La sua carriera accademica si sviluppò fra Bologna e Parigi. A Milano collaborò stabilmente con la Fondazione Mazzotta, dove era membro della direzione artistica e del comitato scientifico
“Le qualità scientifiche ed umane, la piena disponibilità all’ascolto del sociale come del singolo studente sono state più salde e più coraggiose della complessità contemporanea e dei numeri sempre più elevati delle folle di allievi che, grazie a lui, per quasi quarant’anni hanno coltivato la passione del conoscere”. Con queste parole l’allora magnifico rettore Pier Ugo Calzolari conferiva la massima onorificenza dell’Università di Bologna, il Sigillum magnum, a Pietro Bellasi, sociologo e studioso di antropologia dell’arte, docente per decenni presso la stessa Alma Mater e alla Sorbona di Parigi, scomparso ieri a Milano all’età di 86 anni. Cittadino svizzero e italiano, laureatosi in Sociologia presso la Faculté de Sciences Economiques et Sociales di Ginevra, nel 1971 Bellasi iniziò ad insegnare Sociologia a Bologna, dove è stato titolare della cattedra sino al 2004, tenendo anche corsi di Sociologia dell’arte a Scienze della comunicazione pubblica e sociale. Dopo il pensionamento, trasferitosi a Milano, collaborò stabilmente con la Fondazione Mazzotta, dove era membro della direzione artistica e del comitato scientifico, ideando e curando in Italia e all’estero numerose mostre di tipo socio-antropologico e di arte contemporanea. Fra le mostre e cataloghi da lui curati si ricordano “Giacometti e l’arcaico”, Nuoro 2014; “Corpo, automi e robot”, Lugano 2010, “I Giacometti. La valle e il mondo”, Milano e Mannheim, 2000-2001; “Un diavolo per capello”, Bologna 2005; Tinguely e Munari, La Spezia, 1994.