Da anni i teatri sono pieni quando in scena c’è Vittorio Sgarbi. Già proprio così, il critico d’arte più irriverente d’Italia riempie le sale più di qualunque attore professionista perchè la sua energia, quando racconta, è così grande ed irruenta che affascina.
Quando entra in scena, Sgarbi apre la porta del mondo dell’arte, e quello che, senza dubbio, abbiamo ascoltato da maestri meno bravi di lui, prende la forma di storie fantastiche e meravigliose che ci portano in un mondo lontano in cui davvero si riconosce l’Italia come la culla dell’arte. E, diciamolo, il pubblico di oggi ha sempre più bisogno di cose belle, stufo di quanto vede in una tv sempre più spazzatura ed in un teatro oramai decadente anch’esso. Sgarbi che ha percepito benissimo questa esigenza, ha saputo vedere lontano, e con questi suoi spettacoli/lectio magistralis non solo accontenta il pubblico, ma lo soddisfa a pieno.
E così dopo la stagione dedicata al Caravaggio, quest’anno è tornato sui palcoscenici dei maggiori teatri italiani con un altro immortale, Michelangelo, che martedì 15 maggio alle ore 21, ha portato a Genova, al Politeama, che ha visto platea e galleria piene per la gioia dell’organizzazione.
Un progetto realizzato con le musiche dal vivo, anche elettroniche, di Valentino Corvino e le proiezioni video di Tommaso Arosio, che tiene fede alla realizzazione di un dialogo con le persone rispetto all’arte cominciato quando il Professore insegnava e che dà la possibilità di distaccarsi da un processo scolastico. Tutto studiato ad hoc per comprendere la potenza di un’opera, insomma un’operazione magica.
Il racconto di Sgarbi parte dalla Pietà realizzata nel 1497-1499 e che si trova nella Basilica di San Pietro in Vaticano, il capolavoro giovanile di Michelangelo, fino a concludersi dopo quasi tre ore di affabulazione con l’altra Pietà, la Rondanini, ultima opera dell’autore, a cui lavorò fino a pochi giorni prima di morire, quel suo non-finito in cui è più contemporaneo degli artisti contemporanei.
Un excursus storico in cui fa sfoggio di quella dialettica dinamica, viva e dissacratoria che trova tanti collegamenti anche con il nostro presente, non solo nell’arte, ma anche nell’attualità, nel gossip e nella politica. Sgarbi non si risparmia nelle parole e nella critica verso assessori, ministri, attrici, arrivando anche a caricaturizzare il presidente Mattarella. Ma nessuno si scandalizza, lui si sa, può spingersi ad oltranza, perchè malgrado il colorito linguaggio riesce comunque a farlo con la stessa classe con cui descrive le opere dei grandi pittori o scultori.
Sgarbi parla di Michelangelo come di un modello unico, assoluto, che prelude il Rinascimento, che nella sua grandezza ha cambiato per sempre il nostro rapporto con il gusto estetico. Il suo racconto questa volta non procede per accostamenti a personalità come fu con Caravaggio e Pasolini, ma si aggira nell’attualità e contemporaneità del suo pensiero, tanto grande che tutti hanno dovuto fare i conti con lui, da Giacometti a Marini, Henry Moore, Jan Fabre che alla Biennale 2011 ha portato una Pietà in cui la Vergine non ha volto ma un terribile teschio. Ma in questo viaggio Sgarbi ci riporta anche e soprattutto alla spiritualità, quella che rende grandi le opere, quella senza la quale nulla di creato dall’uomo sarebbe così bello. Ed anche se ammette di non essere tanto religioso nelle parole del professore si legge un grande avvicinamento a Dio, quel Dio che è presente in ogni raffigurazione di Michelangelo e senza il quale nessun’opera avrebbe quella scintilla che la fa brillare, che altro non è che l’anima.
Il prossimo appuntamento del tour di questo spettacolo è al Teatro Romano di Verona il 3 giugno prossimo.