Mary Shelley: la passione che genera mostri. Al cinema dal 22 agosto la storia della ragazza che ha creato Frankenstein
Quella di Mary Shelley è stata una vita fuori dal comune e quest’anno ricorre il bicentenario della pubblicazione di Frankenstein.
Haifaa Al Mansour, la regista del film, e la sceneggiatrice Emma Jensen costruiscono il film, tassello dopo tassello, per restituire la modernità di una figura come quella di Mary Shelley, in un tempo in cui un romanzo pubblicato da una donna era cosa non contemplata. La madre, Mary Wollstonecraft, era una scrittrice femminista (sobillatrice e rivoluzionaria, quindi), il padre, William Godwin, era invece un romanziere, filosofo e libraio, tra i primi teorici dell’anarchia. La madre della nostra protagonista però muore presto e lei si ritrova osteggiata, come una qualunque Cenerentola, dalla matrigna che la disapprova nel suo amore per la scrittura.
L’incontro con il poeta Percy Shelley sembra indicarle la via: una vita di amore, passione, scrittura e libertà. Purtroppo per Mary in serbo per lei il futuro ha tutt’altri piani. Lui è già sposato, ha una figlia, ma il loro amore sembra essere diverso, superiore: benedetto dalle muse. Mary a 17 anni scappa di casa col suo principe poeta, sognante e sporcaccione, portandosi appresso la sorellastra (interpretata da una sempre stupenda Bel Powley, già vista in Una notte con la regina, Diario di una teenager e Equals). Inizia così un’avventura che avrebbe rivoluzionato la storia della letteratura moderna. Scandalo, tragedia e miseria economica si intrecciano nell’impegno per una vita non convenzionale e libera. Ma anche l’utopia di un amore nuovo, diverso, deve fare i conti con la realtà delle proprie passioni, con la responsabilità delle proprie dipendenze.
È nella villa a Ginevra di Lord Byron (un sempre ottimo Tom Sturridge – Effie Gray, Song to Song) che gli ideali vanno verso crepuscolo che gli è proprio e Mary Shelley inizia a creare la più famosa delle creature. Il seme di Frankenstein, o il moderno Prometeo è qui che inizia a germogliare. L’idea del romanzo nasce durante un gioco di racconti con protagonisti demoni e fantasmi. Il Dottor Polidori, anche lui della compagnia, creò Il Vampiro (con una storia editoriale che lo manderà ai matti) e Mary Shelley, attingendo al suo dolore, alla frustrazione, al senso di abbandono e isolamento, diede vita al mostro di Frankenstein e al suo capolavoro immortale. Aveva 19 anni.
Questo episodio incredibilmente suggestivo -scrittori libertini rinchiusi in una villa durante un’estate piovosa- è al centro di Gothic, capolavoro di Ken Russell del 1986, è bene ricordarlo.
Haifaa Al Mansour è la regista dei primati. Prima regista donna dell’Arabia Saudita, il suo La Bicicletta Verde (presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2012) è stato il primo film interamente girato in Arabia, è inoltre la prima regista araba a girare un film a Hollywood. Sembra quindi la scelta più ovvia per il biopic di una pioniera della letteratura moderna. Haifaa Al Mansour dirige il film con una leziosità febbrile, cercando trasmettere sia la passione che la disciplina del processo creativo di scrittura. Il taglio della sceneggiatura è a fuoco, ma la regia non ha guizzi e soccombe all’allestimento “in costume”, perdendo un po’ per strada, purtroppo, l’incredibile modernità della storia.
Elle Fanning, nei panni di Mary Shelley, si conferma un’attrice acuta, sensibile e incredibilmente talentuosa. Douglas Booth, nel ruolo Percy Shelly (già visto in Posh e Pride and Prejudice and Zombies), è molto bello.