L’opera fu rinvenuta casualmente nel 2014 a Tolosa, e richiama il capolavoro di Caravaggio della Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma. Ma molti studiosi l’attribuiscono al copista Louis Finson
La vicenda è alquanto nota, almeno a chi segua anche sommariamente le cronache artistiche, perché se ne è parlato a più riprese e perché riguarda uno degli artisti da sempre più popolari, ovvero Caravaggio. Ricapitolando: nel 2014 una famiglia di Tolosa scopre casualmente un quadro nella soffitta di casa, che fin da subito per i tratti, i personaggi e il trattamento della luce richiama uno stile caravaggesco. Dopo averla analizzata, l’esperto parigino Eric Tarquin attribuisce la Giuditta che decapita Oloferne al Merisi, come seconda versione di uno dei capolavori di Caravaggio con lo stesso titolo, di proprietà della Galleria Nazionale d’Arte Antica a Roma. Ovvio e inevitabile l’avvio della corsa alle prese di posizione, con la studiosa Mina Gregori decisamente scettica sull’autenticità, affiancata da Tomaso Montanari, che riscontra una mediocrità compositiva che non corrisponde al linguaggio di Merisi. Più possibilisti, ma sempre cauti, studiosi come Philippe Daverio e Nicola Spinosa.
Nel 2016 l’opera viene esposta per la prima volta proprio in Italia, alla Pinacoteca di Brera, dove alcuni dipinti di Caravaggio vengono mostrati a confronto con quelli del caravaggista fiammingo Louis Finson, fra cui una sua copia della Giuditta del Merisi, appartenente alla Collezione Intesa Sanpaolo. E sono molti ad indicare proprio Finson come autore anche dell’opera scoperta a Tolosa, che tuttavia lo Stato francese riconosce come originale del maestro lombardo e classifica come “Trésor National”, sospendendone ogni procedura di vendita ed esportazione. Ma per tre anni. E si arriva all’attualità: trascorso infatti questo periodo, lo Stato ha rinunciato alla sua prelazione, ed il dipinto arriva sul mercato: il mercante francese Marc Labarbe ha appena annunciato che sarà battuto all’asta come Caravaggio il prossimo 27 giugno nella sua omonima casa d’aste di Tolosa, con una stratosferica stima di 150 milioni di euro.
PS Dopo la pubblicazione dell’articolo, riceviamo questa precisazione da parte dell’illustre mercante di disegni antichi Jean-Luc Baroni, che ringraziamo scusandoci con i lettori per l’imprecisione: “Lo stato francese aveva interdetto l’uscita del dipinto dal proprio territorio dichiarandolo “Trésor National”, che risulta essere l’unica procedura possibile per quello scopo. Secondo questa prassi, l’opera rimane sul territorio per 30 mesi, dopodiché lo stato rinuncia al diritto di prelazione e lo libera dal vincolo, oppure lo acquista. Detto ciò, si tratta di una misura tutelativa che consente allo stato di studiare il dipinto ed eventualmente di reperire i fondi per l’acquisto, ma che non è mai una conferma dell’attribuzione. Peraltro, sui “passaporti” (equivalenti al nostro attestato di libera circolazione) si legge una frase che dice che il passaporto non costituisce una conferma o approvazione dell’attribuzione“