L’acqua parla di Islam al Museo d’Arte Orientale (MAO) di Torino. 120 manufatti ne raccontano il rapporto reciproco evidenziando uno speciale connubio tra sacralità e quotidianità. Dal 13 aprile al 1 settembre 2019.
L’acqua scorre trasversale a spazio e tempo, mondi e civiltà, religioni e culture. Se pensiamo che il cristianesimo abbia un rapporto privilegiato con essa, magari per via del rito battesimale, la mostra Goccia a goccia dal cielo cade la vita. ACQUA, ISLAM E ARTE. organizzata dal MAO (Museo d’Arte Orientale) di Torino, dal 13 aprile al 1 settembre 2019, ci farà ricredere. L’acqua è infatti cardine spirituale e sociale per le civiltà medio-orientali, attorno al quale da secoli si organizza la società. La maternità, la pulizia, la purità, la sensualità, la nascita e la morte: queste alcune delle dimensioni evocate dall’acqua, le quali emergono attraverso una narrazione composta da immagini, reperti, libri e miniature.
Per mezzo di oltre 120 manufatti, provenienti dalle più grandi collezioni mondiali, vengono raccontate le canalizzazioni siriane, i giardini di Spagna e i bagni di Istanbul. In esposizione bocche di fontane siriane, una brocca iznik del XII secolo, tappeti che coprono un arco temporale che va dal XVI al XIX secolo, una coppa in vetro iraniana del IX-X secolo, uno spargiprofumo del XII secolo proveniente dall’India, oltre a numerosi manoscritti. Ma non solo. Vi sarà spazio anche per guardare all’eredità islamica nel mondo europeo: come il vaso d’arte fatimide del X-XI secolo con montatura di manifattura fiorentina del 1555 diventato un reliquiario.
L’allestimento giocherà con il suono e il movimento dell’acqua, coinvolgendo il visitatore e accompagnandolo lungo un percorso suddiviso in quattro sezioni. Il punto di partenza è quello religioso, con la parola del Corano e l’aspetto purificatore dell’acqua ad emergere sul fascino magico e divinatorio ritualistico, che comunque viene ancora evocato nella partica ritualistica. Da qui alla sezione dedicata all’hammam, dove l’acqua si presenta ancora come manifestazione della bontà divina. Ma anche della convivialità, dal momento che i bagni erano il luogo dove la gente si incontrava. Un luogo di sacralità e insieme di quotidianità.
Proprio dell’uso comune dell’acqua tratta la terza sezione, dove si indaga il suo fondamentale ruolo nel mondo islamico: l’uso pubblico e la convivialità. Fin dall’antichità l’approvvigionamento e il trasporto dell’acqua si sono avvalsi di grandi opere d’ingegneria, ma la conservazione e la distribuzione furono il punto cruciale. L’acqua da bere, come necessario sostentamento, viene portata nei secoli all’attenzione di politici, geografi, ingegneri, ma anche gastronomi.
L’ultimo tema è quello dei giardini, percepiti nella cosmogonia islamica come lo specchio del paradiso. cruciale. Il giardino arabo rimanda almeno in parte, all’immagine dell’oasi: l’opposizione tra piante e deserto, tra luogo coltivato e terra di nessuno, tra nomade e sedentario. All’ombra di questi luoghi sempre ombrosi e fioriti si rinnova quel binomio tra sacro e quotidiano nell’Islam, che vede l’acqua come terreno inaspettatamente solido su cui coltivare questo rapporto secolare.