Nanda Vigo è a Palazzo Reale di Milano con una mostra pensata per esaltarne l’eclettica creatività.
Nanda Vigo è un “Cluster”: dentro la sua mente, nella sua produzione e nella sua visione è racchiuso un mondo o forse una galassia sconfinata dove i limiti non sono assenti ma comunicano e vengono sfruttati per alimentare una ricerca che dall’inizio degli anni Sessanta è continuata senza sosta fino ad oggi tra arte, architettura e design. È la visione della Casa del Fascio di Terragni, insieme con l’arte di Mario Radice, a suggestionare inizialmente Nanda Vigo, così la sua formazione si biforca, da un lato il Politecnico dall’altra l’Accademia di Belle Arti. “Né la sola arte né la sola architettura mi sono mai bastate, ed è per questo che ho sempre sviluppato queste due passioni congiuntamente” e le frequentazioni milanesi, seguite al periodo di formazione, con Gio Ponti e Lucio Fontana alimentano ancor di più questa sua attitudine osmotica.
Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta lei per prima percepisce la tela bianca come limite da cui fuoriuscire. La sua via di fuga è il Cronotipo, formalizzazione di una messa in scena di mutazioni di luce e spazio che rimodella le percezioni attraverso l’utilizzo di materiali come il vetro smerigliato o stampato. È da queste opere che prende il via la mostra a Palazzo Reale Light Project interamente dedicata alla produzione artistica di Nanda Vigo, visitabile fino al 29 settembre. Seguono e accompagnano i Cronotopi uno sviluppo sempre più sperimentale: nel 1964 in occasione della sua partecipazione alla Triennale realizza con Fontana l’ambiente spaziale Utopie; nel 1968 espone sempre con Fontana alla Galleria La Polena di Genova dove realizza uno dei due labirinti presentati in mostra, uno dedicato al concetto di oscurità l’altro a quello della luce. Questa ricerca colloca Nanda Vigo all’interno di un gruppo di artisti che tra Europa e Stati Uniti utilizza la tecnologia come strumento di emancipazione dalla necessità della rappresentazione.
Dopo lo sviluppo estremo del Cronotipo negli anni Settanta l’artista produce i primi Light Project, dove la smaterializzazione dell’oggetto è portata al suo limite ultimo, e nello stesso periodo viene formalizzata la serie dei Trigger of Space. Il processo di approfondimento giunge nel 1980 all’Alfabeto osmogonico realizzato con luci a neon e prosegue negli anni Novanta con i Lights Progressions. In queste opere Nanda Vigo produce un effetto d’illusione attraverso effetti luminosi digradando il colore. L’esposizione, oltre a tutte le opere precedenti, raccoglie anche le ultime produzioni dell’artista come Exoteric Gates o Global Chronotopic Experience, opere monumentali, silenziose e suggestive che rinnovano e esplorano aspetti delle prime ricerche.
Percorrere questa mostra lascia un’ impressione già percepita e tradotta magnificamente da Ettore Sottsass nel 1965:
“Mi pare di aver potuto controllare, in altre parole, che per Nanda Vigo il problema non è tanto di creare cose ideali che resistono nel tempo o al tempo, quanto cose irreali così trasparenti, inesistenti e smaterializzate che siano fuori del tempo e fuori dello spazio e appartengono a quel tempo immenso, che partono chissà dove e finiscono chissà dove: vanno da questa piccola terra al di là della Galassie o delle Galassie, si appoggiano su un mare di fiori di loto e finiscono”
Light Project
Nanda Vigo
a cura di Marco Meneguzzo
23 luglio – 29 settembre 2019
Palazzo Reale, Milano
Ingresso Libero
www.palazzorealemilano.it/mostre/light-project
c.mostre@comune.milano.it