Un suggestivo percorso ad anello diviene un viaggio nella storia alla scoperta di una grande civiltà antica: la mostra Gli Assiri all’ombra del Vesuvio, allestita nelle sale del MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, curata dal Direttore Paolo Giulierini e Simonetta Graziani, fino al 16 settembre 2019.
Si pone l’attenzione sulla regione dell’Assiria, che rappresentava la fascia territoriale dell’alto Tigri, in corrispondenza della parte settentrionale dell’attuale Iraq, in Asia. Su questo lembo di terra, dall’Ottocento in poi, si concentrarono le ricerche di intellettuali ed antiquari, che gettarono le basi per la costituzione di una moderna koinè di studiosi internazionali.
Ad accogliere i visitatori nella prima sala, è la ricostruzione grafica del palazzo di Nimrud, in cui erano collocati i rilievi originari, di cui il MANN presenta i calchi con scene di corte di Assurnasirpal II, con attendenti e genio alato, compie l’aspersione rituale (875-870 a.C.). Un edificio imponente, realizzato dopo il trasferimento della capitale imperiale da Assur, luogo di origine della dinastia assira e patria del dio eponimo, a Kalkhu, l’odierna Nimrud. Il complesso era formato da vani a forma rettangolare, sviluppati su due file intorno ad una corte centrale, il bitànu, (il settore della casa), e da una grande corte pubblica, il babànu, (il settore della porta), dalla quale si accedeva alla sala del trono. Gli ambienti erano decorati con lastre scolpite in calcare alabastrino che rivestivano le pareti nelle sale di rappresentanza: il tema predominante dei rilievi del palazzo è di natura rituale e mitico-simbolica, mentre le lastre narrative a tema bellico e venatorio decoravano la sala del trono. A chiudere l’esposizione della prima sala è la replica in resina della ziqqurat di Khorsabad, VIII secolo a.C., il tempio mesopotamico costruito su sette terrazze quadrangolari sovrapposte, che dall’alto verso il basso, aumentano progressivamente di dimensione. Il luogo di culto vero e proprio si trovava sull’ultimo piano. La struttura è caratterizzata da nicchie e contrafforti e ogni terrazza termina con merlature.
La seconda sala, invece, si divide in diverse sezioni: si passa dalla città di Ninive, dove si affrontano i temi dell’imperialismo e della guerra contro gli Arabi e contro l’Elam, fino ad “entrare”, simbolicamente, nelle sale del palazzo di Khorsabad, dove è esposta la testa di Sargon. Una carta dell’impero neo-assiro, IX e VII secolo a.C., mostra l’inarrestabile espansione che raggiunse il culmine con Assurnasirpal II (883-859 a.C.), con la costruzione della nuova capitale Kalkhu/Nimrud, con l’avvio delle prime campagne espansionistiche e l’apertura della via di accesso al Mare Mediterraneo. Con Salmanassar III, (858-824 a.C.), continuò questa politica, ma alla morte del sovrano gli assiri vissero un periodo di contrazione territoriale. Con Tiglath-Pileser III (744-727 a.C.), si riprese la fase di espansione, culminando con l’avvento dell’usurpatore Sargon II (721-612 a.C.).
L’ incontro con gli arabi avvenne con i nomadi dell’Arabia settentrionale, nel tentativo di assumere il controllo delle rotte commerciali. Sennacherib (704-681 a.C.), attraversò il deserto espugnando la città-oasi Adummatu, l’attuale Dumat al-Jandal. Sull’altro fronte, invece, gli assiri si opposero alla civiltà dell’Elam, (Iran sud-occidentale), con a capo Teumman che venne catturato e decapitato.
Lungo le pareti della mostra, una particolare attenzione è rivolta allo stile di vita della corte del re, ai parchi, alla caccia e ai sigilli reali. Una esistenza che si svolgeva nel benessere dei palazzi e dei giardini, allietata da banchetti e prelibate leccornie servite in vasellame di lusso, non mancavano intrattenimenti musicali, visibili nel rilievo raffigurante Assurbanipal e la regina Libbali-Sharrat a banchetto nel giardino reale (645-635 a.C.). Interessante è la cura riservata al decoro personale. All’interno di teche di vetro, accessori in oro e collane in lapislazzuli o in corniola, XXVII-XXV secolo a.C., arricchivano l’abbigliamento del sovrano e della corte, con gioielli e l’uso di unguenti profumati, provenienti dalle periferie dell’impero e custoditi in preziose fiale di alabastro, datate VIII secolo a.C.
La caccia è documentata in Mesopotamia fin dal IV millennio a.C. Si tratta di un atto che rappresenta la lotta del sovrano contro le forze del caos. L’attività venatoria, lungi dall’essere un semplice passatempo, è un privilegio reale e un dovere religioso imposto dalle divinità. I racconti di caccia sono sempre preceduti da una invocazione religiosa. Questo rituale veniva svolto all’interno dei parchi reali, con il sovrano in piedi sul carro e armato di arco e frecce, o di lancia. Un calco in rilievo (645-635 a.C.), presente in mostra, copriva una parete del Palazzo Nord di Assurbanipal.
Un aspetto fondamentale dei popoli del Vicino Oriente dal VII millennio al I millennio d.C., erano i sigilli reali, impiegati come marchi di proprietà e garanzia. Il loro repertorio iconografico illustra tematiche attinenti a ogni aspetto della vita materiale e spirituale: economia, potere, guerra, religione e mitologia.
Ed è sempre l’architettura la protagonista di questa esposizione, con la storia della Dur Sharrukin, (Fortezza di Sargon), l’attuale Khorsabad, in Iraq, nuova capitale dell’impero fondata da Sargon II. Formata da una cinta muraria scandita da 157 torrioni che ne proteggevano il perimetro e da 7 porte che consentivano l’accesso alla città, al suo interno, furono edificati un palazzo reale, i templi e una ziqqurat. La residenza reale era formata da 200 stanze, e si accedeva mediante una maestosa porta ai cui stipiti erano scolpiti due lamassu, tori androcefali alati. Un impianto suddiviso in tre zone: area templare, quartiere amministrativo e area palatina, con le pareti decorate con sculture e rilievi, tra cui un bellissimo frammento esposto, Testa di Sargon II (717-707 a.C.).
A chiudere la parte centrale della mostra, un pannello illustrativo pone spunti di riflessione da parte degli studiosi sulla identificazione del nome Assurbanipal in Sardanapalo, in base all’assonanza del nome. Questa ipotesi è in netto contrasto con coloro che asseriscono dell’esistenza di due entità differenti, sia dal punto di vista caratteriale, sia per una diversa ricostruzione storica. Sebbene gli assiriologi rifiutano la presenza di un altro personaggio, ciò ha influenzato la cultura dell’epoca moderna: un esempio è il dipinto La Mort de Sardanapale del 1827, di Eugene Delacroix e il busto scultoreo, Erma maschile raffigurante Dioniso Sardanapalo, del 100-149 d.C.
Nella terza ed ultima sala, l’attenzione è rivolta alle ricerche e alle testimonianze nel corso dei secoli della civiltà assira. Una traccia era presente nei testi dell’Antico Testamento e nel corso dei secoli, la volontà di riscoprire i luoghi sacri della cristianità, portarono alla scoperta di Pietro Della Valle dell’antico sito di Babilonia (1616), a cui seguirono numerose spedizioni di scavo.
Un approfondimento ad hoc è riservato, naturalmente, alla storia dei calchi ed alla loro inclusione nelle collezioni del MANN. Furono realizzati da Domenico Brucciani per riprodurre i rilievi neoassiri, rinvenuti nei palazzi di Assurnasirpal II (883-859 a.C.), a Nimrud e di Assurbanipal (668-630 a.C.), a Ninive, conservati oggi nell’Assyrian Basement del British Museum di Londra. Le riproduzioni delle grandi lastre in calcare giunsero al Museo Archeologico Nazionale grazie al dono di Alessandro Castellani: questo ambiguo e discusso esperto d’arte, in esilio a Napoli, ebbe il merito di comprare i calchi e di affidarli all’istituto all’epoca diretto da Giuseppe Fiorelli. All’Archeologico fu legato, soprattutto, Henry Austin Layard, autore delle fortunate campagne di scavo che portarono in Inghilterra, nel cuore dell’Ottocento, alcuni capolavori dei palazzi neoassiri, che condivideva con Giuseppe Fiorelli, gli ideali risorgimentali. Layard donò al MANN di Napoli un frammento di rilievo assiro ed alcuni pregevoli libri, riproposti nel percorso espositivo. Accanto ad un ritratto di Lady Layard affacciata sul Canal Grande a Venezia, a documenti e litografie che ripropongono le campagne di scavo, un video touch screen permette al pubblico di sfogliare, leggere ed ingrandire le pagine dei testi appartenuti all’archeologo inglese.
Peculiarità della mostra sugli Assiri è la presenza di un’innovativa dotazione tecnologica: è stato creato, infatti, un ambiente immersivo, destinato successivamente a diventare uno spazio multimediale permanente del Museo Archeologico. In questa stanza sono proiettati in successione tre diversi filmati, realizzati da Capware, per approfondire i contenuti scientifici della antica civiltà. Occhiali multimediali dotati di lenti trasparenti consentono di fruire degli effetti suggestivi della Realtà Aumentata. Sono visibili ricostruzioni in 3D degli antichi palazzi e animazioni che ripropongono dettagli dei bassorilievi in mostra. Questo tipo di allestimento è concepito come un percorso multisensoriale: in sottofondo il pubblico ascolta le musiche composte da Antonio Fresa; la percezione tattile è garantita dalla stampa di oggetti in 3D; l’olfatto è stimolato dai diffusori di fragranze che, nella terza sala ricreano i profumi di un giardino assiro; il gusto, infine, è legato ai prodotti alla liquirizia, pianta che il popolo assiro utilizzava per le cure mediche.