In arrivo il 14 e 15 marzo due giornate di vendita da Aste Bolaffi a Torino dedicate alla storia postale
Imperatore d’Austria, con in sovrappiù una sfilza di reami compreso quello di Lombardo Veneto, Francesco Giuseppe si dice fosse uno che non scialava. Era anzi portato al risparmio e all’ordine. Anche quando si trattò di stampare i primi francobolli: per l’impero e per il Lombardo Veneto. Arrivati agli sportelli della posta nel 1850, primo Stato preunitario ad adottarli quale segno di modernità, i francobolli con l’aquila asburgica presentavano valori in kreuzer (quelli austriaci) e in centesimi (quelli destinati al Lombardo Veneto).
Per facilitare in entrambi i casi, ma in particolare in Austria, la contabilità ogni quarto di foglio (le macchine da stampa sfornava fogli da 240, non di 256, successivamente divisi in quattro) comprendeva sette file da 8 esemplari ed una da 4. Per un totale, quindi, di 60. Questo per il semplice fatto che la moneta del tempo era il gulden formato da 60 kreuzer . Di conseguenza un quarto di foglio da 1 kreuzer valeva 1 gulden e, a sua volta, quello da 6 kreuzer 6 gulden. Questa composizione prevedeva, nell’ultima fila, 4 francobolli ed altrettanti spazi vuoti che non andavano lasciate assolutamente tali. Ad evitare usi irrituali, la porzione di striscia inutilizzata (malintenzionati pronti a usare il supporto cartaceo statale per produrre in proprio falsi francobolli non mancavano) venne “cancellata” con quattro “croci di Sant’Andrea”. Di fatto delle X. Che nelle stragrande maggioranza dei casi gli addetti postali, al momento delle vendita, eliminavano con secchi colpi di forbici, usati anche per separare i singoli francobolli (solo otto anni dopo, nel 1858, con l’emissione in soldi e il profilo in rilievo di Francesco Giuseppe, fece la sua apparizione la perforazione).
Anche allora, evidentemente, c’era chi applicava i regolamenti con diligente rigidità. Solo così si può spiegare la busta imbucata a Venezia il 4 agosto 1856 con destinazione Vicenza sulla quale il mittente (o l’addetto postale?) applicò il normale francobollo da 15 centesimi con l’aquila asburgica completo dell’intera striscia con le quattro croci di Sant’Andrea. Un’ autentica rarità. Sottolineata dalla valutazione di 45.000 euro che gli esperti della casa d’asta Bolaffi hanno assegnato al reperto. Incluso nell’incanto del 14/15 marzo a Torino (www.astebolaffi.it). Dalla stessa base potranno alzarsi le palette allorché il banditore proporrà il lotto 31: l’intera quarta emissione (col 5 soldi rosa ripetuto) riconducibile a quello che rimaneva del Lombardo Veneto (dopo le vittorie franco piemontesi, alla fine del 1859), e cioè il Regno Veneto formato da Veneto, Mantova, l’Oltremincio e l’Oltrepò mantovano. Partita da Adrianopoli, nel Levante austriaco, il 4 agosto 1864, la missiva era diretta a Valence-sur-Rhone, dipartimento francese di Drôme.
L’incanto firmato dalla storica casa antiquariale di Torino prevede pure la dispersione della collezione “Michele Agostino” degli Stati italiani preunitari con importanti presenze del Governo e del Granducato di Toscana nonché del Regno di Sardegna.
“Il fascino singolare di questa collezione – si legge nel catalogo d’asta – risiede anche nell’avere spesso accumulato più esemplari dello stesso francobollo, con inesausta curiosità non disgiunta da un’attenzione per il confronto, per cui accanto ad alcuni pezzi di particolare qualità e bellezza ve ne sono molti altri con difetti, segnalati, oltre che dai certificati peritali, anche nelle singole descrizioni”.
Per questo “tutti i lotti della raccolta si intendono venduti con la clausola ‘as is’ ” come è. Questo, tra l’altro, vale per il mitico (già all’epoca costosissimo) 3 lire di Toscana illustrato con lo stemma di Casa Savoia con un preciso riferimento – senza precedenti- all’Italia, affidato al valore espresso, per l’appunto, in 3 lire it(aliane). Un esemplare gradevole, anche perché a suo tempo sottoposto, come è dichiarato a chiare lettere, a riparazione e rigommatura partirà da 5.000 ero. Come un esemplare passato regolarmente per posta, per il quale i compilatori del catalogo della vendita suggeriscono un esame. Superata la collezione “Michele Agostino”, la serie del Governo provvisorio di Toscana fino all’80 centesimi (escluso quindi il 3 lire), in “esemplari ben conservati e con margini da buoni sufficienti” parte da 10.000 euro. Isolati, alcuni altri esemplari del 3 lire recuperati da lettere sulle quali erano stati appicciati per il trasporto e laro consegna, presentano stime con forbici evidenti: 5.000 euro nel primo caso e 2.500 nel secondo caso.
Il “Volta violetto” da 20 centesimi del 1927, appartenente alla serie commemorativa dell’inventore della pila stampato in colore differente da quello per il Regno italiano (carminio) e che per un errore non ricevette in soprastampa il nome di alcune Colonie italiane (Cirenaica, Eritrea, Somalia e Tripolitania) presenta quotazioni ben più elevate degli esemplari regolarmente soprastampati che si possono avere con qualche decina di euro. Due del 480 esemplari privi dell’indicazione di una delle quattro colonie, sono offerti rispettivamente a 1.750 e a 1.500 euro. Valutato 700 euro, nella recente asta che la spagnola Soler y Llach ha appena battuto con la collaborazione con Aste Bolaffi, di euro ne ha fatturati 1.400. Stima raddoppiata, ma significativamente al di sotto di quanto segnato nei principali cataloghi-prezziari che sembrano faticare a fotografare la reale situazione mercantile.
Non mancano in questa, come in altre vendite, delle finestre sul mondo. E’ questo il caso di una “splendida collezione” di Cina dal 1865 al 1981, montata su 370 e più pagine da esposizione raccolte in 16 volumi, per la quale è previsto una robusta disponibilità economica: 50.000 euro solo per alzare la prima paletta.
ASTA
Giovedì 14 marzo 2019 – Sala Bolaffi, via Cavour 17, Torino
Lotti 1 – 1317: ore 10.00
Venerdì 15 March 2019
Lotti 1318 – 2092: ore 10:00
ESPOSIZIONE
da lunedì 11 a venerdì 15 marzo 2019
ore 9.00 – 13.00, 14.00 – 18.30
Sala Bolaffi, via Cavour 17, Torino