Il Suono Nudo di Marco Giordano sibila allo spazio progetto Tarsia di Napoli, dal 15 marzo al 30 aprile. Entriamo nella mostra attraverso le parole della curatrice Giulia Gregnanin: “Dobbiamo essere umani per sempre? La coscienza è esaurita. Ora si ritorna alla materia inorganica. Vogliamo essere pietre in un campo”. I lavori di Marco Giordano nella in mostra esprimono esattamente la spinta verso l’artificiale di cui parla l’anziano consulente governativo Richard Elster nel romanzo di Don DeLillo Punto Omega (Einaudi, Torino 2010).
In dialogo con il giovane regista Jim Finley, Elster – come se fosse il vate di una nuova cosmologia post-antropocentrica – si ricollega alla nozione di punto omega elaborata da Pierre Teilhard de Chardin relativa al punto massimo di trascendenza, rispondente, secondo Elster/DeLillo, alla materia inorganica. In questa visione l’uomo, dopo aver completamente esaurito le risorse, si trova nell’ineluttabile ridimensionamento del proprio potere d’azione e di controllo, fino all’estremo annullamento rispondente appunto al tropo della “pietra in un campo”.
Frammenti inorganici giacenti in uno spazio occupato e gestito dall’organico (sia le piante che l’elemento umano che le accudisce) come pietre in un campo, le sculture rinegoziano la propria presenza in base alla relazione con l’ecosistema circostante. La rinegoziano a tal punto da ritagliare alcune autonomie comunemente non attribuite all’oggetto: prima tra tutte la sessualità.
In particolare si fa riferimento alle otto sculture in ceramica di nuova produzione (tutte 2019) appese al soffitto tramite catenelle, che coniugano sembianze falliche, vaginali e anali, a cui sono agganciati dei campanelli neri. La mobilità di questi lavori, data appunto dal sistema di sospensione che permette l’occupazione dello spazio aereo, si associa alla loro sonorità: i campanelli tintinnano vivacemente all’urto delle persone proprio come gli antichi tintinnabula di epoca Romana. Anch’essi di forma fallica e con piccoli campanelli appesi alla loro base, i tintinnabula avevano la funzione di proto-allarme e di scacciare le sfortune del luogo in cui erano collocati.
Questi attributi originali sono qui rielaborati in favore di un’occupazione erotica di uno spazio visivo e sonoro. I profili genitali, dalla superficie liscia e lucida quasi fossero oggetti di design, riportano alla mente dildi confinati ad un erotismo inconfessato. Il dildo è uno strumento erotico universale, che stimola e penetra qualsiasi orifizio e rompe con il sistema fallocentrico ed eteronormato che concepisce l’incontro tra pene e vagina come unico atto sessuale tollerato, argomenta Paul B. Preciado nel suo Manifesto contra-sessuale (Il dito e la luna, Milano 2016). Il dildo è “meccanico, non violento, silenzioso, brillante, scivoloso, trasparente, ultra-pulito, sicuro”. È una simulazione, un inautentico, la cui indipendenzadall’uomo lo rende una tecnologia di resistenza verso le strutture regolatrici che controllano i corpi.
Il campo però è popolato anche da altre pietre. Situata tra i vasi e le piante che caratterizzano lo spazio di Tarsia, si trova una selezione di sculture facenti parte della serie asnatureasintended (2016). Sono rappresentazioni del volto di Giordano in argilla, poi cotta e smaltata, realizzati da amici e conoscenti in una sessione di raffigurazione dal vero. Si tratta di una sorta di ritratto a più mani in cui ad essere fissato in forma non sono solo i lineamenti dell’artista, ma anche le inconsce autoproiezioni e i modelli interpretativi dei singoli autori. Da alcuni fori effettuati da Giordano su ciascuna delle teste fuoriescono delle erbacce.