“See in Venice, buy in Basel”. Sacrosanto detto (e più, dato di fatto) materializzatosi definitivamente quest’anno ad Art Basel, con un tocco di see in Whitney Biennial a condire la logica complicità e compenetrazione reciproca tra piani. Con vista e preparativi già in moto su quella che si annuncia la prossima speciale edizione dei 50 anni, torna sulla Messeplatz di Basilea la regina delle fiere: Art Basel edizione 49. Centomila visitatori transiteranno in fiera da oggi (apertura al pubblico) a domenica 16 giugno da tutto il mondo in pellegrinaggio per i 300 stand della fiera, dopo i bagordi milionari di compravendite della due giorni di preview dedicati a stampa, vip, collezionisti e attori vari (e multiformi) del sistema. Prezzi di stand che per i top booth si aggirano tra gli 80 e 120 mila franchi, per una fiera (tra le poche) che riesce a tenere l’asticella della qualità elevatissima. Come scritto in apertura, tanto di quello visto in Laguna si è riversato un mese dopo tra gli stand di Basilea. Con il meccanismo ben oliato di concludere in Svizzera opere prelazionate, negoziate, praticamente già vendute, durante i primi di maggio in biennale veneziana (o a metà maggio in quella di New York).
Pezzi assoluti: il Rothko (non in vendita, venduto da Christie’s l’anno scorso per 30,6 milioni di dollari) scortato dai due leggeri Calder (sui 5/6 milioni di dollari) di Helly Nahmad, e il Sacro Cuore inossidabilmente infiocchettato di Jeff Koons da Gagosian, con tronfio Larry riflesso color magenta per tutta la giornata d’apertura davanti al suo gioiello da 20 milioni di dollari. Gagosian che ha appena annunciato che trasformerà il temporary dietro il Reno sulla salita verso la Cattedrale (Munster) in spazio definitivo (fino a domenica in mostra Continuing Abstraction). 17esimo sigillo per la multinazionale americana in giro per il mondo, un impero. Tornando in fiera, ridottissimo il pullulare frenetico astratto di Joan Mitchell rispetto all’anno scorso, il miglior pezzo della statunitense quest’anno venduto subito all’apertura da Zwirner per 6 milioni di dollari. Stessa sorte -sempre da Zwirner, tra i migliori stand in fiera- per il bellissimo Laundry Man di Kerry James Marshall del 2019 acquistato per 3 milioni e mezzo, così come per la bravissima Njideka Akunyili Crosby (quest’anno sia Mostra Internazionale che personale da Victoria Miro a Venezia) che non sembra sbagliarne mezza, grazie anche all’accortissima “politica” di produzione/mercato della galleria inglese.
“Venice Effect” che si è fatto sentire ovunque e su entrambi le ali e i piani (da Jafa a Condo, da Tavares Strachan a Shilpa Gupta, da Eva Rothschild a Cathy Wilkes con una poetica parentesi al The Modern Institute), anche per la presenza degli artisti delle collaterali in giro per campi e campielli riversatesi all’interno del Messe di Herzog & de Meuron. Vedi Kounellis (presente con una bellissima installazione anche ad Unlimited), Baselitz, Forg, Tuymans. Pittura tantissima, figurativo molto, continua e si consolida il trend che oltre le tendenze e la moda cerca di ritrovare nel corpo e la concretezza risposte all’instabilità confusa e cangiante dei tempi che corrono. Diversi gli Stingel, strascico della importante retrospettiva alla Beyeler in questi giorni. Vibrano i molti Calder sospesi tra gli stand che prenannunciano la mega mostra in arrivo nella nuova sede di Pace a New York. Brilla il Sofa di Gnoli da Luxembourg e Dayan (venduto a Milano da Sotheby’s nel 2016 per 2,5 milioni), mentre pulsa l’Attesa lunga 2 metri rosso intensa da Hauser&Wirth da svariati milioni. Fontana gigante in tutti i sensi sul soffitto di Unlimited portato al cielo da un violetto mistico che doveva essere blu, ma bello così. Unlimited, che pur rivelandosi sempre la sezione più interessante e scenografica sul pianeta fiere, pecca di quella estenuante esaltazione ludica modello Luna Park che pervade oggi più che mai il sistema dell’arte. Un circo, sintesi perfetta di quello che definitivamente è diventato il mondo del contemporaneo.
Il meglio di ART BASEL 2019
Il Rothko (non in vendita) da Nahmad scortato dai Calder
David Zwirner in toto, da Tuymans a Kerry James Marshall, dalla Crosby a Judd, da Polke a Baselitz
Lo stand pulitissimo ed elegantissimo di Paula Cooper, tra i pochi “curati” di tutta la fiera
Jeff Koons da Gagosian
Il Sofa di Gnoli (1968) da Luxembourg e Dayan (e menzione per lo stand intero, da Forg e Schifano)
Zao Wou Ki di Waddington Custot
Due metri di Attesa di Fontana da Hauser & Wirth (accompagnato da Lorna Simpson, Gursky, Bradford, Stingel…)
Le mappe assoluto solo show di Boetti da Tornabuoni
Le temperature di Cathy Wilkes al The Modern Institute
George Condo, Kara Walker e Rosemarie Trockel da Spruth Magers
Paula Rego da Marlbourogh
Artur Jafa e Sturtevant da Gavin Brown
Richard Misrach a Fraenkel Gallery
Tavares Strachan da Regen Projects
Denso ed elegante. Tra Shilpa Gupta e Pascale Marthine Tayou, lo stand di Continua
Armonia dello stand di Mnuchin con Frank Stella e Mark Bradford sugli scudi
Il Novecento Italiano dalla Galleria dello Scudo
Kazuo Shiraga del 1985 da Fergus McCaffrey
I Medardo che si guardano da Peter Freeman
La mega installazione di Judd da museo, da Anthony Meier
La Dama di Boetti, il Cretto di Burri, Il Sogno di Melotti (Tega)
Il BBB Bold Brilliant Big di Applicat Prazan
Lynette Boakye da Jack Shainman
Jim Dine da Richard Gray
Salle e Oehlen. La pittura di Skarstedt
DUE CHICCHE DA UNLIMITED ART BASEL 2019 (qui articolo completo)