Her, il capolavoro di Spike Jonze arriva su Netflix
Nel futuro che è oggi i non-luoghi sono la placenta affollata che ci avvolge e che nutre il nostro spleen. In uno di questi non-luoghi, in cui milioni d’identità s’incrociano senza mai interagire, potrebbe persino capitarci di avere un’epifania sentimentale guardando lo spot di un sistema operativo senziente: è questo il futuro che nel 2013 ha immaginato per noi quel folletto geniale di Spike Jonze nel suo Her – disponibile dal 30 novembre sul catalogo Netflix.
In Her il protagonista, l’adorabile Theodore Twombly di Joaquin Phoenix è diviso fra il bisogno di condivisione amorosa e la paura di non riuscire più a realizzarla/materializzarla nella vita reale dopo la perdita della moglie. Spike Jonze sceglie di introdurci al suo protagonista nel modo più incantevole: portandoci sul posto di lavoro di Theodore, dove lo osserviamo mentre detta al computer lettere personali, elaborate su incarico. È meraviglioso ascoltare la sua voce che affluisce nello streaming di quelle degli altri colleghi impegnati nella stessa operazione, una confluenza di emozioni, desideri, confessioni e rimpianti che avvolgono lo spettatore e lo preparano alla visione successiva.In Theodore e nei personaggi che gravitano intorno a lui, c’è la stessa necessità, lo stesso desiderio di amare e di essere amati – i flashback di cui Theodore nutre le sue notti, con le immagini della vita insieme alla sua ex moglie Catherine (Rooney Mara) ci spezzano il cuore – l’amica di Theodore, Amy (Amy Adams) e l’appuntamento sexy (Olivia Wilde) sono personaggi altrettanto fragili, subito pronti a tornare nell’unico rifugio percepito come sicuro: la solitudine dei propri appartamenti e l’assenza di interazioni umane dirette.
Questo è il contesto in cui Theodore incontra Samantha, un sistema operativo senziente che cresce e sviluppa la sua coscienza in base alle sue esperienze, vissute inizialmente insieme a Theodore. Samantha -che ha la voce di Scarlett Johansson, qui in una delle sue perfomance più iconiche- e Theodore finiscono per innamorarsi e attraversare tutte le fasi naturali di una relazione, compresa la frizione e il tentativo di rivitalizzazione della vita sessuale (aprendo la coppia a un surrogato umano).
Her è soprattutto il racconto di un’identità in crescita, quella di Samantha: la sua percezione dello spazio e del tempo, l’interazione, i limiti fisici e le aspettative. Nella sua esplorazione della realtà (che ha connotati diversi perché diversamente percepibili rispetto all’umanità di Theodore) Samantha prenderà rapidamente coscienza della sua natura e andrà alla ricerca di un contatto (per definirlo con un termine proprio dell’umano) con altri sistemi operativi e con loro vivrà poi un’esperienza di condivisione impossibile di comprendere per Theodore e gli altri esseri umani.
Mentre Samantha supera i limiti dell’impercettibilità e dell’intenzione, a Theodore non rimane che salire sul tetto del suo palazzo insieme all’amica Amy (che ha vissuto un’esperienza simile col suo sistema operativo) e rimanere a osservare le luci della città, conscio che le solitudini che l’affollano hanno appena ceduto la staffetta esperienziale a una nuova e post-umana forma di vita.