Omaggio a Roma: presentata la monumentale opera di Daniel Buren: un’installazione architettonica di 370 metri quadri nel centro storico di Roma, tra via del Corso e Fontana di Trevi.
Roma – Entro l’estate del 2019 una monumentale opera di arte contemporanea in situ di Daniel Buren – Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1986 e opere disseminate nei più diversi siti di tutto il mondo – verrà installata sulla parete esterna ‘cieca’ e mai finita di Palazzo De Angelis, magnifico edifico in stile Art Déco tra via del Corso e Fontana di Trevi. Il palazzo di via delle Muratte – precedentemente proprietà del principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra che ne affidò la progettazione all’architetto Giulio De Angelis – diventerà un hotel a cinque stelle che si chiamerà Iberostar Fontana di Trevi.
Arte e impresa, modernità e architettura classica. Una sinergia resa possibile dalla Società Benefit LEGGIERO Real Estate nuova proprietaria dell’immobile ( ricordiamo che le Benefit Corporation hanno accanto all’obiettivo di massimizzare il profitto anche la creazione di un impatto positivo sulla società e sull’ambiente) e ovviamente dalla visione dell’artista francese che pone in dialogo la sua installazione site specific con il contesto riuscendo ancora una volta a trovare una sintesi armoniosa ma mai scontata tra mondi apparentemente distanti tra loro.
Il maestro è abituato a progetti ambiziosi – nel 1986 il suo lavoro pubblico più controverso per il cortile d’onore del Palazzo Reale di Parigi- ma intervenire con un’opera di 370 metri quadri in un edificio del diciannovesimo secolo che combina elementi di stile rinascimentale e neo-rinascimentale a pochi passi dalla fontana più famosa di Roma, è una sfida coraggiosa per tutti. Se la periferia della Capitale da anni rappresenta un luogo di sperimentazione di varie forme di urban art, la relazione tra il centro storico di Roma e l’arte contemporanea – per ovvie ragioni – è stata sempre a dir poco complicata. Non si tratta comunque della prima volta che Buren si mette alla prova con la storia di Roma: tutti ricordano infatti i suoi splendidi stendardi arcobaleno al Palatino per la mostra ‘Par tibi, Roma, Nihil‘ del 2016.
In questo caso il progetto permanente con grandi pannelli a incastro è in grado di creare effetti diversi a seconda delle ore del giorno :
“Di giorno sarà il sole a mostrare i colori, la notte sarà la luce che passa fra il pannello e la griglia. E’ un muro molto grande che non si vede da lontano quindi quando si vede da vicino è un po’ come una sorpresa. L’uso dei colori primari è adatto a enfatizzare questa visione che si apre agli occhi delle persone solo quando si avvicinano al palazzo.” ha anticipato l’artista mostrando i rendering.
Il progetto ha incontrato il favore del Soprintendente Speciale di Roma Francesco Prosperetti che svela anche un retroscena:
“Questa idea, questo progetto nasce in maniera un po’ insolita da una cosa invece molto comune: da un no della soprintendenza a un progetto che paradossalmente era un progetto molto in linea con quelli a cui di solito la soprintendenza dice sì. Era un progetto in stile che prevedeva di intonacare la facciata , metterci delle finestre e renderla omogenea al contesto. La scelta coraggiosa che ritengo di aver fatto quando mi hanno presentato questo progetto è stata quella di dire un deciso no a questa soluzione perchè non mi sembrava rispettosa della storia di quel palazzo, di questo pezzo di città. Però la soluzione finale non l’ho trovata io, l’hanno trovata tutte le persone che hanno partecipato al progetto e soprattutto l’ha trovata Daniel Buren”.
Raffaella Frascaretti Sciarrella, Presidente Nomas Foundation – che si occupa della direzione scientifica del progetto – spiega come non ci sia stato alcun dubbio sulla scelta di Buren:
“Siamo nel cuore della Roma barocca, la città immaginata da artisti, filosofi, architetti e poeti come un’opera d’arte totale. Un luogo che continua a nutrire un’idea di estetica collettiva.Buren sin dagli esordi della sua carriera, ha proposto site specific come un’intervento di solidarietà estetica collettiva e quindi si sposava molto bene con questa idea della città. Credo che la sua opera si inserisca molto bene in quell’idea di antropologia positiva di trasformare uno spazio pubblico in un bene comune”.
Infine, come spiega l’imprenditore Salvatore Leggiero:
“Volevamo dare un senso di positività a Roma visto che si parla di tanti problemi e noi speriamo di finire sui giornali del mondo per questo evento positivo che ci regala il maestro Buren. Noi stiamo facendo il nostro dovere di committenti: essere committenti nell’abito immobiliare significa commissionare lavoro a architetti, ingegneri, falegnami bravissimi ma non vedo perché non ricalcare il passato glorioso dell’Italia dove il committente si rende tale anche per i migliori artisti: questa città è la testimonianza di quanti Papi e grandi imprenditori del passato hanno scelto tra il meglio e il meglio era Daniel Buren”.