Climax, arriva in sala l’ultimo film di Gaspar Noé, un horror allucinante su vita, morte e paranoia
Climax, l’ultimo film di Gaspar Noé (Love, Enter the void), arriva in sala dal 13 giugno. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs della 71° edizione del Festival di Cannes, il film sarà distribuito da Mial Vision ed Europictures.
L’ultima fatica del regista francese prende spunto da un fatto di cronaca del 1996 per portare sullo schermo alcuni dei suoi sogni e dei suoi incubi. Il 1996 era proprio ieri. Solo che non c’erano internet e i cellulari. In Francia i Daft Punk avevano già pubblicato il loro primo album e L’Odio di Mathieu Kassovitz, che sembrava destinato a cambiare il volto del cinema contemporaneo prima di perdersi nei meandri di Hollywood, era già uscito al cinema.Una compagnia di ballerini si riunisce in un edificio isolato per prepararsi a un’esibizione. Dopo l’ultima prova scoppia il caos. Li troverà la mattina dopo la polizia.
Noé mette in scena un incubo danzante e claustrofobico dove il dramma e l’anarchia improvvisamente esplodono, trascinando passo dopo passo lo spettatore in un’angosciante visione lisergica e fuori controllo.
Il regista non scrive o prepara nulla in anticipo – dice – e cerca il più possibile di far accadere le situazioni direttamente sul set, come in un documentario. Ma il suo caos ha una potenza narrativa che poco lascia al caso.
È l’autore stesso a indicarci, in apertura, i riferimenti filmici e letterari di cui la pellicola è imbevuta. Una telecamera fissa riprende un televisore che sta trasmettendo i provini dei ballerini (espediente simile a quello usato da Gregg Araki in Totally Fucked Up, 1993), accanto al televisore libri e film sono indizi lampanti (espediente usato poi anche da Jordan Peele per US, che però da noi è già uscito in sala prima): basta segnalare Suspiria di Dario Argento (che rivive nella fotografia al neon di Benoît Debie e nelle atmosfere coreutiche da incubo) e Possession di Zulawski (paranoia e possessione culminanti nella sequenza con Isabelle Adjani fuori dalla grazia di Dio nel sottopassaggio della metropolitana – da annali di Storia del cinema). Tra coreografia e improvvisazione, con diversi stili di danza come il vogueing, il waacking o il krump, i partecipanti mettono in mostra le loro abilità fisiche con spontaneità fino ad arrivare a simulare stati di possessione simili a quelli delle trance rituali. 15 giorni di riprese, un unico set e lunghissimi piani sequenza.
Con Climax il cinema di finzione fonde arte performativa e horror, rinchiudendo i suoi protagonisti (e con loro lo spettatore) in uno spazio che li isola dalla realtà (è giorno?, è notte?, quanto tempo è passato?) e li aliena per spingerli verso una dimensione altra, in una sorta di rituale sciamanico di possessione (e liberazione?).
Quello di Gaspar Noé è un cinema incredibilmente vitale (che smonta e rimonta la struttura del cinema stesso), che sa piegare il virtuosismo (e il citazionismo) al proprio – sadico – piacere di colpire lo spettatore dritto allo stomaco. Più che un film, Climax è una vera e propria esperienza sensoriale (estrema, ovviamente).