Il prossimo anno ricorrerà il centenario della morte di Modigliani: ma non si ha notizia di iniziative ufficiali prese per celebrare l’evento nella maniera che meriterebbe. Nulla dal Mibac, nulla dai grandi musei italiani
“Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non ha mai aderito, come si evince da alcuni comunicati stampa, né ha mai concesso il patrocinio, all’esposizione ‘Modigliani Experience, Les Femmes’, organizzata dall’associazione ‘Gli amici di Modigliani’ a Palazzo Bonocore a Palermo“. Questa, datata 31 marzo 2019, è l’unica nota recente nella quale il MIBAC si occupi in qualche modo di Amedeo Modigliani: e lo fa, peraltro, in negativo, prendendo le distanze da un progetto espositivo del quale parliamo più avanti.
Ma perché la cosa diventa notevole? Perché attorno al genio livornese si sta consumando l’ennesimo “omicidio” commesso dal sistema italiano dell’arte. Il prossimo anno, per la precisione il 24 gennaio 2020, ricorrerà infatti il centenario della morte di Modigliani: e a tutt’oggi non si ha notizia di nessuna iniziativa ufficiale presa per celebrare l’evento nella maniera che meriterebbe. Nulla dal Ministero per i Beni Culturali, come vedevamo, nulla dai grandi musei italiani focalizzati su arte moderna e contemporanea – Galleria Nazionale, Mart, Castello di Rivoli, Museo del Novecento, per citarne qualcuno -, nulla dai centri d’arte normalmente sedi di grandi mostre, da Palazzo Reale a Milano alle Scuderie del Quirinale a Roma. Nulla.
Mancano ancora almeno sei mesi, qualcuno potrebbe obbiettare? Ma chiunque abbia anche poca dimestichezza con queste cose, sa bene che una mostra importante di un artista di questo calibro richiede una preparazione misurabile con gli anni – 2, 3 anni almeno -, non con i mesi: per cui se anche dovesse uscir fuori un progetto nei prossimi mesi, si potrà esser certi che non sarà qualcosa di scientificamente apprezzabile, e di dimensioni importanti. Magari, arriverà qualche museo straniero a soffiarci l’artista, visto che loro, anche in pochi mesi, possono probabilmente architettare qualcosa di buono. Noi no.
Il problema, e non vogliamo essere qualunquisti, in realtà sta a monte: risale al Ministero, che davanti a una celebrazione così prestigiosa, avrebbe dovuto costituire un comitato scientifico che con tempi giusti approntasse un programma prestigioso e strutturato. Ma queste cose, per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, dalle nostre parti funzionano solo se il protagonista è scomparso da almeno 500 anni: si vedano i casi di Leonardo quest’anno, di Raffaello il prossimo, di Dante fra 2 anni: per i quali fu approvata addirittura una legge speciale.
I “contemporanei” non ci interessano: un artista come Modigliani, che ha lasciato segni indelebili nelle dinamiche creative globali del Novecento, apprezzatissimo forse più all’estero che in Italia, protagonista assoluto anche del mercato, con ripetuti record stratosferici nelle aste, da noi non merita omaggi. E poi qualcuno continua a stupirsi di come il sistema italiano non riesca a promuovere i propri giovani artisti sulla scena internazionale? Quando non riusciamo – ma neanche ci proviamo – ad “incassare” la gloria di un grande italiano già promosso dalla storia?
Ma un’occasione mancata fa presto a trasformarsi in un grave danno: già, perché il deserto di iniziative volte alla valorizzazione di Modigliani lascia che a dominare le cronache e l’immaginario collettivo legato all’artista siano gli ultimi eventi che l’hanno visto protagonista. Che nella fattispecie non sono propriamente edificanti: basti pensare al bailamme scatenato dalla mostra del 2017 a Genova, con il sequestro di 21 opere per i forti sospetti sulla loro autenticità, ed il lungo strascico di inchieste, perizie, citazioni in giudizio, relativizzazione di un po’ tutto il mondo che ruota attorno all’eredità dell’artista. Temperie non troppo dissimili quelle che aleggiano attorno all’Istituto Amedeo Modigliani, promotore della mostra succitata dalla quale il Mibac prendeva le distanze: non entriamo nello specifico di vicende torbide e di difficile lettura, limitandoci a ricordare che – come anche noi scrivemmo – anche nelle more della mostra palermitana si giunse al sequestro da parte dei Carabinieri di due opere esposte, ritenute di dubbia autenticità. E ad oggi, cercando informazioni sui motori di ricerca, lo stesso Istituto Amedeo Modigliani risulta l’unico soggetto in qualche modo coinvolto o associato alla celebrazione del centenario della scomparsa del grande artista…
Massimo Mattioli
La più bella mostra di arte moderna italiana degli ultimi dieci anni e magari anche venti (e non temo dirlo) è stata proprio quella su Modigliani, preparata in oltre 6 anni di lavoro!, al MART nel 2010 con progetto e curatela di Flavio Fergonzi con Gabriella Belli. Un punto fermo da cui non si torna indietro (internazionalmente parlando) circa la conoscenza del grande livornese. Bei tempi… Per fare una mostra così, peraltro al tempo non poco ostacolata dai maggiorenti locali per via dell’elevato budget, ci vuole come giustamente rilevato un grande comitato scientifico (di cui Fergonzi non può non far parte) e una grande tenacia. Elementi che nell’Italietta dei proclami e delle menti assuefatte al nulla mancano del tutto. Scompariremo culturalmente, e non per via delle presunte invasioni di stranieri, quanto piuttosto per l’ignavia che ci contraddistingue, per la pochezza dei burocrati e per l’indifferenza a tutto questo.
La più bella mostra di arte moderna italiana degli ultimi dieci anni e magari anche venti (e non temo dirlo) è stata proprio quella su Modigliani, preparata in oltre 6 anni di lavoro!, al MART nel 2010 con progetto e curatela di Flavio Fergonzi con Gabriella Belli. Un punto fermo da cui non si torna indietro (internazionalmente parlando) circa la conoscenza del grande livornese. Bei tempi… Per fare una mostra così, peraltro al tempo non poco ostacolata dai maggiorenti locali per via dell’elevato budget, ci vuole come giustamente rilevato un grande comitato scientifico (di cui Fergonzi non può non far parte) e una grande tenacia. Elementi che nell’Italietta dei proclami e delle menti assuefatte al nulla mancano del tutto. Scompariremo culturalmente, e non per via delle presunte invasioni di stranieri, quanto piuttosto per l’ignavia che ci contraddistingue, per la pochezza dei burocrati e per l’indifferenza a tutto questo.