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Arte e architettura fra Lisbona e Baghdad. La scena artistica irachena del Novecento

Hafidh Al-Droubi - Family 2, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa Hafidh Al-Droubi - Family 2, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Hafidh Al-Droubi - Family 2, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Hafidh Al-Droubi – Family 2, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa

A Lisbona, una mostra che fa luce sia sull’interessante scena artistica irachena del Novecento, sia sull’importante ruolo della Fondazione Gulbenkian nello sviluppo di quella stessa scena, purtroppo interrotto dalla svolta autoritaria in Iraq del 1973.

Una pagina di politica culturale poco conosciuta, che potrebbe essere di esempio per la ricostruzione dell’Iraq democratico. Fino a 28 gennaio 2019.

Purtroppo agli onori della cronaca per le stragi di civili causate dai frequenti attentati di matrice islamista che ne rendono ardua la democratizzazione, nel recente passato l’Iraq è riuscito a sviluppare, nonostante le travagliate vicende politiche, una scena artistica vivace, continuatrice di antichissime radici che datano ai tempi di Babilonia. Sul finire degli anni Cinquanta, la Fondazione Calosute Gulbenkian, con sede a Lisbona, sviluppò un vasto programma di sostegno culturale verso l’Iraq.

Salim Dabbagh - Painting 33S, 1968 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Salim Dabbagh – Painting 33S, 1968 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa

Arte e architettura fra Lisbona e Baghdad, curata da Patrícia Rosas and Ricardo Agarez, è una mostra documentaria sul fare cultura al di là dei propri confini, un esempio di buona politica in cui i rapporti fra Stati esulano dal commercio o la difesa, lasciando spazio alla costruzione di solide basi di crescita etica e civile. Visibili per la prima volta documenti inediti sulla realizzazione di tre importanti progetti a Baghdad, due architettonici – il Centro di arte moderna e lo Stadio del Popolo -, e uno culturale, ovvero la Gulbenkian Cultural Week del 1966; al loro fianco, una selezione di dipinti del Novecento iracheno, possedute dalla Fondazione.

Nonostante in Occidente non se ne abbia, colpevolmente, piena coscienza, il Novecento mediorientale è stato artisticamente assai prolifico, basti pensare al modernismo libanese, che ha avute molte donne fra i suoi esponenti, o al gruppo surrealista egiziano Art et Liberté, che giocò un ruolo importante per l’indipendenza del Paese dagli inglesi. In questo vivace contesto, in cui purtroppo sono spesso intervenute destabilizzanti situazioni di matrice occidentale, anche l’Iraq ha sviluppato una sua scuola artistica contemporanea a partire sin dalla seconda metà del Novecento, che ha vista la sua pietra miliare nell’istituzione dell’Accademia di Belle Arti di Baghdad. In quegli anni, fra il colpo di Stato del ’58 contro la dinastia Hascemita e il colpo di Stato del ’68 operato dal partito Baath, il Paese visse un decennio di discreta stabilità interna, nonché soddisfacenti rapporti con il mondo occidentale, pur appartenendo al blocco dei non allineati. Il laicismo cui faceva riferimento l’ordinamento statale permise la formazione di una società lontana dalle ipocrisie e le chiusure che invece hanno segnato altre nazioni arabe, come lo Yemen o l’Arabia Saudita; un clima che ebbe benefici effetti anche sulla scena artistica.

Rafa Nasiri - Words n°1, 1968 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Rafa Nasiri – Words n°1, 1968 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa

L’Accademia divenne un luogo di dialogo e incontro per gli artisti iracheni, i quali dettero vita a ben tre gruppi distinti: il Gruppo dei Pionieri, guidato da Fa’iq Hasan, il Gruppo di Baghdad per l’Arte Moderna, guidato da Jawad Salim, e il Gruppo degli Impressionisti, guidato da Hafiz al-Durubi. Se quest’ultimo si rifaceva chiaramente a stilemi dell’arte europea della fine dell’Ottocento, i Pionieri guardavano allo stile ottocentesco della pittura ottomana. Dall’altro lato, i sostenitori del rinnovamento dell’arte irachena, che facevano capo al Gruppo di Baghdad, volendo creare un’arte che riscoprisse l’identità nazionale, facevano riferimento, quale fonte d’ispirazione, non tanto all’Islam, quanto al cosiddetto background storico, con particolare attenzione alle radici della civiltà mesopotamica.

L’Islam appare sullo sfondo – quale elemento accessorio della quotidianità -, sottoforma, ad esempio, delle lunghe vesti nere femminili, o nella mezza luna che si inserisce all’interno del gioco di forme astratto. Ma non è una presenza ingombrante, lo dimostra il fatto che l’arte irachena ha anche larga dimestichezza con la figura umana.

Faik Hassan - Abstract, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Faik Hassan – Abstract, 1962 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa

Vari i generi e gli stili frequentati dagli artisti iracheni del periodo, dalle nature morte di Asim Hafiz che richiamano l’ultimo periodo fiammingo, ai paesaggi d’ispirazione ottomana di Muhammad Salih; al figurativo si affianca però un profondo interesse per quelle che erano state le avanguardie: il Cubismo di Dia Al-Azzawi e il Cubo-futurismo di Hafidh Al-Droubi ne sono validi e pregevoli esempi. Altri pittori, invece, guardavano alla contemporaneità, e negli anni Sessanta giunse anche Iraq l’Espressionismo Astratto, per mano di Rafa Nasiri e Salim Dabbagh.

Dia Al-Azzawi - The old city, 1966 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa
Dia Al-Azzawi – The old city, 1966 Museu Calouste Gulbenkian – Coleção Moderna Ph. Paulo Costa

All’interno di questo vivace clima artistico, che la mostra di Lisbona ricostruisce con un’ampia selezione di pregevoli opere del Novecento iracheno, la Fondazione Calouste Gulbenkian ha giocato un importante ruolo di sostegno, non soltanto acquisendo in collezione numerosi dipinti, ma finanziando direttamente la costruzione di centri culturali che avrebbero dovuto rafforzare la crescita artistica del Paese, così come la sua consapevolezza etica e civile. Il sostegno della Fondazione portoghese si spinse oltre il mecenatismo pittorico, e permise la nascita, nel 1962, del Centro per le arti moderne, noto anche come Sala Gulbenkian, uno spazio espositivo dedicato all’arte moderna, necessario punto d’incontro e di scambio per la nuova arte irachena. In un delicato equilibrio tra l’assicurare il futuro di un’attività economica essenziale e il raggiungere i suoi obiettivi filantropici originali, la Fondazione ha collaborato in maniera significativa per rafforzare la crescita materiale e intellettuale dell’Iraq.

A questo scopo, nel 1966, fu aperta anche la sede della Società degli artisti iracheni. L’arricchimento del volto della vecchia Baghdad con altri edifici architettonicamente pregevoli, tutti destinati a usi sociali, proseguì ancora, con lo stadio Al-Sha’ab (Stadio del Popolo), inaugurato nel novembre 1966. In quell’occasione, si tenne in città la Gulbenkian Art Week, dal 6 al 13 del mese, durante la quale la Fondazione finanziò numerosi concerti dell’Orchestra da camera e del coro Gulbenkian e una mostra d’arte internazionale. Fotografie, documenti tecnici, maquette dei progetti, illustrano questo entusiasmante dialogo fra Iraq e Portogallo, nel segno della cultura.

Tribuna coperta dello Stadio del Popolo 1966 Progetto di Francisco Keil do Amaral e Carlos Ventura Arquivos Gulbenkian
Tribuna coperta dello Stadio del Popolo 1966 Progetto di Francisco Keil do Amaral e Carlos Ventura Arquivos Gulbenkian

Purtroppo, il corso degli eventi ha in larga parte vanificato lo sforzo filantropico della Fondazione, che nel 1973 – a seguito della svolta autoritaria proclamata dal partito Baath (salito al potere nel 1968 con un colpo di Stato) -, interruppe per cause di forza maggiore il suo impegno nel Paese. La successiva presa di potere di Saddam Hussein undici anni dopo, la disastrosa guerra con l’Iran, e le due guerre del Golfo, hanno quasi annullato la scena artistica irachena, che comunque, anche per quanto visto alla Biennale di Venezia del 2015, sta dando segni di risveglio.
E il sostegno occidentale alla fragile democrazia irachena non può prescindere dalla cultura, prendendo esempio dalle buone pratiche a suo tempo sviluppate dalla Fondazione Gulbenkian. Crediamo sia permesso pensare che, se fosse perdurata la stabilità politica precedente alla dittatura di Saddam Hussein, e un robusto clima culturale, i cani arrabbiati di Daesh non avrebbero mai trovato, in Iraq, terreno fertile per seminare la loro violenta e fanatica propaganda assassina.

Maquette del Centro d'Arte Moderna 1960 Progetto di Jorge Sotto Mayor de Almeida Arquivos Gulbenkian
Maquette del Centro d’Arte Moderna 1960 Progetto di Jorge Sotto Mayor de Almeida Arquivos Gulbenkian
Facciata del Centro dArte Moderna 1962 Progetto di Jorge Sotto Mayor Arquivos Gulbenkian
Facciata del Centro dArte Moderna 1962 Progetto di Jorge Sotto Mayor Arquivos Gulbenkian

gulbenkian.pt

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