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Gli interventi artistici in azienda: oltre il collezionismo corporate. I 3 migliori casi italiani

Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4) Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)
Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)
Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)

Articolo pubblicato con il medesimo titolo su Art&Law N. 3/2018 (rivista scientifica di matrice giuridica dello Studio Legale Negri-Clementi – http://negri-clementi.it/wp-content/uploads/2018/06/ARTLAW-32018.pdf a pag. 31)

PREMESSA

Negli ultimi vent’anni il mondo dell’arte e delle imprese ha esteso le proprie interazioni oltre le semplici attività filantropiche di sponsorizzazione, promozione e relazioni pubbliche, per esplorare forme dicoinvolgimento orientate all’apprendimento. Si tratta degli interventi artistici che la ricercatrice francese Ariane Berthoin Antal – esperta in materia – definisce come: “Quel momento in cui persone, pratiche tipiche e artefattiprovenienti dal mondodelleArtientranonelleorganizzazioni per fare la differenza.”[1]

Possono durare poche ore, giorni, mesi e a volte, nei casi più esemplari, anche anni e coinvolgono tutte le forme d’arte spaziando dal teatro, all’arte visuale, fino alla musica. Lo scopo principale degli interventi artistici è mediare la logica economica dominante, tipica del mondo d’impresa, con una logica artistica-pratica, segnata dal desiderio di produrre la passione per l’arte e di contribuire ad un bene piùgrande, nutrendo la creatività e l’innovazione delle persone.

In particolare, nel rapporto tra arte e business un elemento imprescindibile è la creatività[2], l’impulso a innovare, a trovare opportunità senza avere una prova precedente dell’esistenza di un risultato garantito. L’immagine di un’impresa classica è lontana da essere un centro di creatività e per questo occorre creare all’interno dell’azienda e con i dipendenti un clima adatto per poterla sviluppare. Ad esempio negli USA la musica jazz è stata utilizzata da alcune aziende come un modo di insegnare l’improvvisazione. Musicisti jazz hanno insegnato come cercare di ottenere un risultato non preformato attraverso le jam sessions[3]. All’Università di Pennsylvania invece ha preso avvio un programma che invita i medici ad andare a visitare i musei per imparare a fare diagnosi ai loro malati. Guardare opere d’arte e poi descriverle ai pazienti induce a sviluppare una sensibilità diversa per descrivere un essere umano malato e non più un numero associato ad un letto.

La visita ai musei diventa quindi un’esperienza utile alle imprese per rinnovare la creatività, per confrontarsi con l’originalità di altre epoche, per rinfrescare l’immaginazione e sviluppare possibili soluzioni per problemi non ancora esistenti.

Sissi, Aspiranti Aspiratori, 2012
Sissi, Aspiranti Aspiratori, 2012

Il più antico e longevo esempio di intervento artistico nelle organizzazioni aziendali è la Corporate Art Collection, intesa, da un numero di imprese sempre maggiore, come una possibile risorsa per imparare a vedere e a pensare in modo diverso[4]. Lungi dall’essere considerata semplice piacevole decorazione dello spazio di lavoro, alcune collezioni d’impresa hanno lo scopo di provocare e irritare, al fine di generare una “agitazione creativa” e di ricordare ai propri dipendenti che idee e progetti “insoliti” sono i benvenuti[5].

Un’altra modalità attraverso cui gli artisti spesso fanno ingresso nelle organizzazioni d’impresa è diventando artisti in residenza e creando le proprie opere d’arte in loco. I primi esperimenti di queste residenze interattive risalgono ai progetti di Artist’s Placement Group in Inghilterra negli anni Settanta e di PAIR presso Xerox PARC negli USA.

Gli interventi artistici, oggi sempre più comuni in Europa, sono esperienze estetiche che coinvolgono i sensi delle persone, permettendogli di imparare a trattare con l’imprevisto, una capacità molto richiesta oggi dalle aziende.

Imprevisto vuole dire attivare l’improvvisazione[6]che è un altro elemento importante nel rapporto tra arte e impresa. L’arte, in particolare quella contemporanea, è spesso improvvisazione e l’improvvisazione può coinvolgere, respingere, emozionare, dare fastidio, ispirare ma non lascia mai indifferente. L’improvvisazione esprime in modo diretto quello che si vive quotidianamente e quindi anche durante il lavoro e in un’impresa. Vedere un artista all’opera è un’occasione per guardare la quotidianità in un modo diverso, trasformando ogni certezza, ogni standard in qualcosa da indagare, da mettere in discussione, da personalizzare.

All’interno del lavoro quotidiano, nelle fasi di cambiamento, è importante fare esercizi di creatività e improvvisazione per essere a proprio agio in condizioni di instabilità. Occorre esercitare la capacità di adattamento ad un contesto nuovo, che cambia e la volontà di andare aldilà della rigidità dei vecchi modelli gestionali per affrontarne di più efficaci. L’esperienza degli artisti è utile perché l’artista ha la capacità sia di focalizzarsi sul risultato, sulla produzione di un oggetto o di una performance ma anche di spingere sulla ricerca, cercando nuovi orizzonti. Approfondire il modo di agire degli artisti aiuta tutti a lavorare con maggior profitto.

Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)
Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)

La crescente pressione di essere sempre più innovativi, competitivi e reattivi nel proprio mercato diventa quindi una delle principali ragioni per cui un’impresa può decidere di attivare un intervento artistico.

Gli elementi distintivi che caratterizzano un intervento artistico sono principalmente quattro: il fatto di considerare la differenza culturale come una vera e propria risorsa; la creazione di un “interspazio” aperto temporaneamente per le sperimentazioni; la consapevolezza che gli esiti del processo artistico sono sconosciuti all’inizio; e il coinvolgimento estetico (a livello fisico, emozionale e intellettuale)[7].

CARATTERISTICHE, MINACCE E OPPORTUNITÀ

Sebbene negli ultimi anni la pratica degli interventi artistici in azienda sia aumentata e si sia diffusa notevolmente, gli artisti – nei contesti aziendali – vengono ancora percepiti da manager e dipendenti come “strani”, provocando in loro sentimenti diversi che vanno dalla sorpresa, alla paura, fino allo scetticismo[8]. Una prassi tipica nelle esperienze basate sull’arte è il sorgere di fraintendimenti che possono semplicemente disturbare (di solito all’inizio del progetto) o addirittura in alcuni casi mettere a rischio il progetto stesso oppure essere assai generativi.

La sorpresa può risultare dal linguaggio artistico, dai metodi e da un approccio aperto verso il processo. L’artista stesso può essere sorprendente e soprattutto motivante, perchégli artisti per loro natura sono capaci di diffondere e trasmettere molta energia e passione. Un sentimento di sorpresa può derivare anche dall’allontanamento dei dipendenti dalla propria routine giornaliera di misurazione delle prestazioni di business, di scarsità di tempo e risorse, di stress, di burocrazia e di controllo, per dirigersi invece verso un processo indefinito, spensierato e promettente ma dove non c’è alcuna garanzia di quali saranno i risultati alla fine. Il rischio è che l’intervento artistico appaia come una perdita di tempo, tuttavia la chiave per trasformare le perplessità dei dipendenti in qualcosa di costruttivo sta nel formulare un obiettivo chiaro per il progetto e nel comunicarlo costantemente.

Avere un obiettivo chiaro non significa che lo scopo sia preciso ma significa avere una visione molto più ampia che esprime i desideri e le intenzioni del progetto e spiega perché il processo sarà indefinito per un po’ di tempo.

Le persone a volte hanno paura di oltrepassare la propria zona di comfort e di risultare ridicole agli occhi dei colleghi nel fare attività artistiche, molto lontane dalla loro routine lavorativa. Per vincere questi sentimenti di paura, fidarsi è necessario; sia tra artisti e partecipanti sia tra partecipanti stessi.

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La qualità delle relazioni qua risulta fondamentale.

Un’altra reazione che può nascere dall’incontro con l’arte è lo scetticismo. Questo sentimento ha origine da attitudini negative verso l’arte e gli artisti in generale o nello specifico verso l’idea che gli interventi artistici nelle organizzazioni siano una perdita di tempo.

Se lo scetticismo dovesse diventare cinismo potrebbe essere altamente contro producente e facilmente rovinare l’atmosfera, quindi anche in questo caso è molto importante essere chiari circa lo scopo del progetto. È proprio lo scetticismo, secondo quanto riporta la ricercatrice danese Lotte Darsø[9], uno dei principali impedimenti ai progetti artistici. Per vincere tale reazione è dunque necessario che gli artisti si impegnino a mostrarsi fin da subito competenti ed esperti per cercare di ottenere il rispetto dei partecipanti. Ugualmente importante è per i dipendenti avere l’opportunità di dimostrare le proprie competenze e abilità agli artisti allo scopo di sentirsi a proprio agio nell’esplorare nuovi metodi e nuove tecniche per utilizzare il corpo e la voce.

Il rispetto reciproco deve così essere creato a fianco della fiducia all’inizio del progetto per ottenere uno slancio e per creare la base costruttiva degli interventi artistici. Per Darsø il potenziale valore degli interventi artistici nelle organizzazioni è compreso nel termine constructive disturbance o confusione costruttiva, concetto che illustra la tensione innata dell’incontro tra logica artistica-irrazionale e organizzativa-razionale.

Dal giusto bilanciamento di tale tensione dipende il successo o il fallimento delle esperienze artistiche; se il progetto si dovesse inclinare troppo verso l’area costruttiva i risultati potrebbero essere sì di ispirazione ma poco trasformativi, al contrario se si dovesse spingere verso l’area di disturbo il progetto potrebbe essere allontanato come insuccesso. La chiave per ogni sforzo collaborativo è lo sviluppo di relazioni di fiducia e di rispetto. La confusioneè però inevitabile quando due mondi così distanti si incontrano. Gli artisti usano linguaggi e metodi differenti, hanno priorità, focus, valori e prospettive lontane da quelle che dominano il mondo del business ma soprattutto gli artisti sono abili nel fare domande provocatorie, capaci di mettere a dura prova ‘il dato per scontato’ e aprirsi verso nuove possibilità.

L’innovazione si nutre di prospettive diverse e gli artisti tendono a presentare punti di vista che nessuno aveva considerato prima, in quanto le persone sono solite pensare dentro i confini del proprio campo di conoscenza. De-familiarizzando, l’artista “disturba” le persone, tanto da permettergli di ottenere nuove prospettive a livello lavorativo, aziendale e individuale. Gli artisti sono in grado di dare ai dipendenti di un’organizzazione un “calcio mentale” in grado di scuotere la loro mentalità così che improvvisamente siano in grado di vedere in maniera diversa[10].

Altra caratteristica degli interventi artistici è che questi si focalizzano sull’estetica nei contesti organizzativi. L’estetica è in grado di attivare e coinvolgere i sensi delle persone in diversi modi: tramite materiali, colori, consistenze, suoni, gusti od odori, e ancora ascoltare musica in maniera nuova; cantare con persone provenienti da diversi background o produrre musica insieme come metafora per creare una comunità e per risolvere i conflitti. Altri metodi estetici comprendono il movimento del corpo e la sua percezione, performance teatrali e di fotografia, storytellinge il dipingere assieme. Tutte queste modalità possono servire come ‘confusione costruttiva’.

Uno dei modi in cui la “confusione costruttiva” può esistere nelle aziende è tramite la creazione di “interspazi” che le ricercatrici Berthoin Antal e Straub definiscono come:

“Spazi sociali temporanei in cui i partecipanti fanno esperienza di nuovi modi di vedere, pensare e fare cose, capaci di aggiungere valore. Nell’interspazio, perplessità e norme organizzative sono sospese per permettere la sperimentazione.”[11]

È dalla sperimentazione negli interspazi che il valore aggiunto può fluire fuori per influenzare poi i processi e le pratiche aziendali. La misura in cui gli interventi artistici possono generare benefici dipende dalla qualità dell’interspazio, dall’esperienza e dal follow-up organizzativo.

È importante che l’intervento artistico sia esplicitamente legittimato e valorizzato dal management per evitare timori e paure dei partecipanti ad aprirsi verso nuove modalità di espressione e di fare cose.
Perciò, anche se l’inclinazione del management ad avere fiducia nel processo e nelle persone coinvolte non rispecchi la logica manageriale di controllo, questa è un fattore chiave che attiva la “collettività creando uno spazio che permetta che accadano grandi cose.”[12]

Gli interspazi hanno anche dimensioni fisiche che li connettono alla organizzazione e possono estendersi oltre la durata temporanea dell’intervento artistico. Ad esempio in un ospedale svedese un artista aveva notato che i dipendenti erano così coinvolti nel loro lavoro che non si relazionavano più tra di loro. L’artista perciò creò un accogliente giardino dove i lavoratori potevano sedersi e scambiarsi pensieri.

Quando un intervento artistico comporta la creazione di artefatti, questi possono diventare parte dello spazio lavorativo e rimanere come una traccia memorabile dell’intervento artistico, stimolando conversazioni anche anni dopo.

Berthoin Antal e Straub hanno sì descritto e mostrato il potere generativo dell’interspazio che è co-creato nell’intervento artistico ma hanno anche fatto un ulteriore passo in avanti, affermando che per tradurre queste esperienze all’interno dell’impresa è necessario un tipo di spazio integrativo, chiamato makingspace, che comprenda la riflessione e l’azione.

Gli “spazi del fare”, come gli interspazi, hanno bisogno del supporto del management per essere legittimati agli occhi dei dipendenti ma comportano una partecipazione molto più attiva nella creazione di valore rispetto agli interspazi. Nei makingspace si dipendenti condividono ispirazioni, sentimenti e capacità, sviluppate durante un intervento artistico, mettono in pratica ciò che hanno imparato nelle pratiche organizzative quotidiane e portano avanti idee co-sviluppate con l’artista.

Lo ‘spazio del fare’ prepara il terreno per l’apprendimento e il cambiamento organizzativo. Makingspacesignifica anche trovare il tempo per permettere ai dipendenti di cambiare il loro focus, da risultati di breve periodo ad un orientamento di lungo termine.

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cover ARTLAW

BEST PRACTICE ITALIANE

L’Italia – come spesso siamo abituati a leggere sui giornali – risulta notevolmente in ritardo su tali temi. Solo negli ultimi anni si è iniziato a parlare in maniera strutturata di interventi artistici e dei vantaggi che questi potrebbero portare in ambito organizzativo.

Tre sono i casi nazionali di best practice: Trivioquadrivio, Storyfactory e la Fondazione Ermanno Casoli.

La prima a capire l’importanza del connubio tra mondo dell’arte e d’impresa è stata la SrlTrivioquadrivio che dal 1996 aiuta le organizzazioni a realizzare i propri obiettivi strategici, valorizzando l’ingegnosità collettiva delle persone che le animano. Il team di Trivioquadrivio realizza percorsi che sostengono il cambiamento a ogni livello organizzativo, rispettando le specificità di ciascuna cultura aziendale e progetta interventi di formazione e ispirazione in grado di rispondere alle principali esigenze delle imprese. Il suo core business è integrare il contare (quantità ed esattezza) al raccontare (creatività e metafora) al fine di trasformare il lavoro in un progetto di sviluppo personale e condiviso.

Storyfactory è invece la prima società di consulenza italiana specializzata in Corporate Storytelling.
“Lavorare con lo storytelling”, commenta Francesca Marchegiano – StorytellingSpecialist, “non è solo definire e strutturare la propria identità: significa creare un ‘mondo narrativo’ nel quale incontrare i consumatori, attivare percorsi di “marketing narrativo” coerenti con il mondo creato, strutturare percorsi di “people management” interni all’azienda e, sulla base di tutto questo, creare esperienze immersive o narrazioni di fiction che aumentino l’engagement dei consumatori e/o dei collaboratori, trasformandoli in veri e propri fan.”[13]

Il team di questa interessante realtà unisce esperti di design narrativo, marketing strategico, branding, comunicazione e apprendimento organizzativo con un gruppo di professionisti che provengono dai mondi dell’experience design orientati a spazi corporate, mostre e musei.

Storyfactory lavora per valorizzare il capitale narrativo, definire le strategie e mettere in relazione identità d’impresa, brand e audience attraverso un metodo unico basato sulla contaminazione tra classiche competenze corporate e storytellingskills.

Ultima, ma non per importanza è la Fondazione Ermanno Casoli (d’ora in avanti FEC) istituita da Francesco Casoli nel 2007 e dedicata alla memoria del padre e fondatore di Elica Spa[14], con l’obiettivo di favorire il rapporto tra il mondo dell’arte e quello dell’impresa promuovendo iniziative dove l’arte, in qualità di ‘attivatore di pensiero’, diventa uno strumento didattico e metodologico capace di contribuire a rompere i paradigmi tradizionali del sapere comune e a migliorare la qualità degli ambienti di lavoro[15] favorendo i processi innovativi e rafforzando la creatività e la coesione sociale.

La FEC[16]si occupa quindi di formazione aziendale attraverso l’arte contemporanea, agendo da mediatore e da ponte tra questi due mondi e garantendo agli artisti piena autonomia e libertà di espressione e all’azienda coerenza e compatibilità delle iniziative con le proprie esigenze e obiettivi.

“L’arte contemporanea” ha dichiarato a tal proposito Marcello Smarrelli, direttore artistico della FEC e curatore di tutte le sue attività“è lo strumento più adatto per favorire dinamiche capaci di stimolare attività di gruppo in azienda e quindi per migliorare il team building.”[17]

La FEC ha iniziato a sperimentare le prime attività di formazione proprio all’interno di Elica, l’azienda in cui si trova la sede esecutiva, contribuendo ai suoi successi economici.

Le attività della FEC si declinano principalmente in quattro programmi: Premio Ermanno Casoli; E-STRAORDINARIO, FEC for Factoriesed Elica Corporate Collection.

Il Premio Ermanno Casoli viene attribuito a quegli artisti che nella loro ricerca mostrano una particolare sensibilità ai temi sociali, alla condivisione del lavoro e sviluppano una ricerca artistica in linea con i valori sostenuti dalla FEC. Gli artisti, durante un periodo più o meno lungo di residenza nelle aziende coinvolte, realizzano un’opera d’arte con la partecipazione attiva delle persone che vi lavorano. Per il Premio la FEC ha ottenuto il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (d’ora in avanti MiBACT).

E-STRAORDINARIO è invece un progetto di formazione che “è usato come metafora per migliorare l’ambiente di lavoro e introdurre l’arte contemporanea nel mondo della produzione industriale”: attraverso un ciclo di incontri teorici e di workshop, artisti di fama internazionale sono chiamati a realizzare un progetto artistico con i dipendenti di un’azienda. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con un trainer specializzato in formazione manageriale che traduce in comportamenti organizzativi concreti, i messaggi che scaturiscono dagli workshop. Anche per E-STRAORDINARIO la FEC ha ottenuto il patrocinio del MiBACT.

Tra i numerosi interventi artistici, si ricorda L’intelligenza del caso, progetto realizzato nel 2009 insieme all’artista Cesare Pietroiusti (Roma, 1955) che ha focalizzato il suo intervento su due temi: l’errore determinato dal caso e lo scambio economico. L’obiettivo è stato quello, da un lato, di riconoscere e utilizzare creativamente il caso, l’effetto collaterale, l’errore e dall’altro di riflettere sulla rigidità e sull’immutabilità dei paradigmi e dei metodi propri dei processi economici, intesi come scambio di beni e denaro. Attraverso il lavoro artistico sono state formulate soluzioni alternative e paradossali di scambio economico, in cui il denaro smette di essere l’equivalente generale per l’acquisizione di beni e per l’attribuzione di valore. Il workshop è stato strutturato nell’arco di due giornate, la prima delle quali è stata dedicata alla riflessione sulle ipotesi critiche, durante la seconda giornata, invece, sono stati realizzati duemila disegni utilizzando fumo di candela e vino rosso, elementi che provocano sulla superficie del foglio effetti inaspettati, impossibili da prevedere e controllare. Una volta pronti, i disegni sono stati disposti lungo una grande parete negli spazi interni di Elica, a formare un’opera intitolata Duemila disegni da portare via e destinata a disperdersi progressivamente. Chiunque passi davanti, infatti, può liberamente prendere uno dei disegni, impegnandosi, in cambio, a rispettare le seguenti indicazioni: chi prenderàun disegno fatto col vino dovrà ricollocarlo nello stesso luogo entro un anno, dopo avergli fatto compiere un’esperienza di cui il foglio porterà traccia; chi prenderà invece un disegno fatto col fumo di candela, dichiarata opera incompiuta, dovrà bruciarla per raggiungerne il compimento, oppure potrà scegliere di tenerla non finita. Queste regole, stabilite collettivamente durante la prima fase del workshop, sono esplicitamente dichiarate sui singoli disegni attraverso un timbro e contribuiscono così all’evoluzione e alla trasformazione del lavoro nel tempo.

Nell’ambito di E-STRAORDINARIO rientra E-STRAORDINARIO for Kids, ciclo di workshop formativi nato inizialmente per i figli dei dipendenti di Elica e realizzato poi anche in altri contesti. I giovani vengono fatti entrare attivamente nel processo creativo dell’artista, con la convinzione che l’arte contemporanea svolga un ruolo fondamentale nella formazione delle nuove generazioni.

FEC for Factoriesè una originale modalità di interazione tra arte e impresa che introduce l’arte contemporanea nel vivo dei sistemi produttivi. L’obiettivo è quello di far scoprire ai dipendenti delle aziende nuovi linguaggi e inesplorate procedure di lavoro e per fare ciò gli artisti sono invitati a confrontarsi con i processi creativi che precedono la realizzazione di un oggetto industriale, coinvolgendo designer, ingegneri, specialisti del marketing, prototipisti e operai specializzati nel percorso progettuale, sperimentando in questo modo nuovi processi, linguaggi o campagne di comunicazione.

L’intervento artistico non vuole infatti creare nuovi prodotti, ma introdurre una nuova metodologia da cui potrebbero scaturire, a seconda delle interazioni e dei contesti, nuove procedure, nuovi prodotti od originali campagne marketing.

Nel 2012 il progetto Aspiranti Aspiratori dell’artista Sissi (Bologna, 1977) ha sperimentato una nuova metodologia co-partecipativa tra arte e industria, cimentandosi nel compito di ripensare il concetto di purificazione dell’aria. L’artista, in linea con la sua attitudine a rinominare e classificare la realtà, è partita dalla formulazione di un nuovo concetto, l’Organindustria. Secondo questa nuova metodologia, l’artista viene ospitato all’interno dell’impresa, familiarizza con l’ambiente fino a farne il suo corpo, riempiendolo di contenuti. L’industria, trasformata nell’organismo dell’artista, inizia a funzionare in un continuo e incessante scambio osmotico. Per questo, Sissi ha fatto costruire nell’Headquarters della leader mondiale nella produzione di cappe da cucina ad uso domestico, all’interno del Laboratorio Prototipi, il suo atelier, che ha chiamato ‘Cubatrice’. In questo spazio protetto, limitato ma aperto a tutte le interazioni, i dipendenti dell’azienda hanno visto nascere e crescere le opere dell’artista, diventando partecipi e complici di questa genesi, gettando le basi di un metodo di lavoro diverso e nuovo.

I modi di fare e di pensare dell’azienda hanno iniziato a comunicare in maniera osmotica con quelli dell’artista, contaminandosi e confondendosi fino a diventare un unico pensiero creativo. Da questo delicato processo di contaminazione e di scambio sono nati disegni, collage, riflessioni, sculture che hanno contribuito alla narrazione della nascita di dieci Aspiranti Aspiratori, cioè dieci potenziali oggetti destinati a purificare l’aria, ciascuno con un’identità ben definita e con un nome che indica un concetto chiave, coerente con la sua forma e le sue funzionalità. Secondo il processo di selezione che sta alla base delle teorie sull’evoluzione e che viene applicato in questo caso alle macchine, Sissi ha realizzato tre dei dieci Aspiranti Aspiratori.

Il progetto Aspiranti Aspiratori, presentato in occasione della 51a edizione del Salone Internazionale del Mobile (Milano, 2012) presso lo spazio Elica AirFactory nel quartiere Brera e al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, è approdato l’anno successivo in Cina dove Elica ha uno dei suoi stabilimenti.

La FEC infine gestisce, cura e valorizza la Elica Corporate Collection esposta presso gli spazi dell’Headquarters di Fabriano. Caratteristica di questa collezione d’impresa è che le opere sono nate esclusivamente dalle collaborazioni dirette degli artisti con i dipendenti di Elica durante le attività di E-STRAORDINARIO e non da acquisizioni.

“In almeno due aree si hanno risultati particolarmente favorevoli: la prima è quella dell’identità, rafforzando il senso di appartenenza dei dipendenti; la seconda è la conoscenza attraverso l’estetica perché il “se faccio imparo” permette esperienze molto più arricchenti”, spiega il direttore artistico della FEC Marcello Smarrelli. “Un’azienda che si confronta con l’arte contemporanea viene percepita come dotata di maggior sensibilità in quanto l’arte tocca aspetti molto importanti della persona sia dal punto di vista emotivo che cognitivo. L’arte è uno strumento eccellente anche per parlare di innovazione. Nel mondo economico conta la capacità di adattarsi rapidamente a situazioni nuove, di trasformare i punti di vista. Progettare insieme agli artisti aiuta a rompere con le convenzioni e i pensieri acquisiti.”[18]

Il caso della Fondazione Ermanno Casoli contribuisce a sostenere, più di ogni altra, la teoria che se gli interventi artistici sono ben strutturati, coerenti con gli obiettivi corporate e comunicati e condivisi in modo efficace e chiaro ai partecipanti, sono capaci di produrre benefici e vantaggi per le organizzazioni aziendali ospitanti.

Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)
Cesare Pietroiusti, Duemila disegni da portare via, 2009. Installation view (4)

[1]Skoldberg U. J. &Woodilla J. & Antal B. A. (2012). Artisticinterventions in organizations. Research, theory and practice. Routledge, p.3.

[2] Anderson M. L. (2007). Creatività al servizio del business in Art for Business – Il valoredellearti per le organizzazioni, Vita&Pensiero, p.30

[3]La jam session è unariunione, regolare o estemporanea, di musicistichesiritrovano per una performance musicale senza aver nulla di preordinato, di solitoimprovvisandosugriglie di accordi e temiconosciuti.

[4]Barry D. &Meisiek S. (2010). Seeing More and SeeingDifferently: Sensemaking, Mindfulness, and the Workarts. Organization studies 31 (11), p. 1511.

[5]Barry D. &Meisiek S. (2010). Seeing More and Seeing Differently: Sensemaking, Mindfulness, and the Workarts. Organization studies 31 (11), p.1512.

[6]Antonini P. (2012). Esplorare le parole in Art for Business – Il valoredellearti per le organizzazioni, Vita&Pensiero, p.54.

[7]BerthoinAntal A., seminario: Leadership insights from artistic interventions in organization, 18 novembre 2016, UniversitàCattolica di Milano.

[8]Skoldberg U. J. &Woodilla J. &Antal B. A. (2012). Artistic interventions in organizations. Research, theory and practice. Routledge, p.23-24

[9]Darsø L., ProfessoressaAssociata di Innovation Learnigpresso la Danish School of Education all’Università di Aarhus, in Danimarca.

[10] Barry D. &Meisiek S. (2010). Seeing More and Seeing Differently: Sensemaking, Mindfulness, and the Workarts. Organization studies 31 (11).

[11]Skoldberg U. J. &Woodilla J. & Antal B. A. (2012). Artisticinterventions in organizations. Research, theory and practice. Routledge, p.25

[12]Skoldberg U. J. &Woodilla J. &Antal B. A. (2012). Artistic interventions in organizations. Research, theory and practice. Routledge, p.39

[13]Il corporate storytelling nell’era del digital – parte 2 (http://www.storyfactory.it – consultatoad aprile 2018)

[14]Elica Spa, natanel 1970 a Fabriano, è a capo di un Gruppomultinazionale, leader mondialenelsettoredellecappe da cucina. Dal 10 novembre 2006 l’azienda è quotata in borsa e neglianniilsuomercatosi è diffusoanche a livellointernazionale con ottostabilimentitra Italia, Polonia, Germania, Messico, India e Cina, dove lavorano circa 3.700 persone e con un fatturatoconsolidatochesiaggiraintornoai 421,6 milioni di euro.

[15]Elica Spa dal 2008 al 2012 è stata inserita tra i Great Place to Work vincendo come miglior ambiente di lavoro in Italia e in Europa nel 2011 e 2012. Nel 2014 ha vinto il premio CULTURA+IMPRESA 2014 per le attività della Fondazione Ermanno Casoli.

[16]Attualmente la FEC è diretta da Viviana Cattelan insieme alla direzione artistica di Marcello Smarrelli. Nel comitato scientifico figurano personalità di spicco del mondo artistico e culturale italiano, tra i quali Pippo Ciorra, docente universitario e Senior Curator al MAXXI di Roma per la sezione Architettura, Pier Luigi Sacco, Professore di Economia della Cultura e direttore di candidatura di Siena Capitale Europea della Cultura 2019, Andrea Zegna, architetto e curatore della Fondazione Zegna, Anna d’Amelio fon- datrice e direttrice della Fondazione Memmo Arte Contemporanea, Raffaella Frascarelli Presidente della Nomas Foundation e Cesare Pietroiusti, artista.

[17]Art Economy 24 (2014). La FondazioneErmannoCasoli: l’artediventaformazione. Intervista al direttoreartistico Marcello Smarrelli.

[18]Intervistatelefonica al direttoreartisticodella FEC, Marcello Smarrelli (Maggio 2018)

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