Piazza Vittorio, è in sala il documentario di Abel Ferrara con Matteo Garrone e William Defoe
Piazza Vittorio di Abel Ferrara, presentato fuori concorso durante la 74^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è arrivato nelle sale questa settimana.
Abel Ferrara ci porta in giro per la grande piazza romana, diventata nel tempo uno dei luoghi-simbolo della convivenza multiculturale in Italia.
Piazza Vittorio è un’operazione gioiosa ma priva di acume, che affronta l’integrazione e la convivenza multiculturale senza un preciso progetto. Abel Ferrara è parecchio lontano dalla verve di Milano, Via Padova, il brillante documentario di Flavio Mastrella e Antonio Rezza: corrispettivo milanese di Piazza Vittorio, ben cinque anni fa raccontava con sagacia e una giusta dose di surrealismo gli esiti della convivenza fra migranti e residenti nella periferia milanese.
Piazza Vittorio ha più l’aspetto della paginetta di diario, un raccontino molle e divertito che finisce col confermare il più banale stereotipo dello sguardo americano sull’Italia, in questo caso sul microcosmo racchiuso fra via Merulana, San Giovanni e Colle Oppio (dove il regista vive da tre anni con la compagna Christina).
Abel Ferrara aveva avvertito a Venezia: nessuna pretesa di oggettività, solo il racconto della sua Roma, un racconto che manca però di una progettualità minima.
In Piazza Vittorio Woody Guthrie che canta del sogno californiano si giustappone a Chitarra Romana nelle versioni di Gabriella Ferri e Claudio Villa, mentre la camera di Abel Ferrara (spesso presente in prima persona nel girato) incontra il volto e la voce degli immigrati, ripresi purtroppo come fossero parte dell’arredamento della piazza.
Di seguito troviamo Matteo Garrone, che vive da tempo a Piazza Vittorio (e che l’ha pure raccontata nel suo film Estate Romana, presente nel documentario di Abel Ferarra sotto forma di inserti) ma che evita di parlare – almeno di fronte alla camera – del rapporto col nuovo inquilino della piazza: Paolo Sorrentino.
Continuando la passeggiata incontriamo Willem Defoe, attore feticcio di Abel Ferrara, una processione religiosa e alcuni militanti di Casapound che, intervistati da Abel Ferrara nella sede di via Napoleone III, non perdono l’occasione per ribadire le loro solite desolanti (e pericolose) opinioni razziste.
Chiude la carrellata Sonia, la simpaticissima ristoratrice cinese che racconta con accento romano della brutta rapina subita anni addietro e della sua passione per Mao Zedong.
Piazza Vittorio vuole anche essere un’operazione nostalgica (fortunatamente è stata evitata la citazione di Ladri di Biciclette) ma scade nella banalità del degrado temporale. Siamo purtroppo lontani dai fortunati e coraggiosi esiti del suo Pasolini (anch’esso presentato a Venezia, fuori concorso nel 2014), in cui la città di Roma – col suo aspetto millenaristico e decadente – era parte integrante del racconto. Quella di Pasolini era una Roma notturna e ferina, pronta a divorare desideri e amarezze, una rappresentazione funzionale al racconto, sperimentale e coraggioso, degli ultimi giorni di vita di PPP.
Archiviata l’esperienza di Piazza Vittorio Abel Ferrara rimane a girare in Italia: questo inverno con Willem Defoe e Isabelle Huppert sulle Dolomiti e successivamente per dedicarsi a un progetto su Padre Pio.