La Legge di Bilancio cancellerebbe 3 dei 4 milioni a cui ammonta il Piano per l’arte contemporanea, privando il Maxxi e la Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma di 1,5 milioni di euro l’anno
“Ci vediamo costretti a ripensare e ridurre dunque progetti e attività già programmati per il 2019. Chiederemo al Ministero dei beni culturali, socio fondatore-promotore della Fondazione Maxxi, di rivedere una scelta che penalizza ingiustamente il Maxxi e Roma”. Così Giovanna Melandri, presidente della fondazione che governa a Roma il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, reagisce alla notizia del taglio dei fondi che nella Legge di Bilancio cancellerebbe – come si è visto, i ripensamenti sono sempre possibili – 3 dei 4 milioni a cui ammonta il Piano per l’arte contemporanea, privando il Maxxi e la Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma di 1,5 milioni di euro l’anno ciascuno. “Risorse destinate alla crescita, valorizzazione e promozione della collezione pubblica nazionale di arte e architettura contemporanee”, precisa la Melandri. “Ricordo che l’incremento della collezione è una delle missioni fondamentali affidate al museo, assieme alla sua promozione in Italia (l’accesso è difatti gratuito dal martedì al venerdì) e nel mondo (in questo momento parte della la collezione con artisti e fotografi italiani e a Delhi e al Museo Bardo di Tunisi)”.
Quando un Paese che dedica appena lo 0,19% del PIL al bilancio del suo Ministero per i Beni Culturali taglia ulteriormente i contributi, in termini generali è sempre una pessima notizia. In questo caso, pare che si tratti di una diversa destinazione, e per pronunciarsi occorrerà verificare come saranno utilizzati questi 3 milioni di euro: sull’Huffington Post il piddino Michele Anzaldi informa che “verranno dirottati per la ‘promozione dell’arte contemporanea all’estero’“, per poi ironizzare sull’ipotesi che la formula nasconda “l’intenzione di faraonici viaggio-premio all’estero per qualche dirigente amico”. Questo avremo modo di verificarlo: ma per il momento, ci limitiamo a rivolgere ai lettori qualche semplice domanda: sentite realmente che oggi il Maxxi rivesta il rivendicato ruolo di primo museo del Paese nel contemporaneo? Che abbia l’ambizione – di certo frenata dai perenni problemi di budget – di stare al passo di strutture come la Tate Modern a Londra, il Centre Pompidou a Parigi, il Reina Sofia a Madrid? Sinceramente, a fine anno: stilando un bilancio delle migliori mostre viste nel 2018, ne inserireste almeno una vista al Maxxi? Sicuramente i problemi sono a monte, risiedono nella strutturale incapacità italiana di pensare a un’istituzione culturale come qualcosa di importante anche sul piano economico, il che non significa soltanto far quadrare i bilanci, ma soddisfare anche le economie dello spirito. Ma allo stato dei fatti, perché continuare a privilegiare un museo che ispira tanti no?