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Matangi/Maya/M.I.A: una, nessuna, centomila

Matangi/Maya/M.I.A

Matangi/Maya/M.I.AMatangi/Maya/M.I.A: chi è M.I.A? Una domanda a cui è difficile rispondere

M.I.A. (Maya Arulpragasm) è la prima pop star di origine tamil, la bad girl dai video di grande impatto e dalle sonorità che fanno ballare.

In Italia si conosce poco del percorso umano e artistico della cantante, portavoce (in)consapevole e indipendente di un’intera generazione post-globale. È un peccato averne saputo così poco fino a ora e oggi in Italia, più che in qualsiasi altro paese, abbiamo bisogno di storie come quelle di Maya.

Matangi/Maya/M.I.A. è un documentario di Steve Loveridge, quando in realtà dovrebbe essere co-accreditato a Matangi, perché – oltre ad essere il motore di questo biopic – gran parte dei filmati provengono dalla sua telecamera che fin da studentessa l’affianca nel suo scoprire sé stessa e il suo mondo.

Il racconto è stato in cantiere sin dal 2011, con il rischio di non vedere mai la luce, e descrive un personaggio pieno di contraddizioni quanto di umanità, un’attivista pronta a non tacere contro l’oppressione e a gridare giustizia.Matangi/Maya/M.I.A

La struttura del film è per lo più lineare e tradizionale, segue Maya sin dai primi giorni. Come rifugiata, fuggita dalla guerra civile dello Sri Lanka con la sua famiglia prima di compiere dieci anni e di diventare M.I.A, Maya si trasferisce in India e poi nel Regno Unito, lasciando dietro di sé il padre e i suoi presunti legami con il movimenti di resistenza Tamil. Cresce con la madre e i fratelli in un complesso residenziale nella periferia sud-ovest di Londra, dove l’aspetta un duro e complesso processo di integrazione.

Dell’Inghilterra e del mondo occidentale Maya assorbe suoni e visioni: matura così la sua sperimentazione in un mash up tra la causa Tamil, gli studi alla Saint Martin e i ritmi hip hop. È lampante fino dal minuto 1 che non ci sia nulla di tradizionale in lei.

I’m unmanageable” scherza la rapper/cantante/attivista al telefono con la sua manager nel pieno dell’ennesimo scandalo che la riguarda. Siamo nel backstage con lei mentre viene condannata e denunciata dalla NFL per aver mostrato un dito medio durante la super bowl fianco fianco con Madonna, la regina del pop. Siamo con lei dietro a uno schermo quando tuona giustizia a suoni di tweet contro l’ennesima censura. Celebre è il video Born Free – uno dei tanti che Youtube le condanna – in cui M.I.A. ricrea, attraverso le sembianze di ragazzini dai capelli rossi, un’esecuzione che navigava senza censura per le vie incontrollate dell’Internet.Matangi/Maya/M.I.ALa M.I.A. che emerge da questo documentario si mostra come una donna condannata a combattere per sempre, una sola donna contro i pregiudizi e la violenza che utilizza la sua musica come mezzo di espressione non tanto di sé ma di un mondo che soffre; una cantante con idee e un pensiero politico che porta avanti con ostinazione, definita da alcuni una pop star problematica, assurdamente etichettata dai giornalisti come una radical chic, una simpatizzante terrorista. Al contempo però, artista riconosciuta per il suo stile musicale unico, esposto a interferenze ricercate dall’incrocio di timbri e sonorità indiane e africane.

Ho sempre bisogno di portare le storie dei migranti nel mio lavoro perché sto cercando di dargli un senso”, ci racconta l’eroina dai leggings fluorescenti, mentre ci mostra come ogni pezzo sia il risultato di una ricerca complessa e manifesto di una sua personalissima e continua lotta politico-sociale fatta di provocazioni e messaggi importanti.

Se non si rientra tra la cerchia dei fan di M.I.A. potrebbe non risultare del tutto banale seguire questa scheggia impazzita tra le vie della sua memoria/vita, senza dubbio aiuterà post visione un giro accurato su Wikipedia. Questo documentario però sarà fondamentale per comprendere una donna che è tutto e il contrario di tutto ma che in questo chiasmo vivente rimane ferma e coerente come un faro in mezzo al mare.

Il divario tra musica e conoscenza/coscienza non deve essere necessariamente colmato, ma quando succede il risultato è molto potente. Per questo motivo, grazie Matangi, per aver osato e continuare a osare per noi.

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