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Sanremo 2019, tour de force di canzoni e ascolti nella media per il Baglioni Bis

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sanremo 2019Sanremo 2019, tour de force di canzoni e ascolti nella media per il Baglioni Bis

Dove eravamo rimasti? Baglioni, Hunziker e Favino, un Festival partito televisivamente in sordina (non di certo negli ascolti) e cresciuto nel corso delle cinque serate. Un’annata musicalmente dimenticabile, illuminata dalle gag di Ornella Vanoni, regina incontrastata della kermesse.

Quest’anno la manifestazione musicale ricomincia da lì, da quel successo insperato e da un’impostazione spettacolare pressoché invariata: Baglioni, direttore-dittatore e da quest’anno “dirottatore artistico” autoproclamato, è al centro di tutto il contorno della gara, fatto di ospiti spacciati per super ospiti (Andrea Bocelli col figlio, Giorgia) e interventi che – di questo sono piuttosto certo – non passeranno alla storia.
Accanto a lui Virginia Raffaele (alla sua quarta presenza festivaliera) e Claudio Bisio; sul palco dell’Ariston a momenti sembra aleggiare il fantasma di Michelle. La Raffaele, dopo un esordio brillante, è sembrata ingessata e quasi intrappolata nel ruolo di conduttrice istituzionale, compito che riusciva molto bene alla Hunziker che, di contro, nella precedente edizione, sguazzava tra le comunicazioni istituzionali e le presentazioni di autori e titoli di canzoni, elencati con il celeberrimo sorriso smagliante e il suo solito entusiasmo spropositato.
Bisio fa Bisio: gioca sugli stereotipi (e lo fa benissimo), valorizza la sua partner e i cantanti in gara e affronta il pubblico in sala con spavalderia. Il ritmo della narrazione televisiva all’inizio è velocissimo, poi si dilata portando il Festival oltre la chiusura prevista per l’una e qualche minuto.

Il vero azzardo di quest’anno Baglioni lo ha fatto partendo in quinta e giocandosi le ventiquattro esibizioni dell’intero cast nella prima serata: quanto influirà questa scelta sul risultato della puntata di stasera, in cui si esibiranno in dodici? La seconda puntata del Festival è, da sempre, il vero banco di prova, in quanto l’entità del “calo fisiologico” degli ascolti sancirà il destino delle polemiche sugli ascolti che già divampano; il risultato di quest’anno è, dati alla mano, il più basso dal Festival del 2008, ma tenendo conto del mutamento degli scenari televisivi dall’avvento del digitale terrestre in poi, non è correttissimo paragonare gli ascolti senza tenere conto dello share e della controprogrammazione attualmente inesistente.sanremo 2019Le promesse di Claudio Baglioni riguardo la manifestazione sono state parzialmente disattese: la musica è, sì, al centro della serata televisiva, ma i brani in gara che lasciano il segno sono pochissimi.

Convince Loredana Bertè, che torna in gara al Festival sette anni dopo la partecipazione (orrenda) in coppia con Gigi D’Alessio: Cosa ti aspetti da me, il brano che la riporta a Sanremo, è una canzone rock con un inciso struggente (“Ma io non posso credere che/ che esista un altro amore/ che esista un altro amore come te”) che potrebbe portarla sul podio.

Stupisce Arisa, che si presenta come una moderna Mary Poppins e con Mi sento bene impartisce una lezione di savoir-vivre su una base inizia lenta che impazzisce e, di colpo, diventa una sigla degna di un Fantastico degli anni d’oro.

Particolarmente riuscita è anche la pazza idea di Mahmood, vincitore della categoria Giovani (per la seconda volta: è al terzo rilancio nel giro di un lustro), di portare un brano come Soldi: un brano “urban”, con un testo duro e dedicato a un padre assente, una strofa in arabo e l’orchestra che fa clap clap con le mani.

Nek e Paola Turci si candidano a essere tra i più trasmessi dalle radio con i loro brani che, discreti, sembrano costruiti sulla falsariga delle loro hit delle edizioni targate Conti. Delude Ultimo, indicato dai bookmakers come il vincitore annunciato dell’edizione, e gli idoli delle teenager Irama ed Einar: si conferma lo stereotipo per cui, spesso, sono i più giovani a portare al Festival pezzi musicalmente banali, forse nella speranza di far presa subito nei cuori di un pubblico molto distante da quello che affolla i concerti degli stessi.


Anna Tatangelo presenta Le nostre anime di notte, una ballata romantica senza infamia e senza lode. Esibizioni di gran livello quelle di Daniele Silvestri (che si è esibito con il rapper Rancore) e Simone Cristicchi, che puntano al Premio della Critica se non a un posto al sole sul podio.
Un po’ come la vita è il pezzo portato in gara da Briga e Patty Pravo, una bella canzone che Patty Pravo avrebbe potuto cantare da sola: l’innesto di Briga nella doppia veste di cantante e rapper non funziona, la sua voce non si sposa bene con quella della cantante veneta e il risultato non è memorabile. Il primo duetto di Patty Pravo al Festival non aggiunge e non toglie niente a una carriera che ha regalato alla storia del Festival momenti ad alto tasso di iconicità: certo è che per l’ennesima sbandieratissima “ultima partecipazione” della Strambelli in gara, ci saremmo meritati un brano migliore cantato con un filo di convinzione in più. Speriamo che, come sempre, ci ripensi e torni in gara per un’altra “ultima volta”.

Stando alle votazioni che hanno decretato la classifica parziale di ieri sera, il tentativo di avvicinare il mondo dell’indie al Festival non sembra riuscitissimo: tutti i cantanti ascrivibili alla categoria, infatti, attualmente risiedono nella zona bassa della graduatoria (in compagnia di Nino D’Angelo e Livio Cori, vittime di un fonico che ha massacrato l’esibizione rendendola incomprensibile); la classifica, però, potrebbe cambiare e in maniera sostanziale grazie al televoto e alla giuria di qualità. Come nella scorsa edizione, da regolamento, ogni votazione tiene conto della media delle votazioni precedenti.

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