Wes Anderson, insieme alla compagna Juman Malouf, ha curato la mostra Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori. Dopo l’inaugurazione viennese, il 20 settembre arriva alla Fondazione Prada di Milano. Partendo dalle informazioni che ci arrivano dal Kunsthistorisches Museum abbiamo provato a dare forma alle nostre aspettative.
Inquadrature frontali, simmetrie millimetriche, colori pastello. Ricetta semplice a dirsi, più difficile ad applicarsi, ma che è certamente partecipe della visione suggestiva e intrigante con cui tutti gli appassionati di Wes Anderson immaginano la mostra che il regista curerà con la compagna Juman Malouf. Anche se permangono dubbi sulla possibilità di trasferire lo stile iconico di Anderson dal set cinematografico alle sale di un museo – il Kunsthistorisches Museum a Vienna prima, Fondazione Prada a Milano tra poco – l’attesa è ulteriormente accresciuta da quando è stata ufficialmente resa nota la data di apertura de Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori in Italia: dal 20 settembre 2019 al 13 gennaio 2020. Ciò che sappiamo della mostra viennese, nonostante siano stati annunciati cambiamenti – anche nel numero di opere esposte – può aiutarci ad ipotizzare come la coppia creativa – lui regista, lei scrittrice e designer – interverranno in uno degli spazi espositivi più in voga di Milano. Un canale già aperto quello tra Wes Anderson e Fondazione Prada, dal momento che il suo Bar Luce è stato ideato proprio dal regista statunitense.
Indubbiamente è facile immaginare come la qualità estetica dell’allestimento possa giocare un ruolo centrale nella riuscita di questa esposizione. Sia perché i film di Anderson ci hanno abituato ad una qualità visiva spesso più eloquente di ogni altro aspetto, sia perché le opere selezionate dalla coppia, visionando più di 4 milioni di oggetti custoditi nei magazzini del Kunsthistorisches Museum, sembrano non condividere un tappeto contenutistico comune. Né la provenienza, né la rarità, né la qualità storica e stilistica sono stati elementi discriminanti per la coppia. Piuttosto i neo-curatori hanno raggruppato circa 450 oggetti per colore, materiale e dimensioni, seguendo l’ideale linea inspirativa data dagli elementi cinematografici di Anderson. Una selezione che sfugge dalle tipiche dinamiche espositive legate alla storia dell’arte, oppure derivate dalla ricerca attorno ad un concetto. La mostra sembra configurarsi allora come una stanza delle meraviglie, una moderna Kunstkammer ricca di bizzarrie e curiosità, affiancate in modo che improvvise analogie si accendano e creino sentieri visivi tra gli oggetti. L’accostamento imprevisto e azzardato di alcuni reperti – come alcuni crocifissi e manufatti militari – rendono le vetrine espositive dei raccoglitori concettuali, dove la capacità deduttiva e creativa del visitatore è stimolata a comporre percorsi personali e inediti.
Mantenere attivo il visitatore movimentando la scena e veicolare emozioni e atmosfera attraverso le immagini sono aspetti cruciali, e molto spesso ben riusciti, dei film di Wes Anderson. Il rischio, venendo meno la possibilità di scegliere liberamente che cosa mostrare – le collezioni del Kunsthistorisches sono molto ampie, ma non illimitate – e come esporlo – diversi oggetti necessitano di temperature, e quindi sale, differenti per non essere danneggiati – è che la mancata componente tematica possa inficiare fortemente l’aspetto complessivo della mostra. Se dietro la macchina da presa Anderson dispone di un totale poter sugli occhi dell’osservare, interamente ammaliati e guidati dal taglio specifico e personale in grado di far dialogare oggetti e scenari, nei confini statici di un’esposizione il regista può veicolare solo limitatamente la percezione, e di conseguenza i sentimenti suscitati, del visitatore. Se Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori ha il titolo evocativo di un’avventura, i suoi contorni rimangono ancora sfumati.
Perciò la febbrile attesa per una mostra che di certo sarà interessante si affianca alla curiosità maliziosa di valutare se le elevatissime aspettative – giustamente sollevate dalla bravura e dalla celebrità della coppia – saranno certificate dall’abilità di Wes Anderson e Juman Malouf di reinventarsi in un mestiere stimolante ma particolare come quello del curatore.