Quella di cui vi stiamo per parlare è roba per veri intenditori. Per quelli che, stregati dalla storia della città mitteleuropea, tornano sempre volentieri a Berlino e ogni volta ci scoprono qualcosa di nuovo. Un locale storico che chiude e uno novello che apre, un altro murales che spunta e uno che viene cancellato, una nuova moda che diventa in poco tempo cultura, l’ennesima storia(ccia) legata ai tempi della Stasi.
Ed è proprio qui, nella fu Berlino Est che si è poi trasformata dopo la caduta del Muro, che si forma e lavora Sven Marquardt, fotografo tra i più apprezzati (e chiacchierati) del panorama della fotografia contemporanea, oltre che figura di spicco del Berghain di Kreuzberg. A lui e ai suoi scatti il Tempio del Futuro Perduto di via Nono a Milano apre le porte, ospitando la mostra “Soulmates – Il Romanticismo Oscuro della Berlino Est”, quella che gli stessi organizzatori definiscono come “un’occasione unica a Milano per conoscere da vicino uno dei personaggi più influenti e conosciuti della scenario artistico contemporaneo tedesco ed europeo”.
Già, perché è la seconda volta che “Sven” (così lo chiamano gli amici) arriva nella capitale meneghina, oltre che la prima con un’esposizione così cospicua. E davanti a un’occasione di tale portata i ragazzi del Tempio del Futuro Perduto non si sono certo fatti cogliere in fallo: dal 15 giugno al 21 luglio hanno infatti allestito quella che non ha nulla da invidiare a un’installazione di Hangar Bicocca. Con oltre 50 opere originali, tra cui fotografie di varia dimensione e interventi site-specific, la mostra porta per la prima volta a Milano in anteprima nazionale “Black Box”, installazione audiovisiva che dialoga con il ritmo e la malinconia delle sonorità techno e ambient di Marcel Dettmann.
La sua poetica si muove tra bianco e nero, scale di grigi e contrasti decisi, mentre le sue immagini, tra visioni mistiche e paesaggi oscuri, colgono personalità e sguardi provenienti dal reale che, tuttavia, vengono utilizzati dal fotografo per raccontare lo spirituale. “Le foto di Sven Marquardt – spiegano gli organizzatori – appaiono dunque come moderne icone di santi, martiri o madonne che, scrutando nell’anima, restituiscono allo spettatore un forte impatto emotivo”.