Novecento: Nuovi Percorsi, 122 opere d’arte e 30 nuovi artisti per il rinnovamento del Museo del Novecento, dalla scultura di Marino Marini alla monografica su Carol Rama, dal Gruppo T di Milano alla Pop Art romana e le installazioni di Kounellis e Merz, fino al ritorno della figurazione al tramonto del secolo breve.
Il Museo del Novecento amplia la sua collezione inaugurando un nuovo spazio espositivo esclusivamente dedicato all’arte sviluppatasi tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Novecento: Nuovi Percorsi è il frutto di un ripensamento museografico, museologico e storico-artistico che comprende la ricollocazione di circa 122 opere d’arte e l’integrazione di 30 nuovi artisti negli spazi di Piazza Duomo 8, grazie a comodati d’archivio e collezionisti privati -in particolare la preziosissima collezione di Bianca e Mario Bertolini, donata al museo nel 2015, offre la possibilità di far dialogare le opere italiane con quelle della scena internazionale-. L’itinerario propone, infatti, due inediti percorsi entrambi progettati dall’architetto Italo Rota, uno monografico dedicato all’opera di Marino Marini e uno dai più svariati linguaggi, focalizzato sulle varie forme espressive elaborate sul finire del XX secolo, dall’arte ottico-cinetica alle esperienze Pop e concettuali, dalla scultura alla nascita dell’installazione fino all’esito performativo.
Le opere di Marino Marini (1901-1980), già esposte precedentemente al quarto piano del Museo del Novecento, trovano ora una nuova collocazione che le inserisce direttamente in uno stretto dialogo con il percorso permanente. L’intenzione infatti è quella di far risaltare, e di conseguenza rivalorizzare, la produzione di Marini in relazione al parterre artistico milanese degli anni in cui svolse la sua attività. Considerato il più importante erede della tradizione scultorea italiana, mosse la sua ricerca in una duplice direzione alimentata sia dalle memorie etrusche che dalla lezione classicheggiante dell’arte greca e latina, passando per l’espressionismo di Donatello e giungendo infine alle suggestioni di Rodin e del primo Novecento. Costante nella sua ricerca fu l’aspirazione a raggiungere una forma pura, assoluta, in equilibrio fra materia, forma e spazio, che abbracciasse tutta la tradizione precedente pur differenziandosi, allo stesso tempo, per un’inedita e coerente rielaborazione. Dai ritratti scultorei di De Pisis, Carrà, Jucker, Rockfeller e Stravinskij, tutti amici dell’artista, agli iconici Pugili, Giocolieri, Cavalieri e in particolare le Pomone, e ancora i dipinti, i disegni e le litografie, tutto celebra una grande collezione, donata dallo stesso artista, tra il 1972 e il 1986, alle Civiche Raccolte d’Arte che, passando per la Civica Galleria d’Arte Moderna, dal 2010 è stata trasferita al Museo del Novecento.
La seconda parte invece, come accennato, si apre a ventaglio sulle tre decadi finali del XX secolo -escludendone l’ultima, quella degli anni Novanta, obiettivo del 2020-. Dall’inizio degli anni Sessanta fino al tramonto degli Ottanta, si sovrappongono e susseguono percezioni, espressioni e medium artistici differenti, italiani e internazionali, la cui esposizione si propone di approfondire, e confrontare insieme, le varie declinazioni attraverso sale specializzate. Il sipario si apre sulle esperienze ottico-cinetiche con i padri assoluti del genere Lucio Fontana e Bruno Munari, poi è la pittura ad essere sondata in tutte le sue declinazioni, dalle vocazioni Pop ai dipinti analitici e concettuali, da Rauschenberg a Hamilton, da Sol Lewitt a Giorgio Griffa, mentre a Carol Rama è dedicato uno spazio monografico dove, per la prima volta a Milano, è esposto Presagi di Birnam del 1970. Grazie al tema della fotografia concettuale si innesta un dialogo dal più ampio respiro, gli esiti italiani sono messi a confronto con quelli internazionali in un continuo gioco di assonanze e dissonanze tra John Baldessari, Joseph Kosuth e i coniugi Becher con Giulio Paolini, Emilio Isgrò, Giuseppe Penone e Vincenzo Agnetti. Le ultime sale ripercorrono le sviluppo artistico-espressivo che dalla scultura ha portato alla performance, passando per la nascita dell’installazione, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: a Luciano Fabro è riservato un ambiente site-specific mentre le opere di Kounellis, Merz, Pistoletto e Zorio, tra gli altri, affrontano un approfondimento linguistico e materiale sulle possibilità di espressione affidate all’installazione. Il percorso si conclude con il tramonto degli anni Ottanta a cui corrisponde l’esigenza da parte degli artisti, quali Marco Gastini, Mimmo Paladino, Giuseppe Spagnulo, Paolo Icaro e Nunzio Di Stefano, di fare un passo indietro e tornare alla figurazione, soggettiva e narrativa.
Informazioni utili
Museo del Novecento,
Piazza Duomo 8,
20123, Milano
[*Giulio Paolini, Mimesi, 1975]
Nuovi itinerari al Museo del Novecento. Da Marino Marini a Mimmo Paladino, l’ampliamento della collezione a Milano