Roman Opałka concede al tempo declinazione visiva negli spazi di Building, Milano. Dal 4 maggio al 20 luglio Roman Opałka, una retrospettiva ci parla del suo grande progetto di dipingere il tempo e del percorso che l’ha condotto a questa folle ragione di vita. Roman Opałka, Mariateresa Sartori, esposta a Venezia dalla Fondazione Querini Stampalia dal 7 maggio al 24 novembre, completa la mostra e dona compiutezza ad un percorso infinito.
“È la pittura che sorregge l’artista. A essa egli dedica tutto il proprio tempo. Perchè […] il lusso della pittura è quello di prendersi il suo tempo, e quello dell’artista di darle il suo”
Roman Opałka
In questa frase del pittore polacco Roman Opałka vi è racchiusa l’essenza della passione, dell’ossessione, della riflessione che l’artista coltivò per quasi la sua intera esistenza. Pittura, tempo. La pittura a riempire il tempo, il tempo che la accoglie; il tempo che scandisce inesorabile la pittura e la definisce nella sua essenza, la pittura che materializza lo scorrere alternatamente percettibile. Il tempo definisce i cambiamenti o sono loro piuttosto a indurne il concetto? La questione è stata così pregnante per Roman Opałka che ha deciso di dedicare la sua vita al mistero del tempo, unendosi ad esso tramite la pittura.
Ma rompiamo gli indugi ed entriamo in Via Monte di Pietà 23 a Milano, dove lo spazio ascendente della galleria Building espone Roman Opałka, a retrospective. Se inizialmente sembra di trovarsi di fronte ad una serie di quadri vuoti, privi di soggetto e coordinate, presto noteremo che la sistematica nevicata di numeri riempie invece le tele nella loro totalità. Cascate di cifre che prendono forma solo avvicinandosi, come fiocchi di neve dalle differenze impercettibili ma presenti. Rigore inquietante: 196×135 è la misura della porta del suo primo studio a Varsavia, 196×135 come lo spazio di ogni sua tela, come lo spazio che ha riempito di tempo. OPALKA 1965 / 1 – ∞ è il colossale progetto pittorico-esistenziale che raccoglie più di 200 Details, ovvero sequenze di numeri che partendo da 1 avrebbero dovuto scorrere fino all’infinito.
L’idea che gli cambiò la vita lo investì nel 1965 e non l’abbandonò più. Se prima i suoi lavori si erano incentrati sul solco informale/segnico (qui esposti in mostra per la prima volta), da quel momento in poi la rappresentazione del tempo guadagnò la totalità del suo impegno. Sforzo mentale ma anche fisico, nell’affiancare con miniaturistica precisione le cifre di volta in volta più lunghe. La concentrazione era per Opałka il veicolo per l’essenza dell’istante, per entrare nel tempo e, se non comprenderlo, almeno viverlo a fondo. Una lunga ma tranquilla corsa verso la morte, un proseguire verso l’inevitabile, l’accettazione del bianco e del vuoto che ci attende. Difatti ogni Detail fissava la propria vertigine sistematica su uno sfondo gradualmente, quadro dopo quadro, sempre più chiaro. I numeri, impressi con vernice bianca, si muovono sinuosi sulla tela come pioggia su un asfalto che da grigio si arricchisce di volta in volta dell’1% di bianco.
Le cifre scorrono così inevitabili da una tela all’altra, da un giorno all’altro, da una frazione esistenziale all’altra. Davanti ai Details non abbiamo solo segni, ma i solchi simbolici dell’esistenza dell’artista. 5 607 249 l’ultimo numero che Opałka lasciò prima di morire (2011), sfumato sussurro in un ambiente ormai pieno di bianco, pieno di luce, pieno di vuoto. Spaventosa le dedizione che l’artista dedicò all’opera, ogni giorno, con costanza, come un voto, una promessa; spaventoso il senso di impresa destinata a non compiersi già in partenza, quando la scalata all’infinito si sapeva insormontabile. Chissà che da qualche parte Opałka stia ancora contando…
“Poiché implica l’esaurimento del mio corpo nella significazione della pittura… io impegno il mio corpo, per la durata della mia esistenza, nel proseguimento di questa avventura estrema”
Roman Opałka