Strani casi della filatelia. A volte a rendere raro un francobollo è un escamotage tecnico contabile. Nel caso dei francobolli della prima emissione di Lombardo Veneto, la “Croce di Sant’Andrea”. Ovvero le quattro grandi X stampate nell’ultima riga del quarto di foglio da 60 esemplari (8×8) con lo scopo di semplificare la contabilità ed evitare che porzioni di preziosa carta da stampa potessero in qualche modo essere utilizzate da malintenzionati per stampare il proprio carte valori postali (ogni foglio di 240 esemplari comprendeva sedici X, che nel corso degli anni i collezionisti hanno ribattezzato Croci di Sant’Andrea, dal nome dell’Apostolo martirizzato probabilmente nel 60 dopo Cristo a Patrasso utilizzando, per sua espressa decisione, due assi a incrociate in quanto non si riteneva degno di eguagliare la forma usata per sacrificare il Maestro).
Nelle intenzioni dei contabili lombardo veneti, al momento della vendita finale dei francobolli le quattro quelle X presenti in ogni quarto di foglio dovevano essere sforbiciate (all’epoca i francobolli non presentavano la perforazione e per separarli occorrevano delle affilate forbici) e buttate nel cestino. Non tutti, evidentemente si attennero a questa disposizione, visto che comunque si trattava di carta da macero. Una opinione non sempre condivisa dai collezionisti, alla continua ricerca di qualcosa di diverso.
Di qui la valorizzazione dei francobolli lombardo venti uniti ad una o più Croci di Sant’Andrea. Un numero non indifferenti dei quali raccolti con grande gusto da parte di Haub Erivan, l’industriale, e proprietario in parte del gruppo Tengelmann, morto nello scorso 2018, ora messi in vendita da Corinphila, la casa d’aste elvetica che partecipa al The Global philatelic network che comprende altre casa d’asta incaricate di disperdere la straordinaria e al tempo stesso spettacolare collezione. Nella recente vendita, che comprendeva circa cento lotti d’Austria e Lombardo Veneto e che aveva come gemme di prima grandezza qualcosa come dodici Croci di Sant’Andrea, per la più parte un tempo in collezione dell’italiano Renato Mondolfo che nel 1981 le espose all’Esposizione internazionale viennese “Wipa 1981”, alcuni di questi reperti sono stati contesissimi.
Top price della vendita la busta spedita da Milano il 13 novembre 1857 e diretta a Vicenza dopo che il mittente vi aveva apposto un pezzo da 15 centesimi, due da 10c ed uno, d’identico valore nominale, con unite due croci di Sant’Andrea (e una porzione di una terza). “la più grande combinazione” di Croci di Sant’Andrea riconducibili al taglio da 10 centesimi. Stima: 100.000 franchi svizzeri, realizzo: 150.000 franchi.
Stranamente non hanno scaldato più di tanto la sala due buste, entrambe partire da Verona, rispettivamente nel 1850 e nel 1852 col 15 centesimi che presenta ancora attaccate tutte e quattro le Croci stampate nel quarto di foglio. La prima, stimata 60.000 franchi non è riuscita a far alzare una paletta che è una, ritornando di conseguenza alla proprietà, mentre la seconda è stata battuta alla base di 50.000 franchi. E’ andata decisamente meglio ad un 15 centesimi, stampato su carta a macchina, ancora conservato su frammento con timbro di Conegliano e allegata Croce, passato da 7.500 (stima) a 9.500 (realizzo) franchi. Scintille sono venute da uno spettacolare esemplare del 45 centesimi, pure esso impresso su carta prodotta a macchina, con timbro di Udine e Croce di Sant’Andrea che, dopo una serie di rilanci, ha guadagnato 35.000 franchi, salendo dalla stima di 50.000 all’assegnazione di 85.000 franchi.
Praticamente tutti collocati i lotti di Lombardo Veneto con stime più contenute, in genere a prezzi superiori della stima, in linea con i cataloghi- preziari austriaci, ma con distanze anche notevoli rispetto ad alcuni italiani. Anche reperti tutto sommato modesti, ma non per questo storicamente interessanti e con una loro precisa valenza testimoniale, sono stati infatti ben collocati. Per dire, una bustina resa franca con tre esemplari da 5 centesimi bollati in data 22 settembre 1854 da San Daniele proposta a 750 franchi e passata sotto il martello del banditore per 2.000 franchi. A sua volta una lettera da Motta per Rovigo, affrancata con tre esemplari da 10 centesimi, partita dalla stessa base di franchi ne ha totalizzati 1.200. Contesa una lettera da Belluno per Varese, anche in questo caso affrancata con tre esemplari da 10centesimi, è riuscita a quintuplicare la valutazione, totalizzando la rispettabile somma di 5.000 franchi elvetici.
La considerazione che si può trarre da questo incanto è che quando vengono proposti reperti di qualità i compratori di fanno avanti.