Attraverso il tempo e lo spazio, racconti e ricordi di vite mai vissute, corrispondenze nascoste e velate, eloquenti, ironiche, commoventi. Things That Death Cannot Destroy part#9, la performance di Linda Fregni Nagler incanta la Triennale di Milano.
Things That Death Cannot Destroy è un rituale di associazione di immagini, una pratica che l’artista e fotografa Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976) definisce “magica”, all’apparenza casuale ma in realtà profondamente carica di corrispondenze e significati a più interpretazioni, spesso svelati dalla performer, altre volte affidati alla percezione stessa dello spettatore. In occasione della Milano Art Week 2019, mercoledì 3 aprile, Triennale Teatro dell’Arte in collaborazione con The classroom, la piattaforma nomade di arte ed educazione diretto da Paola Nicolin e prodotto da FOG – Triennale Milano Performing Arts, ha offerto la possibilità ad una classe ristretta di studenti, italiani e stranieri, di partecipare ad un incontro con l’artista, durante il quale ha realizzato il IX episodio di Things That Death Cannot Destroy. Il progetto, intrapreso 10 anni fa con la prima prova al Teatro Franco Parenti di Milano, non segue cadenze precise e programmate ma si reinventa e si propone in circostanze ed eventi particolari, il che conferisce preziosità ad ogni appuntamento.
Durante la lunga chiacchierata che ha seguito i 30 minuti di performance c’è stato un aneddoto, raccontato sulle battute finali, che svela la parte più intima e forse il senso più profondo di Things That Death Cannot Destroy. Avendo perso il padre molto piccola, Linda Fregni Nagler quando aveva una sua foto tra le mani si immaginava cosa ci potesse essere oltre lo spazio che la macchina fotografica aveva inquadrato, così la fantasia creava situazioni parallele, irreali. Il meccanismo è lo stesso che accompagna l’artista durante il suo “rituale”: le fotografie sono positivi su vetro di formato rettangolare e vengono mostrate in doppia proiezione, sono storie nella storia, scaturite dall’accostamento dell’una con l’altra, un accostamento dettato dal caso o dai dettagli che creano collegamenti a volte immediati, altre difficili da percepire.
L’ispirazione, racconta l’artista, è nata nel 2008 quando al Musée d’Orsay, durante la settimana della fotografia di Parigi, ha assistito ad una proiezione per diapositive a cotrun durante la quale una voce fuoricampo leggeva tutti i dati tecnici degli scatti. Da qui, la volontà di fare proprio questo procedimento ha portato Linda Fregni Nagler a ideare la doppia proiezione, accompagnata da una voce che invece di leggere i dati tecnici riporta le didascalie che si trovano sulla parte superiore dei vetrini, di significato, molto spesso, sconnesso rispetto alla figura a cui si riferiscono. Passati di mano in mano, il più delle volte privi di un autore, i vetrini si sono accumulati negli anni assecondando una sorta di mania, tanto da formare oggi un archivio di circa 300 immagini. Questi, dal momento in cui vengono accostati gli uni con gli altri, perdono la loro accezione originaria e da immagini diventano veri e propri oggetti. Donne, bambini, uomini di etnie e religioni differenti, animali, paesaggi, resti archeologici, forme, tutto è arte, un pretesto per creare.
Note biografiche sull’artista
Linda Fregni Nagler (Stoccolma, 1976) vive e lavora a Milano. Si è laureata nel 2000 all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Nel 2004 ha conseguito il diploma in Visual Arts alla Fondazione Ratti di Como, con Jimmie Durham. Nel 2006 ha frequentato, diplomandosi, il corso Cinematographic Photography alla Escuela International de Cine y Television a San Antonio de Los Baños a Cuba. Nel 2013 ha partecipato alla 55esima Biennale di Venezia Il Palazzo Enciclopedico, curata da Massimiliano Gioni. Nel 2015 ha messo in atto la performance Things That Death Cannot Destroy (part 7), al Moderna Museet di Stoccolma. Nel 2007 ha ricevuto il New York Prize. Nel 2008 ha vinto la residenza presso il Dena Foundation di Parigi e nel 2014 la International Residence at Iaspis, Stoccolma, infine il Premio Acacia nel 2016. Cura nel 2017, assieme a Cristiano Raimondi, la mostra Hercule Florence – Le Nouveau Robinson al Nouveau Musée National de Monaco.