggio della Roma salottiera e dell’Italia corrotta.
La figuraccia, fino a prova contraria, l’ha fatta la Coliva, non certo il ministero che si è limitato – una volta tanto nella nostra repubblica delle banane – ad applicare la legge. Chi conosce da vicino la Coliva sa che persona sia… Invito anche a puntare l’attenzione sulle illustri personalità che NON hanno firmato quel ridicolo appello. E vorrei ricordare che nei paesi seri le persone colte nel fallo (anche per “errori” minori rispetto a quelli della cara amica di Romiti) si dimettono da sole, senza aspettare provvedimenti ministeriali. La Coliva rappresenta il peggio di questo Paese.
Non facciamo che confermare l’assunto. C’è una legge in Italia che impone a un manager il rispetto di un orario, e probabilmente anzi sicuramente premia semplicemente chi più pedissequamente lo rispetta. Fregandosene altamente se costui trascorre quel fatidico orario a leggere il Corriere dello Sport, consegnando – ed entriamo nello specifico – la media dei musei italiani alle condizioni di degrado e abbandono che conosciamo. Personalmente non ho più parole per stupirmi di tanta miopia: e ci tengo a sottolineare di non conoscere né aver mai incontrato Anna Coliva, ma di conoscerne il lavoro attraverso i risultati