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Captain Marvel: la rivincita delle bionde?

Captain Marvel: la rivincita delle bionde?

Captain Marvel: la rivincita delle bionde?Captain Marvel: la rivincita delle bionde nel ventunesimo film del Marvel Cinematic Universe

Al cinema il primo stand alone Marvel dedicato a un eroe femminile: Captain Marvel, una compilation di nostalgia e girl power che risponde a Wonder Woman della DC. Ed è polemica per la scelta di Brie Larson nei panni della protagonista.

La rivincita delle bionde! È il titolo italiano di Legally Blonde (Robert Luketic, 2001), commedia romantica di culto con Reese Witherspoon. Il film ebbe un successo straordinario, tanto da ispirare un sequel (Una bionda in carriera, 2003) e un musical a Broadway. Il segreto? Assicurare al pubblico che le bionde non sono tutte frivole e senza cervello. Argh! Si sentono da lontano le grida di dolore di tutte le attrici che in tempi (troppo) recenti hanno manifestato il giusto sdegno per il pregiudizio e la disparità dei diritti delle donne a Hollywood. D’altronde, gli anni passano e il mondo cambia, così come la sensibilità del pubblico, che prende strade diverse e sempre più consapevoli (almeno si spera).

Specchio, specchio delle mie brame, qual è oggi il miglior riflesso del nostro reame? L’intrattenimento popolare è da sempre lo specchio della sua società. Ecco perché i film del Marvel Cinematic Universe (MCU) sembrano la risposta migliore a questa domanda. Un esempio? Si pensi all’importanza di un film come Black Panther in seguito alle polemiche sulla “questione black”, da anni centrale nell’agenda di Hollywood (tanto che, riflettendoci, la campagna lanciata nel 2015 su Twitter dall’hashtag #OscarsSoWhite è forse uno dei migliori esempi di mobilitazione mediatica partita dal basso). E così, dopo aver lasciato gli Avengers in un mondo grigio e distrutto dall’apocalisse di Thanos, è giunta l’ora che un eroe scenda dall’Outer Space per salvare il genere umano. Pardon: un’eroina.

The MARVELous Mrs Carol Danvers

Dopo undici anni dall’inizio della saga, atterrano sul grande schermo le avventure di Captain Marvel, nel ventunesimo film del MCU nonché il primo su una supereroina femminile. Ovviamente, il personaggio non è nuovo ai lettori dei fumetti. Ma nonostante la prima serie a lei dedicata risalga al 1977-79 (quando ancora era Ms. Marvel), è con la seconda serie nel 2006 che Carol Danvers (questo il suo nome umano) ha raggiunto la gloria. Mai scelta fu più fortunata: il suo personaggio era ancora abbastanza fresco per essere adeguato ai tempi. Un compito delicato, affidato a due registi dal cinema indie americano: Anna Boden (è la prima volta che la Marvel sceglie una regista donna) e Ryan Fleck, cui è stata affidata la missione di elaborare un ritratto di donna che colmasse la mancanza di eroi femminili.

A onor del vero…
Ben lontano dall’essere solo un manifesto femminista, Captain Marvel è una origin-story furba sotto ogni punto di vista. In primis perché è un mixtape di ricordi e nostalgia: sono gli anni Novanta quando Carol Danvers si ritrova sul pianeta C-53, ovvero la Terra, tra gli scaffali di un Blockbuster (l’operazione “nostalgia” non è nuova al MCU: basti pensare a I Guardiani della Galassia, il cui asso nella manica erano gli anni Ottanta). La soundtrack è perfetta, con pezzi che vanno dalle TLC ai Nirvana, fino a Celebrity Skin di Courtney Love e le Hole. Ma ci sono anche Windows ‘95, AltaVista e le attese per gli interminabili buffering. In più, Captain Marvel è uno dei pochi film che può permettere alla Marvel di svelare il sottobosco di Pianeti e altri mondi che popolano il suo Universo. Ecco allora i Kree (tra cui Gemma Chan, protagonista di quel capolavoro che è Crazy Rich Asians) e gli Skrull (capitanati da un meraviglioso Ben Mendelsohn), due specie aliene ben note nei fumetti, che grazie a un trucco artigianale (quasi “analogico”) ricordano i simpatici demoni con cui Buffy l’ammazzavampiri era solita scambiare quattro chiacchiere durante le sue ronde. Ed ecco ricomparire gli agenti dello S.H.I.E.L.D.: Phil Coulson (Clark Gregg) e Nick Fury ancora-con-due-occhi (Samuel L. Jackson), ringiovaniti da un ottimo intervento di CGI.

Captain Marvel: la rivincita delle bionde?Higher! Further! Faster!

Inutile negarlo: il momento era perfetto per un film su un’eroina femminile. Soprattutto in risposta all’abile mossa del Wonder Woman di Patty Jenkins, targato DC, il film che due anni fa ci ha regalato la bellissima Gal Gadot, irresistibile amazzone forgiata dal fuoco di mille battaglie. Ma Wonder Woman non è la sola che può salvare il mondo. E se in rappresentanza delle sue quote rosa la DC ha scelto una modella bellissima, la Marvel cambia rotta. È Brie Larson (Premio Oscar® nel 2015 per la sua performance in Room) la prescelta: una biondina dalle forme nascoste e un’espressione dura sul viso (qualcuno ha detto Buffy?).

La scelta è curiosa. Non sono mancate le polemiche: in molti hanno accusato la Marvel di aver preferito un personaggio pubblico già troppo impegnato sul fronte femminista, in un ruolo che di per sé straborda rivendicazioni femminile (eppure nessuno ha notato l’ironia per cui Mark Ruffalo, che interpreta Hulk – il mostro verde per eccellenza – sia un fomentato sostenitore della causa ambientalista). Ma la Disney sa come si gioca. È vero: Brie Larson non ha il phisique du role di Gal Gadot… e non le serve. È contemporaneamente innocente e aggressiva, ironica come ogni eroe Marvel dev’essere sullo schermo e con due occhi pieni di coraggio e determinazione.

D’altronde Carol Danvers non è un’amazzone: è un soldato dell’aviazione militare con i Ray-Ban e il giubbotto di pelle. E soprattutto non può correre il rischio di essere “oggettificata”. Per questo anche il suo costume cambia radicalmente rispetto ai fumetti: da un semplice body nero, arricchito da un fulmine e abbinato a guanti e stivali di pelle (un look che, ammettiamolo, sfiora il bondage), ecco che Brie Larson si veste di un’armatura austera e americana, rossa & blu e illuminata da una stella dorata sul petto.

Captain Marvel: la rivincita delle bionde?Lacci e catene noi spezzerem!

E sarà proprio la determinazione a indicarle la strada. La consapevolezza è la chiave del messaggio di pace, amore e indipendenza con cui Captain Marvel innaffia le galassie: un grande potere non vale niente se non si riesce a dominarlo. Carol è vittima della nostra cultura: è una donna sottovalutata dall’ambiente che la circonda – nemmeno a dirlo, soprattutto dagli uomini (anzi, da un uomo in particolare che ha il volto di Jude Law, ma non per questo può passarla liscia). Ma lei non ci sta. È così che Brie Larson (oops, Carol Danvers) entra di diritto fra le grandi eroine degli anni Novanta, proprio al fianco di Buffy e delle altre cacciatrici, in quanto essere umano dotato di una forza sovrumana messa a servizio del Bene.

A questo proposito, anche la sceneggiatura risponde a un’esigenza diversa (e vincente) rispetto a Wonder Woman. Se la DC aveva invertito il paradigma, trasformando il principe azzurro nella donzella in difficoltà e l’eroe virile in un’eroina, la Marvel quel paradigma lo scardina completamente. Il film inizia infatti in medias res, quando la sua protagonista ha già ricevuto i poteri: perché Captain Marvel non è una fiaba sulla scoperta di essere speciali, ma al contrario una riflessione sulla presa di coscienza di se stessi e del proprio potenziale. Essere consapevoli dei propri limiti e delle proprie forze è l’arma più potente di tutte.

Lacci e catene noi spezzereme tutte unite combatterem! Cantava la signora Banks, inarrestabile suffragetta, all’inizio di Mary Poppins. Captain Marvel ha un altro slogan: “Higher! Further! Faster!”, ovvero: “Più in alto! Più lontano! Più veloce!” – ed è proprio quando capisce come potrà andare più in alto, più lontano e più veloce che accade la magia: Carol Danvers si rialza. Perché al di là del suo innegabile valore politico (e tanto altro blablabla culturale), Carol Danvers non è semplicemente la risposta della Marvel alla forza di tutte le donne, è il riflesso di un mondo che non si piega, forse di una generazione (quella cresciuta con il Game Boy?) che deve ancora imparare a controllare il suo potere. “Conosci te stesso”, diceva qualcuno in tempi antichi… La conoscenza è potere. And we’ve got the power.

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