Ambizioso e impaziente, sempre desideroso di lavorare in grande. Pennellate audaci e plateali con cui definisce le forme. Fenomenale velocità di esecuzione, massima abilità nella scorciatura. Visionario e virtuoso. Tutto il “genio terribile” di Tintoretto in mostra a Venezia, in due sedi.
“..Quanto alla pittura, penso di non aver saputo che cosa significasse fino a oggi – quello ti delinea la tua [sic] figura con dieci tratti e la colora con altrettanti. Non credo che gli servissero più di dieci minuti per inventare e dipingere una figura intera. Prende il via e accumula schiere su schiere, moltitudini che nessuno riesce a contare – senza mai fermarsi, senza mai ripetersi – nuvole e vortici e fuoco e infinità di terra e mare, per lui niente fa differenza” (John Ruskin)
Nuvole e vortici. Fuoco e infinità di terra e mare. Nessuna differenza. In pochi minuti mescola il tutto per crear capolavori… Un John Ruskin estasiato e “veneziano”, inebriato della mano di Tintoretto, descrive le mirabili abilità del tintor con una lettera indirizzata al padre nel 1845. Sono passati 500 anni dalla nascita di quel figlio di Venezia, figlio di un mastro tintore di stoffe. La sua città, orgogliosa, lo celebra. Rende omaggio al suo “terribile genio”, violento e visionario. Lo fa nel migliore dei modi possibili. Perché Venezia è Tintoretto e Tintoretto è Venezia. Lo fa con un doppio macro appuntamento sotto l’egida di Tintoretto 500, a più di 80 anni dalla mostra a lui dedicata nelle sale di Ca’ Pesaro (1937) grazie a una impegnativa quanto feconda coproduzione internazionale che unisce Fondazione Musei Civici di Venezia e National Gallery of Art di Washington.
Ambizioso, aggressivo, impaziente. Tutte le commissioni dovevano essere sue. In qualsiasi modo. Bisognava portarle a casa. Poi, pennellate audaci e plateali per definire le forme e una fenomenale velocità di esecuzione. La nascita di un nuovo linguaggio pittorico: non solo con ardite soluzioni tecniche e stilistiche (basti pensare alla “scorciatura”), ma anche con sperimentazioni iconografiche che segnano un punto di svolta nella storia della pittura veneziana del Cinquecento.
Due sedi e numerosi appuntamenti e collaterali sparpagliati per la città, per offrire una fondamentale (e definitiva) opportunità di approfondimento storico-critico sul pittore, per illustrarne lo straordinario narratore che fu, abile regista di azioni dipinte e colorista sofisticato. Gli ingredienti ci sono tutti: i prestiti provenienti dalle più importanti istituzioni pubbliche e private del mondo; i recenti studi e gli illuminanti interventi conservativi degli ultimi due decenni per un’analisi rigorosa dei dipinti e della loro cronologia; i focus ad hoc proposti della mostra, vedi il modus operandi del pittore in un percorso suddiviso in tre sale con dipinti, bozzetti, studi preparatori e disegni, dati tecnici e modelli restitutivi in ceroplastica.
Scrisse Henry James: “Tiziano fu sicuramente un poeta vigoroso, ma Tintoretto, bene, Tintoretto fu quasi un profeta”
IL GIOVANE TINTORETTO – GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Si parte idealmente da “Il giovane Tintoretto” alle Gallerie dell’Accademia -curata da Roberta Battaglia, Paola Marini, Vittoria Romani- per ripercorrere in 60 opere, il primo decennio di attività del pittore veneziano. Dal 1538, anno in cui è documentata un’attività indipendente di Jacopo Robusti a San Cassiano, al 1548, data del clamoroso successo della sua prima opera di impegno pubblico, il Miracolo dello schiavo, per la Scuola Grande di San Marco. Seguendo un ordine cronologico articolato in quattro sezioni, il percorso indaga quel periodo tuttora fortemente dibattuto della formazione di Tintoretto, non facilmente riconducibile a una bottega o a una personalità individuata, mettendolo in relazione con il contesto artistico e culturale veneziano degli anni trenta e quaranta del Cinquecento. In questo modo verrà chiarito come Jacopo Robusti acquisì e trasformò i suoi modelli per sviluppare uno stile drammatico e rivoluzionario, attraverso le suggestioni ricevute da Tiziano, Pordenone, Bonifacio de’ Pitati, Paris Bordon, Francesco Salviati.
TINTORETTO MATURO – PALAZZO DUCALE
Si dice che in gioventù Tintoretto avesse scritto sulla parete del suo studio: “Il disegno di Michel Angelo e ‘l colorito di Titiano”. È una sintesi che ben si riflette nelle sue opere della maturità.
Ci trasferiamo nella sale dell’Appartamento del Doge a Palazzo Ducale. Qui in scena la piena e consapevole maturità di Tintoretto. A curare la mostra (così come sarà per quella di Washington, prevista l’anno prossimo) sono gli studiosi americani, tra i massimi esperti di Tintoretto, Robert Echols e Frederick Ilchman, che da anni hanno concentrato le loro ricerche sulla definizione del catalogo complessivo dell’opera di Jacopo.
Con 50 dipinti e 20 disegni autografi di Tintoretto, unitamente ai famosi cicli realizzati per il palazzo dogale tra il 1564 e il 1592 – visibili nell’originaria collocazione – l’esposizione permette dunque di riscoprire pienamente la pittura visionaria, audace e per nulla convenzionale di Jacopo Robusti. Colui che “come un granello di pepe capace di sopraffare dieci mazzi di papaveri” -come scrive l’amico commediografo Andrea Calmo- seppe sfidare la tradizione consolidata incarnata da Tiziano, sbalordendo e scegliendo di innovare.
Un nuovo linguaggio pittorico. La mostra ce ne dà conto. Con la sua audacia creativa e l’alchimia del pennello, Tintoretto porta la pittura a olio in una direzione diversa da quella fino ad allora sviluppata dai predecessori. Ambizioso e impaziente, sempre desideroso di lavorare in grande, sviluppa una tecnica che gli permette di coprire rapidamente ampie tele. Sembrava “disegnasse con il pennello”. Tintoretto era anche un colorista ingegnoso, come attestano alcune opere sacre commissionate da Chiese e Confraternite tra la fine degli anni Quaranta e la metà del Cinquecento.
Non manca una ricca galleria di ritratti, che ci rivela come Tintoretto, a dispetto di quanto la critica riteneva un tempo, fosse anche abile interprete della psicologia umana. Sono ben 15 i dipinti di questo genere in mostra. Emblematici e rivelatori sono i due autoritratti con cui si apre e si chiude il percorso espositivo, eseguiti uno all’inizio e uno alla fine della carriera di Jacopo e prestati rispettivamente dal Philadelphia Museum of Art e dal Musée du Louvre. Con la perla del Louvre, Tintoretto ci saluta, ormai settantenne. Il pittore sembra guardare nel profondo di se stesso, in contemplazione della propria mortalità. Quasi trecento anni dopo, Edouard Manet, il grande pittore francese della vita moderna, lo definì “uno dei più bei dipinti al mondo.”
UNA SELEZIONE DI CAPOLAVORI IN MOSTRA
Tutte le informazioni: http://palazzoducale.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/mostra-tintoretto/2018/02/18903/tintoretto/